48Strumenti della rete e processo formativosi sviluppa spontaneamente grazie all’opportunità <strong>di</strong> partecipare all’esecuzione pratica. Sononaturalmente presenti suggestioni vygotskijane in questa visione dell’avvicinarsi, dellospingersi, da parte dell’appren<strong>di</strong>sta, nella propria zona dello sviluppo prossimale, verso laprestazione corretta offerta dagli esperti. In un processo <strong>di</strong> autoformazione, l’in<strong>di</strong>viduoprogre<strong>di</strong>sce nella pratica entrando attraverso i “bor<strong>di</strong>” nella comunità <strong>degli</strong> esperti. In base alprincipio dell’LLP ogni membro della comunità, dal meno esperto e quin<strong>di</strong> più “periferico”,al più competente e quin<strong>di</strong> più “centrale”, ha la stessa rilevanza e gode <strong>di</strong> eguali <strong>di</strong>ritti <strong>di</strong>appartenenza ad essa, ma è comunque necessario che i ruoli e le competenze <strong>di</strong> ogni soggettocoinvolto vengano mostrati in modo da favorire la circolazione delle esperienze. Questo èparticolarmente vero nei contesti lavorativi nei quali è soprattutto necessario apprendere, nonsolo nozioni astratte e decontestualizzate, ma piuttosto pratiche <strong>di</strong> lavoro, ruoli sociali ecomportamenti comunicativi rilevanti e strategici in quello specifico contesto,Il modello delle comunità <strong>di</strong> pratiche, precisato successivamente da Wenger (1998),definisce le caratteristiche <strong>di</strong> questi gruppi aggregativi informali e le modalità tipiche <strong>di</strong>se<strong>di</strong>mentazione, <strong>di</strong>ffusione e sviluppo delle conoscenze derivanti dalle esperienze pregresse.Per comunità <strong>di</strong> pratica si può intendere, in senso ampio, ogni aggregazione sociale –tipicamente informale – nella quale sia presente una forte coesione attorno ad un impegno,interesse, obiettivo o necessità comune. La comunità <strong>di</strong> pratica con<strong>di</strong>vide un vocabolario, unmodo <strong>di</strong> parlare e <strong>di</strong> argomentare comune; ha una visione sufficientemente con<strong>di</strong>visa <strong>di</strong> cosasia un problema e <strong>di</strong> cosa sia accettabile come soluzione; ha strumenti e meto<strong>di</strong> caratteristiciper lo svolgimento delle attività; ha una storia in comune ed è presente una rete sociale tra imembri (Jordan, 1992). Una comunità <strong>di</strong> pratica si articola quin<strong>di</strong> in tre <strong>di</strong>mensionifondamentali: il mutuo impegno (mutual engagement), un’impresa comune (joint aenterpraise) e un repertorio con<strong>di</strong>viso (shared repertori). Il concetto unificante èl’aggregazione informale caratterizzata e contrad<strong>di</strong>stinta da una forte propensione allacon<strong>di</strong>visione <strong>di</strong> conoscenze ed esperienze: possono essere in<strong>di</strong>vidui che svolgono attivitàuguali, simili o complementari e che con<strong>di</strong>vidono esperienze reciprocamente utili, anche senon necessariamente all’interno della stessa organizzazione. Le comunità <strong>di</strong> pratiche sibasano sull’assunto che il processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento sia interamente situato non soltantonello spazio e nel tempo, ma anche inestricabilmente rispetto alla pratica sociale: “nellanostra prospettiva, l’appren<strong>di</strong>mento non è meramente situato nella pratica – come se essofosse un qualche processo <strong>di</strong> reificazione in<strong>di</strong>pendente che capita per caso in qualche luogo;l’appren<strong>di</strong>mento è una parte integrante della pratica generativa sociale del mondo in cui sivive” (Lave, Wenger, 1991, p.35). Nelle comunità <strong>di</strong> pratica i momenti del lavoro non sono<strong>di</strong>sgiunti da quelli dell’appren<strong>di</strong>mento, anzi: i momenti <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento sono perlopiùlegati al pensiero pratico, ovvero “l’intelligenza è al lavoro” (Scribner, 1995) e agisce perrealizzarne gli scopi.L’impegno comune è la base cognitiva ed emotiva della comunità, è l’insieme delle relazioniche tengono unita la comunità e l’atteggiamento che ogni partecipante ha nei confronti dellapratica stessa.Un’impresa comune è ciò che caratterizza la comunità in concreto: è ciò che sostiene gliinteressi del gruppo. Con<strong>di</strong>videre un compito, lavorare insieme ad un progetto, avere glistessi obbiettivi non è un punto <strong>di</strong> partenza ma un punto <strong>di</strong> arrivo, è il risultato <strong>di</strong> un processocollettivo <strong>di</strong> negoziazione che riflette la piena complessità <strong>di</strong> un mutuo impegno. L’impresacomune quin<strong>di</strong> non è identificata tanto da un’omogeneità <strong>di</strong> intenti, ma piuttosto da unanegoziazione con<strong>di</strong>visa, attiva e mutevole <strong>degli</strong> obiettivi, impliciti o meno, e delle pratiche.Il “repertorio con<strong>di</strong>viso” è quell’insieme <strong>di</strong> risorse che la comunità ha prodotto o adottato nelcorso del tempo, è cioè un “patrimonio storico” della comunità, una memoria collettiva, maha la caratteristica <strong>di</strong> rimanere sempre un po’ ambigua, suscettibile alla <strong>di</strong>namicità dellerelazioni e alla negoziazione dei significati. Wenger, per rendere il carattere <strong>di</strong>aletticodell’appartenenza attiva alle comunità, <strong>di</strong>stingue in due momenti complementari: quellodella partecipazione e quello della reificazione (Wenger, 1998, p. 104). Vivere una comunitàin termini <strong>di</strong> partecipazione significa sentirsi coinvolti, aderire alla sua cultura, conoscersi e
