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100Strumenti della rete e processo formativoche la rete, per la sua natura multi<strong>di</strong>mensionale e aperta, sembra più consona al privilegiareforme spontanee e rapso<strong>di</strong>che <strong>di</strong> adesione al <strong>di</strong>battito 43 . Non a caso in rete è possibileimbattersi sia in forum densamente partecipati che in arene spaventosamente deserte.Secondo Calvani (2001, pag. 151), affinché un ambiente comunicativo <strong>di</strong> rete possatrasformarsi in un ambiente <strong>di</strong> costruzione della conoscenza e <strong>di</strong> collaborazione è necessariopassare attraverso l’in<strong>di</strong>viduazione <strong>di</strong> relazioni dotate <strong>di</strong> uno scopo e, soprattutto, all’interno<strong>di</strong> un contesto <strong>di</strong> vincoli (expertise, tempo, risorse).Approfondendo le caratteristiche della CMC possiamo quin<strong>di</strong> constatare come la <strong>di</strong>mensionecollaborativa e cooperativa, siano con<strong>di</strong>zioni tutt’altro che naturali e il cui raggiungimentosia necessariamente frutto <strong>di</strong> un impegnativo sforzo organizzativo. In CSILE, come in molteesperienze <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento collaborativo in rete (cfr. p.115), viene ad esempio sottolineatal’importanza <strong>di</strong> un robusto impianto organizzativo: l’esplicitazione e con<strong>di</strong>visione <strong>degli</strong>obiettivi, il ruolo dei vincoli operativi e strumentali, la presenza <strong>di</strong> regole e, non secondario:un contesto operativo caratterizzato da un costante lavoro <strong>di</strong> moderazione operato daidocenti. La rete è sfruttata per le sue insostituibili specificità, ma necessariamente adattataalle esigenze del <strong>di</strong>segno progettuale.Se vogliamo in<strong>di</strong>viduare nella CMC caratteristiche specifiche tali da orientare in unadeterminata <strong>di</strong>rezione lo sviluppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>namiche relazionali, possiamo con Calvani (2001,pag. 153) sostenere che la comunicazione in rete sia più adatta a favorire momenti <strong>di</strong>collaborazione blanda (i membri <strong>di</strong> un gruppo, interagendo, assumono un atteggiamentoorientato a sostenersi vicendevolmente), più che quelli propriamente cooperativi (i soggettiin questione lavorano per un’unica finalità da conseguire e si organizzano intenzionalmentein tal senso). Le gran<strong>di</strong> potenzialità della rete emergono soprattutto nella capacità <strong>di</strong>sviluppare il brainstorming, il <strong>di</strong>spiegamento libero e creativo <strong>di</strong> idee, come nel consentirel’accesso ad un’illimitata quantità <strong>di</strong> risorse da con<strong>di</strong>videre e reimpiegare a <strong>di</strong>smisura.Caratteristiche congeniali a situazioni <strong>di</strong> tipo “collaborativo”, contrad<strong>di</strong>stinte in sensoprevalentemente “centrifugo” e dove, appunto, “predomina una <strong>di</strong>mensione <strong>di</strong> produzioneaperta, esplorativa, accrescitiva. Situazioni in cui il soggetto è invitato ad appropriarsidell’esistente per andare oltre, in una <strong>di</strong>rezione o nell’altra, senza che questo venga affatto acollidere o a limitare gli spazi <strong>degli</strong> altri. Diverse sono le situazioni che possiamo definirecooperative (‘centripete’), orientate cioè alla produzione <strong>di</strong> un oggetto specifico o soluzioneparticolare, ad esempio un progetto, un documento” (ibidem).Seguendo questa linea <strong>di</strong> riflessione si può dunque tracciare un continuum tra livellirelazionali che dalla semplice comunicazione intersoggettiva arrivino fino allacollaborazione e quin<strong>di</strong> alla cooperazione (Bonaiuti, D’Agostino, 2003, p.94). Se lacomunicazione è un semplice scambio informativo, la collaborazione implica uno scambioinformativo orientato verso un aiuto reciproco (pur rimanendo in<strong>di</strong>viduale l’obiettivo)mentre la cooperazione è una forma <strong>di</strong> collaborazione, per così <strong>di</strong>re, più forte: i partnerconcorrono insieme a conseguire un obiettivo che è comune. Ogni passaggio ad un livellosuccessivo, comporta livelli crescenti <strong>di</strong> accettazione <strong>di</strong> regole, criteri e motivazioni, tali dacondurre – attraverso forme progressivamente più efficienti <strong>di</strong> comunicazione – alraggiungimento <strong>di</strong> obiettivi che da in<strong>di</strong>viduali <strong>di</strong>vengono collegiali.Ci sono dunque <strong>di</strong>fficoltà oggettive, in rete come in presenza, legate allo sviluppo <strong>di</strong> efficaciesperienze <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento cooperativo. In entrambi i casi è opportuno lavorare con gruppi43 I rischi <strong>di</strong> deriva relazionale nella CMC, come nelle situazioni comunicative tra<strong>di</strong>zionali, possono ad esempio sorgere neglieccessi <strong>di</strong> “strumentalismo” (il gruppo si concentra utilitaristicamente troppo sull’oggetto della finalità operativa) oppure <strong>di</strong>“relazionalità” (il gruppo si perde nel piacere <strong>di</strong> stare insieme e <strong>di</strong> parlarsi). Su questo argomento sono fondamentali i contributi<strong>di</strong> Wilfred Bion alla comprensione delle <strong>di</strong>namiche <strong>di</strong> gruppo. Bion (1971) compen<strong>di</strong>a e propone i suoi stu<strong>di</strong> sull’argomento.

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