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Teorie, modelli e artefatti per la costruzione sociale e contestuale della conoscenza 49riconoscersi negli altri membri. La partecipazione in questo senso è fonte <strong>di</strong> identità, in unmovimento che va dagli altri verso il nostro mondo interiore. La reificazione è invece quelprocesso sintetico <strong>di</strong> astrazione attraverso il quale vengono generati nuovi significati. Alcontrario della partecipazione, qui il significato viene alienato e concretizzato al <strong>di</strong> fuoridell’in<strong>di</strong>viduo sotto forma <strong>di</strong> strumenti, enunciati o leggi. La reificazione è però anche ilmomento in cui è possibile riconoscersi come in<strong>di</strong>vidui attivi e creativi, essendo quello in cuil’identità viene proposta agli altri attraverso i suoi prodotti. L’identità è uno dei concetti piùsviluppati nelle riflessioni <strong>di</strong> Wenger. L’identità viene vista, al <strong>di</strong> fuori <strong>di</strong> categoriepsicologiche, come processo continuo e in continuo <strong>di</strong>venire: non determinata dalla nascita,né assunta in un momento particolare, ma un “work in progress” all’interno dei processi <strong>di</strong>partecipazione e reificazione. Le caratterizzazioni principali dell’identità sono cinque(ibidem, pp.149-163): identità come esperienza <strong>di</strong> negoziazione, ovvero come risultatodell’interazione tra partecipazione e reificazione. Identità come appartenenza: il far parte <strong>di</strong>una comunità consente <strong>di</strong> definire l’in<strong>di</strong>viduo e dargli la possibilità <strong>di</strong> riconoscere econ<strong>di</strong>videre atteggiamenti, obiettivi e repertori comuni. Identità come traiettoria <strong>di</strong>appren<strong>di</strong>mento: qui la <strong>di</strong>mensione temporale, in una prospettiva non lineare, fornisce lapossibilità <strong>di</strong> incorporare “il passato ed il futuro nello stesso processo <strong>di</strong> negoziazione delpresente” ovvero consente <strong>di</strong> stabilire ciò che è rilevante per l’in<strong>di</strong>viduo e quin<strong>di</strong> gliconsente <strong>di</strong> selezionare e apprendere in maniera personale all’interno della comunità.Identità come un nesso tra <strong>di</strong>verse appartenenze: ognuno partecipa a <strong>di</strong>verse comunità, equin<strong>di</strong> l’identità è sostanzialmente riconciliazione <strong>di</strong> appartenenze multiple. Infine c’è la<strong>di</strong>mensione dell’identità come relazione tra locale e globale, ovvero equilibrio tra la<strong>di</strong>mensione della specificità e quella dell’astrattezza e della generalità.2.5.2 Appren<strong>di</strong>mento come processo partecipativo: limiti e prospettive applicativeI concetti <strong>di</strong> LPP e <strong>di</strong> comunità <strong>di</strong> pratica, e le riflessioni attorno alle modalità cognitive ecostitutive delle soggettività nei contesti operativi, sono uno dei prodotti più elaborati dellericerche nell’ambito della prospettiva contestualista dell’appren<strong>di</strong>mento. Oggi, con ilprogressivo sviluppo delle tecnologie e delle innovazioni, con l’aumentare delleinformazioni, con l’inarrestabile processo <strong>di</strong> globalizzazione, con l’appartenenza a molteplicicomunità produttive o <strong>di</strong> interesse, i processi appren<strong>di</strong>tive intesi come “processi <strong>di</strong>partecipazione” rappresentano una metafora particolarmente felice. Nessuno può più <strong>di</strong>rsi“esperto” nel senso antico del termine: il processo <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento è infatti, e per tutti,continuo e le modalità con cui questo si realizza è per la gran parte proprio attraverso lapartecipazione attiva alla vita comunitaria. Le comunità <strong>di</strong> pratiche sono allora un modelloprivilegiato per investigare attorno a questi momenti <strong>di</strong> accrescimento del potenzialeconoscitivo <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui. Gli autori sottolineano in modo particolare questo punto, ovveroche dal costrutto della LPP non conseguono <strong>di</strong>rettamente modelli educativi o pratichepedagogiche, essendo piuttosto un punto <strong>di</strong> vista per comprendere l’efficaciadell’appren<strong>di</strong>mento informale quale alternativa - seppure non esclusiva -, all’istruzioneformalizzata (Lave, Wenger, 1991). Quantunque il costrutto della LPP si prefigurisoprattutto come modello interpretativo e <strong>di</strong>agnostico, sono svariati i modelli <strong>di</strong>dattici che daesso derivano; tanto che nell’ambito del CSCL riferirsi alla “partecipazione perifericalegittimata” è ormai un passaggio obbligato sia nella progettazione dei processi relazionali,sia nella costruzione dei gruppi collaborativi.Nonostante questo, non mancano anche delle critiche a questo tipo <strong>di</strong> approcci come quello<strong>di</strong> una scarsa attenzione alle <strong>di</strong>fferenze sostanziali tra comunità idealtipiche e quelle reali.Zucchermaglio (1996, pp.67-69), ad esempio, afferma che Lave e Wenger si sbarazzanosbrigativamente della questione dell’efficacia e, soprattutto, dell’adeguatezza in ognicircostanza specifica: “le comunità <strong>di</strong> pratiche non sono sempre ‘automaticamente’ buoni

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