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Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 109bollettini). Sitkin, Sutcliffe e Barrios-Choplin (1992) espandono la graduatoria ad includeree-mail e videoconferenze (aggiungendo, tra l’altro, un quinto fattore <strong>di</strong> ricchezza me<strong>di</strong>atica,ovvero il destinatario della comunicazione). In successive elaborazioni <strong>di</strong> questa teoria ilruolo delle interazioni simboliche è stato enfatizzato così da spostare l’analisi dal livellodelle azioni in<strong>di</strong>viduali a quello della costruzione sociale del processo <strong>di</strong> comunicazione(Trevino, Daft e Lengel, 1990).L’altro fattore, che è una delle tematiche emergenti nell’attuale <strong>di</strong>battito sulla CMC, è lacapacità dello strumento <strong>di</strong> fornire la percezione della “presenza sociale”, elementodeterminante nella “<strong>di</strong>stance education” (Tu, 2002a). Come noto, nella comunicazione inpresenza (face-to-face) i partecipanti non espongono solo i loro pensieri verbalmente, macomunicano anche attraverso l’espressione facciale, la postura, la vicinanza fisica, losguardo, l’intonazione, una quantità <strong>di</strong> altre informazioni utili alla comunicazione. LaComputer me<strong>di</strong>ated communication, come abbiamo detto, non consente lo stesso livello <strong>di</strong>prossimità e <strong>di</strong> relazione. La teoria della “presenza sociale” è stata elaborata per spiegarecome, ed in quale misura, i <strong>di</strong>versi strumenti <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione comunicativa, consentono agliin<strong>di</strong>vidui <strong>di</strong> sviluppare il senso della presenza dell’altro pur non risiedendo nello stessospazio fisico. La teoria della “presenza sociale” applicata alla comunicazione me<strong>di</strong>ata ègeneralmente attribuita a Short (et al., 1976) a partire dal loro lavoro sulla psicologia socialedelle telecomunicazioni. In questo stu<strong>di</strong>o, la presenza sociale viene concettualizzata come ilmodo in cui “un’altra persona è percepita presente o assente”. Il concetto <strong>di</strong> cosa costituiscala presenza sociale non consente, comunque, la formulazione <strong>di</strong> una definizione semplice estatica. “La semplice presenza <strong>di</strong> un altro corpo o anche la consapevolezza <strong>di</strong> esso non puòessere significativa per la presenza sociale. Se vogliamo prendere un esempio estremo, èchiaro che un cadavere può essere fisicamente, ma non socialmente presente” (Biocca,Harms e Burgoon, 2003). Nonostante la percezione sociale <strong>di</strong>penda anche da fattori esogenialla comunicazione (come ad esempio: l’atteggiamento psicologico e le motivazioni <strong>degli</strong>in<strong>di</strong>vidui), è chiaro che il me<strong>di</strong>um ha un ruolo determinante nella possibilità <strong>di</strong> consentire losviluppo della percezione della presenza sociale. La presenza sociale, in questo senso, èaffidata soprattutto alla larghezza <strong>di</strong> banda dello strumento ed alla molteplicità <strong>di</strong> canalicomunicativi in grado <strong>di</strong> convogliare il maggior numero <strong>di</strong> in<strong>di</strong>ci sociali: voce, espressionidel viso, gestualità, vicinanza spaziale (prossemica), ecc.. Da questo punto <strong>di</strong> vista, quin<strong>di</strong>, ime<strong>di</strong>a capaci <strong>di</strong> maggiore ricchezza comunicativa (secondo le precedenti definizioni)sarebbero anche quelli maggiormente capaci <strong>di</strong> fornire il supporto alla presenza sociale.Me<strong>di</strong>a capaci <strong>di</strong> supportare la trasmissione <strong>di</strong> au<strong>di</strong>o e video, secondo Rice (1993) offronocosì maggiori possibilità <strong>di</strong> sviluppare il senso della presenza sociale che non <strong>di</strong> strumenti incui la comunicazione è affidata alla sola testualità scritta.Dagli stu<strong>di</strong> <strong>di</strong> Short citati, prendono avvio le riflessioni che dagli anni 1980 attraverso ilcostrutto della Reduced Social Cues (o RSC), definiscono la CMC come caratterizzata da unlivello <strong>di</strong> presenza sociale molto basso, in quanto priva <strong>degli</strong> elementi non verbalicaratteristici della comunicazione face to face.Secondo altri autori, invece, nonostante l’assenza <strong>di</strong> in<strong>di</strong>catori non verbali, la CMC –anchequella basata sulla sola testualità scritta – può essere perfettamente in grado <strong>di</strong> sviluppare unclima <strong>di</strong> presenza sociale ed affettiva tra quanti vi sono coinvolti (Parks, Floyd, 1996;Jacobson, 1999). Anzi, gli strumenti della CMC, possono fornire importanti elementi per losviluppo dell’identità sociale se solo consideriamo la costruzione del senso della “presenza”svincolandolo da quello della fisicità, ed in parte, da quello della “comunicazione”. L’esserein rete, sentirsi in “un ambiente” in<strong>di</strong>pendentemente dal fatto che il corpo sia fisicamentecollocato lì, secondo Lombard e Ditton (1997) è determinato non tanto dalla fisicità, nédall’ampiezza <strong>di</strong> banda del canale comunicativo quanto dal fatto che gli in<strong>di</strong>viduiconcettualizzano la presenza in varie modalità tra cui la ricchezza sociale, il realismo, iltrasporto, l’immersione, la capacità <strong>degli</strong> strumenti <strong>di</strong> fornire interfacce capaci <strong>di</strong> me<strong>di</strong>arel’azione sociale. Ricerche sperimentali, come riferisce Tu (2002b), hanno <strong>di</strong>mostrato chel’interattività <strong>degli</strong> applicativi e quin<strong>di</strong> in particolare le <strong>di</strong>mensioni relative alle modalità con

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