136Strumenti della rete e processo formativoprima, possono condurre allo stesso risultato <strong>di</strong> consentire ad un gruppo <strong>di</strong> <strong>di</strong>alogare ecostruire conoscenza in rete: ma la nostra ipotesi è che siano necessari sforzi <strong>di</strong>versi, ovveroin questo caso maggiori, rispetto all’uso <strong>di</strong> strumenti che contengano, fino dal <strong>di</strong>segnoprogettuale, caratteristiche specifiche per facilitare la socialità e quin<strong>di</strong> consentire unacomunicazione efficace e calda, ma anche un efficiente lavoro sui contenuti (ad esempioattraverso la possibilità <strong>di</strong> operare ricerche, selezioni e <strong>di</strong>stinzioni tra tipologie comunicative<strong>di</strong>verse).La coerenza dell’ambiente con le finalità richiede però, per quello che abbiamo detto inprospettiva storico-culturale, anche un corrispondente processo <strong>di</strong> riconoscimento,validazione ed acquisizione dei presupposti <strong>di</strong> senso ad esso connessi da parte <strong>degli</strong> utenti.Gli ambienti possono essere considerati come sistematizzazioni spaziali <strong>di</strong> artefatti, Ogniartefatto è in grado <strong>di</strong> me<strong>di</strong>are le attività attraverso elementi fisici o concettuali. In entrambi icasi intervengono processi <strong>di</strong> deco<strong>di</strong>fica cognitiva, da parte <strong>degli</strong> utilizzatori, dei co<strong>di</strong>cisimbolici o funzionali necessari al loro utilizzo. Le modalità operative, ancorché vincolate opromosse dagli “inviti” all’azione offerti visivamente o fisicamente dalle singole parti <strong>degli</strong>oggetti, richiedono un contributo attivo <strong>di</strong> significazione da parte dei soggetti per essereutilizzati adeguatamente. Sono quin<strong>di</strong> sempre presenti i rischi legati ad utilizzi impropri(nell’ottica della cultura <strong>di</strong> chi li ha progettati) <strong>degli</strong> strumenti stessi. Questi usi impropri,non sono spesso così evidenti, e magari neppure considerati tali, da chi – muovendo da una<strong>di</strong>versa cultura (rispetto a quella del progettista) – adatta lo strumento (o vive l’ambiente) inuna modalità <strong>di</strong>versa da quella prevista. Interesse <strong>di</strong> questa ricerca è quin<strong>di</strong> anche quello <strong>di</strong>“leggere” queste <strong>di</strong>fferenze, cercando <strong>di</strong> comprendere quali problemi possano essere derivatida questo “<strong>di</strong>sallineamento” <strong>di</strong> prospettiva tra progettisti ed utenti finali. In un’otticaculturalista e situata, l’indagine conoscitiva è quin<strong>di</strong> volta a comprendere il valore, ilsignificato e le funzioni principali che gli utenti hanno attribuito agli strumenti impiegati. Inquesta logica è infatti interessante comprendere anche quali siano state le <strong>di</strong>fferenze tra gliobiettivi previsti dai progettisti (nella fase <strong>di</strong> allestimento dell’iniziativa) e gli utilizzi realisvolti dagli utenti nel corso delle attività. Analogamente è interessante interrogarsi sulle<strong>di</strong>fferenze presenti all’interno dello stesso gruppo <strong>degli</strong> utenti, ad esempio nelle <strong>di</strong>versecategorie (giovani/anziani, esperti/novizi, ex-corsisti/neo-corsisti, ecc.) in cui questi siarticolano.5.3.1 Precisazioni metodologiche ed esplicitazione del background teoricoPer lo sviluppo <strong>di</strong> queste riflessioni verranno utilizzati strumenti <strong>di</strong> indagine <strong>di</strong>versi. Comesottolineano Lucisano e Salerni (2002, p.77) esistono una molteplicità <strong>di</strong> approcci allo stu<strong>di</strong>odei fenomeni educativi e la scelta dell’approccio ha conseguenze anche nella selezionedell’oggetto dell’indagine, nella formulazione delle ipotesi come pure nella lettura delle<strong>di</strong>mensioni della realtà osservata. La contrapposizione tra approcci quantitativi (che hannocome modello il rigore delle scienze esatte) e quelli qualitativi “viene vissuto da alcuniricercatori in termini <strong>di</strong> appartenenza a una scuola e ogni problema viene considerato apartire dalla possibilità <strong>di</strong> analizzarlo utilizzando procedure e strumenti propri <strong>di</strong> quellascuola. Altri, in modo più flessibile, rimandano la scelta dell’ approccio metodologico piùcorretto ad una fase successiva all’identificazione del problema. La nostra posizione è chesia opportuno operare su un problema con una molteplicità <strong>di</strong> approcci e che, tuttavia, questidebbono tutti potersiricondurre a un comune metodo scientifico <strong>di</strong> conoscenza e soluzione dei problemi reali. È larealtà del problema e delle soluzioni possibili a funzionare da criterio per la scelta <strong>degli</strong>approcci. L’esperienza nella sua concretezza funziona come il rasoio <strong>di</strong> Ockham, comemomento <strong>di</strong> verifica <strong>di</strong> ogni conoscenza e strumento per rigettare tutto ciò che trascende ilimiti della conoscenza stessa. La stessa <strong>di</strong>stinzione tra approcci quantitativi e qualitativi, che