Teorie, modelli e artefatti per la costruzione sociale e contestuale della conoscenza 49riconoscersi negli altri membri. La partecipazione in questo senso è fonte <strong>di</strong> identità, in unmovimento che va dagli altri verso il nostro mondo interiore. La reificazione è invece quelprocesso sintetico <strong>di</strong> astrazione attraverso il quale vengono generati nuovi significati. Alcontrario della partecipazione, qui il significato viene alienato e concretizzato al <strong>di</strong> fuoridell’in<strong>di</strong>viduo sotto forma <strong>di</strong> strumenti, enunciati o leggi. La reificazione è però anche ilmomento in cui è possibile riconoscersi come in<strong>di</strong>vidui attivi e creativi, essendo quello in cuil’identità viene proposta agli altri attraverso i suoi prodotti. L’identità è uno dei concetti piùsviluppati nelle riflessioni <strong>di</strong> Wenger. L’identità viene vista, al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> categoriepsicologiche, come processo continuo e in continuo <strong>di</strong>venire: non determinata dalla nascita,né assunta in un momento particolare, ma un “work in progress” all’interno dei processi <strong>di</strong>partecipazione e reificazione. Le caratterizzazioni principali dell’identità sono cinque(ibidem, pp.149-163): identità come esperienza <strong>di</strong> negoziazione, ovvero come risultatodell’interazione tra partecipazione e reificazione. Identità come appartenenza: il far parte <strong>di</strong>una comunità consente <strong>di</strong> definire l’in<strong>di</strong>viduo e dargli la possibilità <strong>di</strong> riconoscere econ<strong>di</strong>videre atteggiamenti, obiettivi e repertori comuni. Identità come traiettoria <strong>di</strong>appren<strong>di</strong>mento: qui la <strong>di</strong>mensione temporale, in una prospettiva non lineare, fornisce lapossibilità <strong>di</strong> incorporare “il passato ed il futuro nello stesso processo <strong>di</strong> negoziazione delpresente” ovvero consente <strong>di</strong> stabilire ciò che è rilevante per l’in<strong>di</strong>viduo e quin<strong>di</strong> gliconsente <strong>di</strong> selezionare e apprendere in maniera personale all’interno della comunità.Identità come un nesso tra <strong>di</strong>verse appartenenze: ognuno partecipa a <strong>di</strong>verse comunità, equin<strong>di</strong> l’identità è sostanzialmente riconciliazione <strong>di</strong> appartenenze multiple. Infine c’è la<strong>di</strong>mensione dell’identità come relazione tra locale e globale, ovvero equilibrio tra la<strong>di</strong>mensione della specificità e quella dell’astrattezza e della generalità.2.5.2 Appren<strong>di</strong>mento come processo partecipativo: limiti e prospettive applicativeI concetti <strong>di</strong> LPP e <strong>di</strong> comunità <strong>di</strong> pratica, e le riflessioni attorno alle modalità cognitive ecostitutive delle soggettività nei contesti operativi, sono uno dei prodotti più elaborati dellericerche nell’ambito della prospettiva contestualista dell’appren<strong>di</strong>mento. Oggi, con ilprogressivo sviluppo delle tecnologie e delle innovazioni, con l’aumentare delleinformazioni, con l’inarrestabile processo <strong>di</strong> globalizzazione, con l’appartenenza a molteplicicomunità produttive o <strong>di</strong> interesse, i processi appren<strong>di</strong>tive intesi come “processi <strong>di</strong>partecipazione” rappresentano una metafora particolarmente felice. Nessuno può più <strong>di</strong>rsi“esperto” nel senso antico del termine: il processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento è infatti, e per tutti,continuo e le modalità con cui questo si realizza è per la gran parte proprio attraverso lapartecipazione attiva alla vita comunitaria. Le comunità <strong>di</strong> pratiche sono allora un modelloprivilegiato per investigare attorno a questi momenti <strong>di</strong> accrescimento del potenzialeconoscitivo <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui. Gli autori sottolineano in modo particolare questo punto, ovveroche dal costrutto della LPP non conseguono <strong>di</strong>rettamente modelli educativi o pratichepedagogiche, essendo piuttosto un punto <strong>di</strong> vista per comprendere l’efficaciadell’appren<strong>di</strong>mento informale quale alternativa - seppure non esclusiva -, all’istruzioneformalizzata (Lave, Wenger, 1991). Quantunque il costrutto della LPP si prefigurisoprattutto come modello interpretativo e <strong>di</strong>agnostico, sono svariati i modelli <strong>di</strong>dattici che daesso derivano; tanto che nell’ambito del CSCL riferirsi alla “partecipazione perifericalegittimata” è ormai un passaggio obbligato sia nella progettazione dei processi relazionali,sia nella costruzione dei gruppi collaborativi.Nonostante questo, non mancano anche delle critiche a questo tipo <strong>di</strong> approcci come quello<strong>di</strong> una scarsa attenzione alle <strong>di</strong>fferenze sostanziali tra comunità idealtipiche e quelle reali.Zucchermaglio (1996, pp.67-69), ad esempio, afferma che Lave e Wenger si sbarazzanosbrigativamente della questione dell’efficacia e, soprattutto, dell’adeguatezza in ognicircostanza specifica: “le comunità <strong>di</strong> pratiche non sono sempre ‘automaticamente’ buoni
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