11.07.2015 Views

Download - E-prints Archive - Home - Università degli Studi di Firenze

Download - E-prints Archive - Home - Università degli Studi di Firenze

Download - E-prints Archive - Home - Università degli Studi di Firenze

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 73comunque la consapevolezza che ogni soluzione in<strong>di</strong>viduata non potrà che avvalersi <strong>di</strong> unrepertorio lessicale e modale finito, conchiuso, ovvero che non potrà che rispondere alle soleazioni che il progettista ha elaborato 30 .Oggi è universalmente accettato il fatto che per progettare le tecnologie si debbano tenere inconsiderazione più le specificità sociali e contestuali, che le questioni meramente tecniche e,conseguentemente, che sia preferibile comprendere e sfruttare le “specificità” piuttosto checercare una “genericità” <strong>di</strong> fatto non identificabile. Quando le caratteristiche e le modalità <strong>di</strong>funzionamento dello strumento tecnologico non collimano con le rappresentazioni <strong>degli</strong>utenti reali, sorgono una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà e problemi (Norman, 1990), ma anche modalità <strong>di</strong>utilizzo <strong>di</strong>fformi da quanto concepito dai progettisti (Perriault, 1989). Il non considerare levariabili esterne (non cognitive) intervenenti nel rapporto tra uomo e tecnologia è stato unodei principali problemi della scienza cognitiva (Norman, 1980). Approcci alternativi(storico-culturale, antropologico e sociologico) si stanno rapidamente affermando comemodalità alternative e integrative all’approccio cognitivo, per analizzare l’interazione uomo– macchina in modo più compiuto e meno limitato dalla artificiosità <strong>degli</strong> esperimenti <strong>di</strong>laboratorio.L’interazione uomo-computer, nell’ottica cognitiva classica, è caratterizzata dal rapporto tradue unità <strong>di</strong> processamento dell’informazione che interagiscono secondo un circuitoalternato: l’output dell’utente rappresenta l’input per il computer e viceversa (cfr. Figura 8,p. 62), determinando <strong>di</strong> fatto la possibilità <strong>di</strong> sviluppare efficaci risposte a varieproblematiche dell’ambito HCI. Il limite <strong>di</strong> questa prospettiva sta nella sua “vali<strong>di</strong>tàecologica”, ovvero nella sua capacità <strong>di</strong> fornire risposte capaci <strong>di</strong> tenere conto dellavariabilità intersoggettiva ed intrasoggettiva in base alle con<strong>di</strong>zioni ed al contesto. Ovveronon solo ogni in<strong>di</strong>viduo è <strong>di</strong>verso da un altro, ma anche lo stesso soggetto sperimenta nellapropria vita momenti e livelli <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> prestazione intellettiva ed operativa. Influisconofattori organici (stanchezza, malattia), motivazionali (interesse), emotivi (depressione,entusiasmo). Le persone non utilizzano gli strumenti in un vacuum, ma sono spinti damotivazioni (interne o esterne) e la loro prestazione può variare al cambiare delle con<strong>di</strong>zioniinterne esterne. La mancanza <strong>di</strong> un’adeguata risposta della teoria cognitivista a questetematiche è una delle principali cause dell’attuale apertura verso analisi capaci <strong>di</strong> tener conto<strong>di</strong> questi fattori.Nell’analizzare in maniera critica i limiti e i malfunzionamenti derivanti dai sistemi <strong>di</strong> analisie <strong>di</strong> progettazione derivanti dalla visione cognitivista, Suchman (1987) evidenzia sia i limitiderivanti dalla pianificabilità e pianificazione delle azioni umane secondo il modello <strong>di</strong>Miller, Galanter e Pribram (1984) e <strong>di</strong> Newell e Simon (1972) che quelli derivanti dallateoria <strong>degli</strong> atti linguistici <strong>di</strong> Austin (1985) che, per certi versi, ne rappresentano ilcomplemento (Suchman, 1987 p.28 e 40). In entrambi casi il problema centrale è quello dellapossibilità <strong>di</strong> esplicitare, fino dal momento progettuale, tutte le con<strong>di</strong>zioni e le regole <strong>di</strong>inferenza necessarie a rendere conto della normale e comune intelleggibilità con<strong>di</strong>visa delleazioni umane. Nella visione cognitivista <strong>di</strong>etro ogni azione umana ci sarebbe la conoscenzadel mondo a cui il partecipante dell’interazione si atterrebbe per dare significato ai feed-backdei sistemi a lui esterni (macchine o altri in<strong>di</strong>vidui). L’impossibilità <strong>di</strong> rendere esplicite edenumerate le infinite conoscenze e regole “implicite” si rivela un compito impossibile, maciò che è più importante è anche la sua inutilità. Ci sono infatti situazioni in cui l’interazionenon richiede nessuna alcuna attivazione cognitiva, perché “dato per conosciuto non denotatanto uno stato mentale ma piuttosto qualcosa che sta fuori dalla nostra testa e al quale,proprio perché non problematico in una data situazione, possiamo non de<strong>di</strong>care nessunaattenzione cognitiva specifica” (Suchman, 1987, p. 47). In altri termini, assumendo come30 Una interfaccia uomo/macchina nasconde sempre <strong>di</strong>versi “soggetti”: l’utente - colui che utilizza il sistema, il computer -che con il suo programma provvede all’esecuzione <strong>di</strong> istruzioni e il progettista - colui che ha cercato <strong>di</strong> anticipare le possibiliscelte dell’utente ipotizzato (Levial<strong>di</strong>, 1999).

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!