L’indagine empirica e le verifiche sul campo 137ha animato un significativo <strong>di</strong>battito […] può essere sintetizzata nell’ affermazione <strong>di</strong> unacontinuità tra gli approcci <strong>di</strong> ricerca e <strong>di</strong> una necessaria inter<strong>di</strong>sciplinarità” (Lucisano,Salerni, 2002).Ogni ricerca indaga la realtà filtrandola con una serie <strong>di</strong> “lenti” o “zoom”, e sono le teorie arappresentare i mo<strong>di</strong> attraverso i quali è dato <strong>di</strong> vedere le cose. È ormai riconosciuto unvalore posizionale della conoscenza, laddove ognuno, attraverso le proprie scelte edesperienze, attraverso il proprio modello <strong>di</strong> vita costituisce un sapere che è in larga partepersonale. Ogni ricercatore cioè osserva il mondo da una prospettiva <strong>di</strong>versa, adottando<strong>di</strong>fferenti para<strong>di</strong>gmi. Un para<strong>di</strong>gma è una finestra mentale, un quadro <strong>di</strong> riferimento perosservare il mondo sociale ed è composto da una serie <strong>di</strong> concetti, <strong>di</strong> assunti e <strong>di</strong> valori(Bailey, 1995). Pertanto è quanto meno doveroso esplicitare il proprio apparato teorico <strong>di</strong>riferimento, inteso come l’insieme <strong>di</strong> lenti, che guidano il proprio lavoro. In questo casol’esplicitazione del quadro teorico all’interno del quale questa ricerca si colloca è stata fattanei primi capitoli. Non è quin<strong>di</strong> necessario ricordare che ci si muove all’interno <strong>di</strong> unaprospettiva situata alla cognizione ed all’appren<strong>di</strong>mento, in sintonia con le considerazionidella scuola storico culturale sovietica e del costruttivismo sociale applicateall’appren<strong>di</strong>mento collaborativo in rete (CSCL).Precisati i limiti epistemologici e il background teorico <strong>di</strong> riferimento, è necessarioriformulare l’ipotesi che inten<strong>di</strong>amo controllare empiricamente e definire meglio l’approccioche si intende seguire dal punto <strong>di</strong> vista metodologico e, conseguentemente, strumentale.Circa l’oggetto dell’indagine, in parte si è detto. L’intero lavoro si interroga sul ruolo <strong>degli</strong>strumenti ed in particolare sulla loro capacità <strong>di</strong> incorporare parte dell’impianto complessivoe della logica operativa <strong>di</strong> un evento (in questo caso: formativo). Gli strumenti della rete, neldare luogo ad “ambienti” complessi e socialmente popolati, ci hanno quin<strong>di</strong> portato aritenere che questi, a loro volta, possano essere in grado <strong>di</strong> fornire valore aggiunto allespecifiche pratiche ivi svolte, e in questo caso <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento collaborativo. L’esigenza èquin<strong>di</strong> quella <strong>di</strong> verificare, seguendo una prospettiva contestualista, se e come gli utenti <strong>di</strong>uno specifico evento hanno “vissuto” ed interpretato il ruolo <strong>degli</strong> strumenti telematici nellame<strong>di</strong>azione del loro appren<strong>di</strong>mento.Circa invece l’approccio metodologico adottato è bene precisare che abbiamo quiinterpretato l’idea <strong>di</strong> “metodo” su basi meno dogmatiche, oltre che meno prescrittive,rispetto a quelle che la tra<strong>di</strong>zione positivista e neopositivista ci ha consegnato. Si passa cioèdall’idea iniziale, implicita nell’etimo, <strong>di</strong> metodo quale “strada” in<strong>di</strong>cante un insiemesuccessivo e or<strong>di</strong>nato <strong>di</strong> atti che l’uomo <strong>di</strong>spone per conseguire un suo fine; allaconstatazione della complessità, della indeci<strong>di</strong>bilità, della problematicità e molteplicità deimeto<strong>di</strong>. “La crisi del neopositivismo ha trascinato con sé la metodologia, con cui la scienzaveniva identificata; d’altro canto nel tentativo <strong>di</strong> salvare la razionalità scientifica, si èseparata quest’ultima dalla metodologia, in<strong>di</strong>viduandola questa volta nell’argomentazione”(Bruschi, 1996, p. 20).Il metodo si viene così a collocare nello specifico (<strong>di</strong> un aspetto, <strong>di</strong> un ambito, <strong>di</strong> unaprospettiva) e lo dota <strong>di</strong> strumenti, sostanzialmente linguistici, tali per cui la ricerca non siperda nell’inconcludenza. La razionalità è ancora oggi centrale, ma la sua portata è limitataperché le nostre informazioni sul mondo sono parziali. La “razionalità limitata non assicuracertamente la verità, ma permette <strong>di</strong> escludere un buon numero <strong>di</strong> errori; sebbene imperfetta,è la meno imperfetta tra quelle utilizzate dall’uomo, quella che più garantisce l’affidabilitàdei suoi risultati [...] ed è anche relativa, perché la sua forza è in funzione del tempo”(ibidem, p.42).Il metodo oggi fornisce regole da usarsi caso per caso, da scegliere, interpretare ed integrare,e i cui risultati sono più o meno affidabili e precisi a seconda della tecnologia utilizzata odelle circostanze. In <strong>di</strong>scussione dunque non è tanto il metodo, quanto dunque la suaesclusività e la certezza dei risultati a cui conduce. Disattendere una regola “non è più <strong>di</strong> persé un’operazione antimetodologica, quin<strong>di</strong> irrazionale. Lo sarebbe se la regola fosse unica ela sua applicazione esaurisse la decisione scientifica. Un comportamento <strong>di</strong>viene irrazionale
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