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90Strumenti della rete e processo formativo<strong>di</strong>sposizione <strong>di</strong> pareti, porte, finestre e superfici. L’organizzazione <strong>degli</strong> spazi fisici, <strong>degli</strong>ambienti nei quali si realizzano le azioni, ha una importanza fondamentale per ilraggiungimento dei risultati auspicati. La capacità umana <strong>di</strong> rispondere in misura adeguataalle <strong>di</strong>verse esigenze della vita ha portato, nel corso del tempo, a strutturare gli e<strong>di</strong>fici con lefisionomie che conosciamo: abitazioni, ospedali, alberghi, scuole.La ricerca <strong>di</strong> nuove forme, <strong>di</strong> nuove scelte architettoniche, è del resto continua econtribuisce, attraverso la scelta <strong>di</strong> materiali, la <strong>di</strong>versa organizzazione <strong>degli</strong> spazi,l’attenzione alle fonti <strong>di</strong> illuminazione o la selezione dei colori predominanti, a favorire invaria misura il miglioramento delle attività che verranno svolte nei <strong>di</strong>versi luoghi. Gliambienti da sempre orientano ed in<strong>di</strong>rizzano emozioni e sentimenti: ci sono luoghi chestimolano la riflessione, la spiritualità, altri che invitano a rilassarsi, altri che sonoespressamente pensati per il lavoro o il <strong>di</strong>vertimento. Le cattedrali rappresentano uno <strong>degli</strong>esempi più para<strong>di</strong>gmatici <strong>di</strong> questo fenomeno. Nel corso dei secoli, in Europa, l’idea dellarelazione tra uomo e Dio si sviluppa e si trasforma. L’architettura interpreta con forme che <strong>di</strong>volta in volta mettono l’accento sulla funzione protettiva e contenitiva (architetturaromanica), ora sul magnificare la grandezza e la potenza <strong>di</strong>vina attraverso le ar<strong>di</strong>te altezzedel gotico, ora sul ritrovato spazio per l’uomo (rinascimentali) fino ad arrivare alle chiesecontemporanee che, ispirandosi a spazi aperti, all’agorà dove la comunità si incontra,ridefiniscono in maniera ancora nuova questa relazione. Attraverso l’architettura siinterpretano quin<strong>di</strong> le idee e i valori e, attraverso le forme derivanti si promuovono modalitàcomportamentali conseguenti. Gli e<strong>di</strong>fici sono quin<strong>di</strong> funzionali (o <strong>di</strong>sfunzionali) allosviluppo <strong>di</strong> comportamenti e, assieme a questi, alla conferma e <strong>di</strong>ffusione dei sistemivaloriali e <strong>di</strong> credenze che sono alla base <strong>di</strong> determinate impostazioni. Da questo,naturalmente, non deriva conseguentemente che entrare in una chiesa porti a sviluppare intutti gli stessi sentimenti. Gli e<strong>di</strong>fici, visti nella loro valenza simbolica, necessitano <strong>di</strong> esseredeco<strong>di</strong>ficati ed interpretati all’interno <strong>di</strong> uno specifico contesto culturale e valoriale. Nel caso<strong>degli</strong> e<strong>di</strong>fici, però, esistono delle invarianti funzionali – prevalentemente centrate sull’usodelle <strong>di</strong>mensioni e delle prospettive – che consentono anche a chi non aderisce ad undeterminato sistema <strong>di</strong> valori <strong>di</strong> venire coinvolti in un meccanismo <strong>di</strong> attivazione sensoriale.Oggi davanti all’imponenza delle pirami<strong>di</strong> azteche <strong>di</strong> Chichén Itzá, senz’altro non abbiamogli strumenti culturali per comprendere completamente il significato <strong>di</strong> quei luoghi: nonsappiamo esattamente come si svolgessero i riti, quali valori con<strong>di</strong>videssero queste persone,con quali emozioni si avvicinassero alle gra<strong>di</strong>nate, ma in un qualche modo le <strong>di</strong>mensioni<strong>degli</strong> e<strong>di</strong>fici, i rapporti tra gli spazi, la <strong>di</strong>stinzione dei luoghi (un sopra e un sotto, luoghiaperti e luoghi chiusi) ci consentono ancora oggi <strong>di</strong> capire che gli architetti dell’epoca nonhanno voluto solo creare un luogo funzionale allo svolgimento <strong>di</strong> un rito. Attraverso le<strong>di</strong>mensioni hanno cercato <strong>di</strong> enfatizzarlo, <strong>di</strong> creare <strong>di</strong>stanze e separazioni. Una parte <strong>di</strong>queste funzioni, anche a <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong> secoli, anche se nella lontananza delle culture, riesconoancora ad emergere e porre lo sparuto turista in uno stato <strong>di</strong> estasiata sottomissione.Lo spunto per un esempio <strong>di</strong>verso lo offre il saggio “Inside the white cube” in cui il criticoBrian O’Doherty (1976) parla della galleria d’arte ideale come <strong>di</strong> “uno spazio bianco”. Sullabase <strong>di</strong> queste idee, dagli anni ottanta, si sono moltiplicate le gallerie ed i musei che si sonoadeguati a questa impostazione. L’efficacia del “contenitore bianco”, spazio asettico, se nonad<strong>di</strong>rittura ascetico, è talmente efficace che gli anti-funzionalisti l’hanno variamentecontestato proprio per la sua capacità <strong>di</strong> con<strong>di</strong>zionare ed inibire il pubblico inducendolo a“chinare il capo” e “parlare sottovoce”, insomma imprigionandolo. Il contesto ambientaledunque ha un ruolo non secondario nell’indurre le persone, nel “guidarle” anche tacitamente,a svolgere determinate funzioni. Nell’allestimento <strong>degli</strong> spazi è quin<strong>di</strong> in<strong>di</strong>viduabile ancheuna “visione” della vita: una concezione preor<strong>di</strong>nata del rapporto tra l’in<strong>di</strong>viduo e le funzionida svolgere in quell’ambiente. La formazione non è naturalmente svincolata da questo tipo <strong>di</strong>influenze: anche se in maniera non sempre evidente, nel tempo si è sempre affermatal’organizzazione <strong>degli</strong> spazi più coerente con le visioni pedagogica e filosofico educativapredominanti. Dalla centralità della vasta cattedra, spesso collocata su una pedana rialzata, arafforzare una concezione dell’insegnamento fortemente trasmissiva ed autoritaria si è ad

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