72Strumenti della rete e processo formativorelazione che, come osserva Piaget, “l’intelligenza organizza il mondo attraversol’organizzazione <strong>di</strong> se stessa” (Piaget, 1973, p. 400).3.2 Limiti dell’approccio cognitivista e i contributi delle prospettive culturalista econtestualistaI modelli interpretativi sviluppati dal cognitivismo, tra cui quelli fin qui descritti, hannol’innegabile vantaggio <strong>di</strong> fornire importanti euristiche su cui basare lo stu<strong>di</strong>o e laprogettazione <strong>di</strong> artefatti a partire dall’analisi delle loro funzionalità in relazione con gliutenti. Gli obiettivi principali del così detto approccio classico all’interazione uomocomputer(HCI, human-computer interaction), come pure della ricerca ergonomica ingenere, sono del resto quelli <strong>di</strong> ricercare il migliore livello <strong>di</strong> adattamento delle funzioni<strong>degli</strong> strumenti all’uomo. Le funzioni sono naturalmente intese come le modalità operativerese <strong>di</strong>sponibili agli utenti, la cui “comprensibilità” e, potenzialmente, la semplicità d’uso,sono requisiti altamente auspicabili. Il processo <strong>di</strong> identificazione delle funzioni e dellemodalità <strong>di</strong> implementazione al fine <strong>di</strong> rendere agevole il richiamo ed il controllo delleoperazioni che a loro sottostanno, nonché lo sviluppo dei sistemi <strong>di</strong> controllo dei risultatiprodotti (feed-back), sono le azioni che vengono svolte dai progettisti sotto la guida dellericerche sviluppate in campo cognitivista. In altri termini, nell’interazione uomo-macchinaoccorre fare in modo che l’utente possa agevolmente padroneggiarne le funzionalità,piuttosto che essere aggravato dai problemi, indotto nell’errore, o – all’estremo – <strong>di</strong>venireschiavo della tecnologia (schiavitù intesa come forzato adattamento alle caratteristiche dellostrumento).Gli anni ottanta sono stati caratterizzati da una crescente consapevolezza delle problematicheesistenti nello stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> quelli che allora erano definiti Sistemi per l’Informazione (Mazzoni,2002, p.126), sfociata in un <strong>di</strong>battito che ha avuto come punto fondamentale la <strong>di</strong>scussionesu come trattare il concetto <strong>di</strong> “contesto” nella progettazione dei sistemi. Ci si è infattiprogressivamente resi conto che il processo <strong>di</strong> “generalizzazione” <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui, alla ricerca<strong>di</strong> modalità standard <strong>di</strong> utilizzo <strong>degli</strong> strumenti, a partire dall’interpretazione dei segniutilizzati nei pannelli <strong>di</strong> comando (interfacce), non era una questione banale. Declinare, adesempio, il principio della “semplicità d’uso” non è però un problema “solo” tecnico.Comporta la necessità <strong>di</strong> comprendere e conciliare una vasta eterogeneità <strong>di</strong> aspettative, <strong>di</strong>preconoscenze, <strong>di</strong> caratteristiche fisiche, <strong>di</strong> tratti caratteriali, comportamentali e <strong>di</strong> stilicognitivi <strong>di</strong> un pubblico composto da persone <strong>di</strong>verse. La ricerca nel campo dell’ergonomiasperimenta quin<strong>di</strong>, nella sua seppure breve storia, un rapido cambiamento <strong>di</strong> prospettive:dall’iniziale ricerca della “genericità”, ovvero dei requisiti in grado <strong>di</strong> coprire il maggiornumero <strong>di</strong> esigenze <strong>di</strong> usabilità si è progressivamente passati ad approcci metodologici voltiad “istanziare”, in maniera pragmatica, il “generico”. Secondo Bagnara (2002): “il momentoin cui l’ergonomia inizia a lavorare sulla specificità, cercando <strong>di</strong> situare le interfacce,coincide con quello in cui nell’ambito dell’educazione c’è il grande passaggio dalla ricercadei gran<strong>di</strong> processi formativi <strong>di</strong> massa, alla personalizzazione del percorso formativo”. Letematiche legate alla “formalizzazione”, cioè alla ricerca dell’astrazione delle caratteristichecomuni <strong>degli</strong> utenti, portano infatti a prendere in considerazione gli stessi assunti mossi,nell’ambito dell’educazione, dagli approcci culturalista e contestualista: ovvero che gli utentinon sono <strong>degli</strong> automi in<strong>di</strong>stinti, ma delle persone che vivono all’interno <strong>di</strong> una cultura, in undeterminato momento storico e che buona parte dei significati che sono in grado <strong>di</strong> attribuirealle cose ed alle azioni derivano dal far parte <strong>di</strong> gruppi sociali che con<strong>di</strong>vidono in manieranegoziale i significati. L’esigenza <strong>di</strong> sviluppare interfacce usabili richiede quin<strong>di</strong>l’in<strong>di</strong>viduazione delle caratteristiche cognitive dell’utente specifico nel suo concreto contestod’uso, ovvero comprendere il funzionamento della mente umana in “situazione” avendo
Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 73comunque la consapevolezza che ogni soluzione in<strong>di</strong>viduata non potrà che avvalersi <strong>di</strong> unrepertorio lessicale e modale finito, conchiuso, ovvero che non potrà che rispondere alle soleazioni che il progettista ha elaborato 30 .Oggi è universalmente accettato il fatto che per progettare le tecnologie si debbano tenere inconsiderazione più le specificità sociali e contestuali, che le questioni meramente tecniche e,conseguentemente, che sia preferibile comprendere e sfruttare le “specificità” piuttosto checercare una “genericità” <strong>di</strong> fatto non identificabile. Quando le caratteristiche e le modalità <strong>di</strong>funzionamento dello strumento tecnologico non collimano con le rappresentazioni <strong>degli</strong>utenti reali, sorgono una serie <strong>di</strong> <strong>di</strong>fficoltà e problemi (Norman, 1990), ma anche modalità <strong>di</strong>utilizzo <strong>di</strong>fformi da quanto concepito dai progettisti (Perriault, 1989). Il non considerare levariabili esterne (non cognitive) intervenenti nel rapporto tra uomo e tecnologia è stato unodei principali problemi della scienza cognitiva (Norman, 1980). Approcci alternativi(storico-culturale, antropologico e sociologico) si stanno rapidamente affermando comemodalità alternative e integrative all’approccio cognitivo, per analizzare l’interazione uomo– macchina in modo più compiuto e meno limitato dalla artificiosità <strong>degli</strong> esperimenti <strong>di</strong>laboratorio.L’interazione uomo-computer, nell’ottica cognitiva classica, è caratterizzata dal rapporto tradue unità <strong>di</strong> processamento dell’informazione che interagiscono secondo un circuitoalternato: l’output dell’utente rappresenta l’input per il computer e viceversa (cfr. Figura 8,p. 62), determinando <strong>di</strong> fatto la possibilità <strong>di</strong> sviluppare efficaci risposte a varieproblematiche dell’ambito HCI. Il limite <strong>di</strong> questa prospettiva sta nella sua “vali<strong>di</strong>tàecologica”, ovvero nella sua capacità <strong>di</strong> fornire risposte capaci <strong>di</strong> tenere conto dellavariabilità intersoggettiva ed intrasoggettiva in base alle con<strong>di</strong>zioni ed al contesto. Ovveronon solo ogni in<strong>di</strong>viduo è <strong>di</strong>verso da un altro, ma anche lo stesso soggetto sperimenta nellapropria vita momenti e livelli <strong>di</strong>versi <strong>di</strong> prestazione intellettiva ed operativa. Influisconofattori organici (stanchezza, malattia), motivazionali (interesse), emotivi (depressione,entusiasmo). Le persone non utilizzano gli strumenti in un vacuum, ma sono spinti damotivazioni (interne o esterne) e la loro prestazione può variare al cambiare delle con<strong>di</strong>zioniinterne esterne. La mancanza <strong>di</strong> un’adeguata risposta della teoria cognitivista a questetematiche è una delle principali cause dell’attuale apertura verso analisi capaci <strong>di</strong> tener conto<strong>di</strong> questi fattori.Nell’analizzare in maniera critica i limiti e i malfunzionamenti derivanti dai sistemi <strong>di</strong> analisie <strong>di</strong> progettazione derivanti dalla visione cognitivista, Suchman (1987) evidenzia sia i limitiderivanti dalla pianificabilità e pianificazione delle azioni umane secondo il modello <strong>di</strong>Miller, Galanter e Pribram (1984) e <strong>di</strong> Newell e Simon (1972) che quelli derivanti dallateoria <strong>degli</strong> atti linguistici <strong>di</strong> Austin (1985) che, per certi versi, ne rappresentano ilcomplemento (Suchman, 1987 p.28 e 40). In entrambi casi il problema centrale è quello dellapossibilità <strong>di</strong> esplicitare, fino dal momento progettuale, tutte le con<strong>di</strong>zioni e le regole <strong>di</strong>inferenza necessarie a rendere conto della normale e comune intelleggibilità con<strong>di</strong>visa delleazioni umane. Nella visione cognitivista <strong>di</strong>etro ogni azione umana ci sarebbe la conoscenzadel mondo a cui il partecipante dell’interazione si atterrebbe per dare significato ai feed-backdei sistemi a lui esterni (macchine o altri in<strong>di</strong>vidui). L’impossibilità <strong>di</strong> rendere esplicite edenumerate le infinite conoscenze e regole “implicite” si rivela un compito impossibile, maciò che è più importante è anche la sua inutilità. Ci sono infatti situazioni in cui l’interazionenon richiede nessuna alcuna attivazione cognitiva, perché “dato per conosciuto non denotatanto uno stato mentale ma piuttosto qualcosa che sta fuori dalla nostra testa e al quale,proprio perché non problematico in una data situazione, possiamo non de<strong>di</strong>care nessunaattenzione cognitiva specifica” (Suchman, 1987, p. 47). In altri termini, assumendo come30 Una interfaccia uomo/macchina nasconde sempre <strong>di</strong>versi “soggetti”: l’utente - colui che utilizza il sistema, il computer -che con il suo programma provvede all’esecuzione <strong>di</strong> istruzioni e il progettista - colui che ha cercato <strong>di</strong> anticipare le possibiliscelte dell’utente ipotizzato (Levial<strong>di</strong>, 1999).
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