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56Strumenti della rete e processo formativo“indessicali” e dei riferimenti utilizzati da chi scrive. I riferimenti al contesto sono cosìimportanti che potrebbe <strong>di</strong>ventare molto faticoso, se non ad<strong>di</strong>rittura impossibile, accedere,con<strong>di</strong>videre o costruire nuove conoscenze, nel caso in cui il <strong>di</strong>alogo a <strong>di</strong>stanza avvenisse trapersone che non con<strong>di</strong>videssero lo stesso contesto, gli stessi strumenti o non li utilizzasseroper lo stesso scopo o nella stessa maniera. “Quando l’imme<strong>di</strong>atezza dei termini indessicali(indexical terms) è rimpiazzata dalle descrizioni, la natura del <strong>di</strong>scorso cambia e lacomprensione <strong>di</strong>viene più problematica. I termini indessicali sono virtualmente trasparenti,richiedono poca o nessuna attenzione. Essi non aggiungono necessariamente alla <strong>di</strong>fficoltà <strong>di</strong>comprendere una proposizione nella quale occorrono, ma semplicemente in<strong>di</strong>rizzano alsoggetto in <strong>di</strong>scussione, provvedendo così alla struttura essenziale per il <strong>di</strong>scorso. Ledescrizioni, in confronto, sono nel migliore dei casi più traslucenti e nel peggiore opache,intrudendo enfaticamente tra i parlanti e i loro soggetti. Chi ascolta deve prima focalizzarsisulle descrizioni, provare ad interpretarle e quin<strong>di</strong> trovare a cosa si riferiscono. Solo allora leproposizioni nelle quali queste sono inserite possono essere comprese. Comunque elaborata,una descrizione non rimpiazza meramente la parola indessicale. Più elaborata è ladescrizione nel tentativo <strong>di</strong> sciogliere l’ambiguità e più <strong>di</strong>venta opaca e danneggial’appropriatezza. E, in alcune circostanze, i termini indessicali semplicemente non possonoessere rimpiazzati” (Brown, Collins, Duguid, 1989, p.34-35)Secondo gli autori le rappresentazioni indessicali, sviluppate attraverso la partecipazione alleazioni, possono aumentare in maniera notevole l’efficienza con cui le azioni successivepossono essere svolte purché parte dell’ambiente che struttura le rappresentazioni rimangainvariante. Questo è particolarmente evidente in quelle abilità che, appunto, non possonoessere descritte o ricordate in assenza della situazione. La memoria e le azioni conseguentinon sono processi in<strong>di</strong>pendenti dal contesto. In questa prospettiva le attività autentiche<strong>di</strong>ventano una componente centrale dell’appren<strong>di</strong>mento. “Uno dei punti chiave del concetto<strong>di</strong> in<strong>di</strong>calità è che essa in<strong>di</strong>ca che la conoscenza, e non solo l’appren<strong>di</strong>mento, è situata. Uncorollario <strong>di</strong> questo è che il fatto che i meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento vengano inseriti in situazioniautentiche non è solo meramente utile, ma essenziale” (ibidem, p.36).Il problema si pone quin<strong>di</strong> in tutti i casi in cui l’appren<strong>di</strong>mento ha luogo in contestiartificiali, dai quali è poi necessario che si “stacchi” per potersi applicare altrove, ad altricontesti. Nella prospettiva della cognizione situata, e dell’appren<strong>di</strong>mento come processo <strong>di</strong>“partecipazione”, questo passaggio è particolarmente problematico.Su questo problema insiste anche Hanks (1991), nella prefazione al lavoro <strong>di</strong> Lave eWenger, in<strong>di</strong>cando che considerare l’appren<strong>di</strong>mento come un processo <strong>di</strong> partecipazione allepratiche <strong>di</strong> un gruppo ne pone soprattutto problemi <strong>di</strong> trasferibilità. La questione sembraessere quella della “staccabilità” delle competenze e abilità dal contesto in cui queste sonostate acquisite e la loro “trasportabilità” altrove (Hanks, 1991, p.19). Cosa che per alcunepersone, impegnate ad esempio in rapide carriere verticali, non sembra essere un problema.Il fenomeno può essere descritto secondo due <strong>di</strong>verse prospettive: una “assume che lapartecipazione è schematizzata a che quello che viene rappresentato, da colui che ha appresoefficacemente, è un repertorio esteso <strong>di</strong> schemi <strong>di</strong> partecipazione. Questa visione reintroducela nozione <strong>di</strong> strutture acquisitive [che sono però estranee a questa prospettiva <strong>di</strong> ricerca.Nda]. Alternativamente, uno potrebbe sostenere che la partecipazione non vieneschematizzata e quello che lo studente efficace impara è come attualizzare l’esecuzione dellapratica. Uno schema non può spiegare un utilizzo particolare, la manipolazione o il ruolonelle future improvvisazioni. Da questo punto <strong>di</strong> vista sembra necessario sostenere che lostudente efficace acquisisca qualcosa <strong>di</strong> più che imparare a giocare vari ruoli in <strong>di</strong>versiambiti <strong>di</strong> partecipazione. Questo implica cose <strong>di</strong>verse da uno schema: l’abilità <strong>di</strong> anticipare,il senso <strong>di</strong> cosa può essere fattibile in uno specifico contesto, anche se nei casi sperimentatiquesto non è avvenuto. Questo coinvolge una capacità pre-riflessiva <strong>di</strong> afferrare una quantità<strong>di</strong> situazioni complesse, che possono essere riportate come una descrizione preposizionale,ma che non si limita a questo. Padroneggiare riguarda il tempismo dell’azione relativa alcambiamento delle circostanze: l’abilità <strong>di</strong> improvvisare” (ibidem, p.20)

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