52Strumenti della rete e processo formativofonte consultabile per ottenere informazioni, risposte a quesiti, stimoli per riflettere” (Brown,Campione, 1990, p.23). Gli studenti non sono solo invitati a collaborare strettamente con ilproprio gruppo, ma vengono anche stimolate la capacità esplorativa e la messa a punto <strong>di</strong>strategie <strong>di</strong> interazione con tutte le risorse utili all’acquisizione delle informazioninecessarie. I principi dell’appren<strong>di</strong>mento che regolano i flussi multi<strong>di</strong>rezionali <strong>di</strong>conoscenze, in questo tipo <strong>di</strong> contesto, sono caratterizzati dalla natura attiva delle strategie <strong>di</strong>appren<strong>di</strong>mento, dal riconoscimento della natura <strong>di</strong>alogica dell’acquisizione della conoscenza(negoziazione, migrazione ed appropriazione dei significati) e dell’importanza <strong>degli</strong> aspettimetacognitivi. La legittimazione delle <strong>di</strong>fferenze e il rispetto delle identità in<strong>di</strong>viduali, grazieanche alla sovrapposizione ed intercambiabilità dei ruoli, consente quin<strong>di</strong> lo sviluppo el’accesso alle zone <strong>di</strong> sviluppo prossimale in<strong>di</strong>viduali determinando così un’interrelazione <strong>di</strong>zone multiple <strong>di</strong> sviluppo prossimale (ibidem).All’interno <strong>di</strong> molti <strong>di</strong> questi modelli è previsto, in alcuni casi ad<strong>di</strong>rittura con un ruolocentrale, l’uso <strong>di</strong> strumenti tecnologici (come posta elettronica, database, ecc.). Comeabbiamo visto introducendo il CSCL (§ 1.2) oggi si “partecipa” alla vita culturale dellacomunità anche attraverso la me<strong>di</strong>azione <strong>degli</strong> strumenti info-telematici. Questa possibilità,in particolare in ambito scolastico, rappresenta una altrimenti inimmaginabile possibilità <strong>di</strong>ampliare l’accesso alle informazioni. La <strong>di</strong>sponibilità <strong>di</strong> accesso a contributi provenienti da“fonti esterne”, inoltre, arriva ad estendere il concetto <strong>di</strong> “partecipazione” a comunitàprogressivamente sempre meno locali.Questi para<strong>di</strong>gmi teorici, nonostante alcuni limiti, risultano quin<strong>di</strong> ancora sufficientementecapaci <strong>di</strong> fornire strumenti metodologici e spunti operativi per la realizzazione <strong>di</strong> esperienze<strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento in rete. Perché leggere l’appren<strong>di</strong>mento in rete sotto questa prospettiva?Apprendere in rete significa valorizzare la <strong>di</strong>mensione eminentemente concreta, situata esignificativa del virtuale. Virtuale che è reale, che è – come vedremo nella seconda parte <strong>di</strong>questo lavoro – “realtà relazionale” me<strong>di</strong>ata dalle tecnologie. Gli ambienti <strong>di</strong>alogici dellarete forniscono infatti un contesto specifico, molto concreto, all’interno del quale gliin<strong>di</strong>vidui possono costruire e sviluppare conoscenze significative. Ci sono chiaramentealcuni limiti. Proprio la logica della “situated cognition” ci <strong>di</strong>ce che ciò che si apprende èfortemente legato alla situazione, quin<strong>di</strong> alle opportunità <strong>di</strong> azione consentite dall’ambiente(in questo caso elettronico) e dal contesto socio-culturale. Come tutti i contesti, la rete è ingrado <strong>di</strong> favorire maggiormente lo sviluppo <strong>di</strong> alcuni tipi <strong>di</strong> conoscenza e non <strong>di</strong> altre.Come mostrano Hatch e Gardner (1993) descrivendo le interazioni tra i bambini <strong>di</strong> un asilo,ambienti <strong>di</strong> lavoro <strong>di</strong>versi (ad esempio i tavoli piuttosto che le aiuole con la sabbia)attraverso le loro specificità <strong>di</strong> dominio, suggeriscono determinate modalità operative e siprestano a facilitare o meno lo sviluppo <strong>di</strong> determinate interazioni sociali. I concetti <strong>di</strong>cognizione e <strong>di</strong> intelligenza, in questa prospettiva, sono strettamente interrelati a quellisituazionali. In questo senso anche gli “ambienti della rete”, <strong>di</strong> cui parleremo <strong>di</strong>ffusamentenel cap. 4, hanno delle specificità: ovvero favoriscono determinate pratiche (in questo casosoprattutto quelle negoziabili su base <strong>di</strong>alogica) ed impongono determinati vincoli (adesempio non consentono, ad oggi, <strong>di</strong> manipolare fisicamente oggetti e quin<strong>di</strong> escludono lecompetenze che richiedono l’attivazione dei sistemi sensoriali: tattile, olfattivo e gustativo).La rete, al pari <strong>di</strong> altri contesti educativi espliciti, non è quin<strong>di</strong> un luogo neutro: ha alcunesue specificità, ma soprattutto richiede <strong>di</strong> essere caratterizzata come contesto situato e <strong>di</strong>essere provvista <strong>di</strong> attività significative per i <strong>di</strong>scenti. Gli approcci legati all’appren<strong>di</strong>mentocome processo attivo <strong>di</strong> partecipazione alle pratiche <strong>di</strong> un gruppo forniscono interessantimodelli orientativi capaci <strong>di</strong> fornire strumenti metodologici ed operativi particolarmenteidonei all’uso delle tecnologie. Modelli <strong>di</strong>dattici più specifici, come quelli legatiall’appren<strong>di</strong>mento collaborativo nelle varie declinazioni e prospettive, si connettonoaltrettanto bene a questa visione, riuscendo per altro a completarne alcuni limiti.Naturalmente per impostare l’uso delle tecnologie quali contesti <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento ènecessario conoscere in dettaglio quali specifici obiettivi si vogliono perseguire e qualipratiche reali <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, comunicazione e lavoro suggerire. Sulla base <strong>degli</strong> obiettivi
Teorie, modelli e artefatti per la costruzione sociale e contestuale della conoscenza 53e delle caratterizzazioni culturali, formative e valoriali del gruppo è possibile avviare unariflessione su quali tecnologie siano capaci <strong>di</strong> fornire i supporti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione semiotica piùadeguati. È infatti evidente, come vedremo in particolare nella prossima sezione, che letecnologie necessitano <strong>di</strong> essere partecipate, ovvero che é importante la comprensionein<strong>di</strong>viduale delle loro modalità <strong>di</strong> uso, ma che è altrettanto in<strong>di</strong>spensabile una con<strong>di</strong>visionedei co<strong>di</strong>ci e dei significati ad esse sottostanti. Non esistono le tecnologie capaci <strong>di</strong> risolveretutti i problemi, o <strong>di</strong> risolverli per tutti. Proprio la prospettiva storico culturale ci aiuta acapire che il lavoro, spesso trascurato o totalmente <strong>di</strong>satteso (in particolare dai tecnici), èproprio quello della ricerca del delicato punto <strong>di</strong> equilibrio tra le potenzialità (e i limiti) <strong>degli</strong>strumenti e la capacità (e volontà) <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> utilizzarli. Ed anche quando l’utilizzosia pienamente acquisito sono sempre in agguato problemi <strong>di</strong> efficacia ovvero, comevedremo, <strong>di</strong> ergonomia <strong>di</strong>dattica.2.6 Appren<strong>di</strong>mento in rete: il problema della trasferibilitàSul problema della vali<strong>di</strong>tà e trasferibilità <strong>di</strong> ciò che si apprende nei contesti formali – comela scuola – ai contesti della vita quoti<strong>di</strong>ana e lavorativa, si sofferma gran parte delleriflessione pedagogica contemporanea. In ambito cognitivista si evidenzia in particolare la<strong>di</strong>fferenza tra le “modalità” con cui vengono promossi i processi appren<strong>di</strong>tivi. Seguendo unanota <strong>di</strong>stinzione (Antinucci, 1999, 2001; Parisi, 2000), La scuola è incentrata su processi“simbolico-ricostruttivi”, dove nozioni altamente formalizzate e generalizzate devono esseredeco<strong>di</strong>ficate nella mente <strong>degli</strong> studenti per essere ricostruite negli oggetti e le situazioni <strong>di</strong>cui si compongono. La modalità più naturale, quella che si sviluppa fino dall’infanzia e cheguida l’appren<strong>di</strong>mento nei contesti informali come quelli lavorativi, è invece chiamata“percettivo-motoria”. In questa seconda modalità “non si opera sui simboli ma sulla realtà, enon si opera all’interno della propria mente, ma all’esterno con la percezione e l’azione. Siosservano fenomeni e comportamenti, si interviene con la propria azione per mo<strong>di</strong>ficarli, siosservano gli effetti della propria azione, si riprova a intervenire, e così via. Si ripetonotipicamente cicli <strong>di</strong> percezione e azione ciascuno operante sul risultato dell’altro: insomma siprova e riprova. La conoscenza emerge da questo fare esperienza” (Antinucci, 1999). Laprospettiva dell’appren<strong>di</strong>mento situato conferma queste <strong>di</strong>fficoltà indagando attorno alla<strong>di</strong>stanza tra le modalità <strong>di</strong> insegnamento e <strong>di</strong> concettualizzazione proprie dei contesti formalirispetto a ciò che avviene nei contesti pratici. Alcuni autori hanno presentato il problemadella “crisi dell’appren<strong>di</strong>mento” in aula, inteso come incapacità dei “tentativi formalizzati <strong>di</strong>insegnare qualcosa a qualcuno: i bambini e i ragazzi imparano poco e quel poco èinutilizzabile nei contesti extrascolastici; i lavoratori imparano poco e quel poco è giàvecchio e inutile per affrontare la complessità e le novità delle pratiche lavorative”(Zucchermaglio, 1996, p. 43), non solo come un problema <strong>di</strong> inadeguatezza metodologica,ma come un problema <strong>di</strong> <strong>di</strong>stanza sostanziale tra quelle che sono le finalità della scuola edella formazione e quelli che sono i valori, le pratiche e le esigenze della vita quoti<strong>di</strong>ana elavorativa. I sistemi formali, quali “imprese <strong>di</strong> <strong>di</strong>stribuzione della conoscenza”, vedonol’appren<strong>di</strong>mento come “un processo decontestualizzato, in<strong>di</strong>viduale e completamentein<strong>di</strong>pendente da ogni forma <strong>di</strong> coinvolgimento sociale” (Zucchermaglio, 1996, p. 44). Questacaratterizzazione mostra però, alla luce della prospettiva culturale e situata sulla cognizione,i suoi limiti a partire dalla contrad<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> fondo dell’aspirazione a trascendere lo specificoper il generale. Come evidenzia la Lave (1995) sviluppando una riflessione a partire daiproblemi matematici, il mondo della scuola è pervaso da una teoria dell’appren<strong>di</strong>mento insitada tempo nel pensiero occidentale e implicante “la convinzione che per conoscere qualcosa ènecessario che il <strong>di</strong>scente sia separato o <strong>di</strong>stanziato dall’esperienza situata che deve essereconosciuta; che il <strong>di</strong>scente debba astrarre caratteristiche dall’esperienza, generalizzare su <strong>di</strong>esse e poi trasportarle in una varietà <strong>di</strong> nuove situazioni nelle quali possono essere
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