11.07.2015 Views

Download - E-prints Archive - Home - Università degli Studi di Firenze

Download - E-prints Archive - Home - Università degli Studi di Firenze

Download - E-prints Archive - Home - Università degli Studi di Firenze

SHOW MORE
SHOW LESS

You also want an ePaper? Increase the reach of your titles

YUMPU automatically turns print PDFs into web optimized ePapers that Google loves.

Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 67modali. La problematica, molto specifica (e che quin<strong>di</strong> esula le finalità <strong>di</strong> questo lavoro), èlegata alla possibilità o meno che un’interfaccia manifesti sempre nello stesso modo leproprie risposte agli atti <strong>di</strong> un utente e quante <strong>di</strong>verse possibili azioni siano consentite dallostesso comando.Circa il “modello concettuale”, infine, si intende la possibilità che il progettista è riuscito adare all’utente <strong>di</strong> costruirsi un’idea, ancorché ingenua, dello scopo dell’artefatto e <strong>di</strong> qualiazioni siano da questo consentite. L’importanza del modello concettuale non è tanto legataall’esigenza <strong>di</strong> comprendere esattamente il meccanismo <strong>di</strong> funzionamento, quanto <strong>di</strong> avereun’idea sufficientemente precisa del funzionamento dell’artefatto. Il modello concettuale,che è una singolare fattispecie <strong>di</strong> modello mentale 28 , viene sviluppato dall’utente attraversol’interazione con il sistema. Un buon modello concettuale è ciò che nella vita quoti<strong>di</strong>anaconsente <strong>di</strong> prevedere gli effetti delle azioni, arrivando a guidare gli in<strong>di</strong>vidui allacomprensione dei <strong>di</strong>versi coman<strong>di</strong> e/o delle azioni <strong>di</strong>sponibili come pure le (eventuali)sequenze <strong>di</strong> passaggi. Attraverso un buon modello concettuale è possibile apprendere piùrapidamente e con minori problemi il funzionamento <strong>di</strong> un qualsiasi <strong>di</strong>spositivo. Molte delle<strong>di</strong>fficoltà che nascono nell’uso <strong>degli</strong> artefatti, ed in particolare delle tecnologie piùcomplesse come quelle informatiche, nascono proprio dall’incapacità per alcuni utenti <strong>di</strong>formarsi dei modelli concettuali sufficientemente adeguati per arrivare a svolgere il compitorichiesto. Molte persone, ad esempio, non riuscivano a crearsi un’idea che consentisse loro <strong>di</strong>operare correttamente con le <strong>di</strong>rectory fino a quando le interfacce grafiche non hannomostrato, attraverso la metafora delle cartelle, un modello concettuale sufficientementechiaro e comprensibile. Il modello concettuale dell’utente è quin<strong>di</strong> in buona parte guidato dacome il progettista, partendo dal suo modello progettuale, è riuscito ad informare l’artefatto(anche attraverso elementi esterni quali: documentazioni, etichette, istruzioni) circa il suoutilizzo. “Se l’immagine del sistema non rende chiaro e coerente il modello progettuale,l’utente finirà per formarsi un modello mentale sbagliato” (Norman, 1997, p. 24).3.1.2 La teoria del controllo della azioniUn modello particolarmente fecondo per comprendere l’insieme dei passaggi necessariall’interazione tra uomo e artefatti deriva dalla teoria del controllo delle azioni <strong>di</strong> Hutchins,Hollan e Norman (1985). Questo modello prevede l’interazione continua tra mente e corpo,tra percezione e azione, tenendo conto sia delle fasi <strong>di</strong> svolgimento del compito, sia dellepossibili <strong>di</strong>fficoltà (<strong>di</strong>stanze) <strong>di</strong> passaggio da una fase all’altra nel corso dello svolgimento. Ilmodello, per affermazione <strong>degli</strong> stessi autori, non rappresenta una teoria psicologicacompleta, né si presenterà sempre nello stesso modo o richiederà il passaggio <strong>di</strong> tutti gli sta<strong>di</strong>o nello stesso or<strong>di</strong>ne. C’è infatti un continuo anello <strong>di</strong> retroazione tale per cui i risultati <strong>di</strong>un’attività possono essere usati per in<strong>di</strong>rizzarne altre, oppure per condurre a obiettivicollaterali e sussi<strong>di</strong>ari in una complessa fenomenologia in cui si intrecciano variamenteintenzioni consce e inconsce, come pure attività in cui gli scopi vengono scartati,<strong>di</strong>menticati, riformulati. Il merito <strong>di</strong> questo modello è senz’altro quello <strong>di</strong> essere una guidaefficace nell’analisi delle <strong>di</strong>fficoltà d’uso <strong>di</strong> strumenti, e <strong>di</strong> fornire un framework entro ilquale collocare molte delle conoscenze della psicologia cognitiva (Rizzo, Marti, Bagnara,2001). Le fasi del modello sono sette, una per gli obiettivi (1. Formazione dello scopo), treper l’esecuzione (2. Formazione dell’intenzione, 3. Specificazione dell’intenzione, 4.Esecuzione dell’azione) e tre per la valutazione (5. Percezione dello stato del mondo, 6.28 I modelli mentali, secondo la definizione riportata dallo stesso Norman (1997, p. 25) sono i modelli che le persone hanno <strong>di</strong>sé, <strong>degli</strong> altri, dell’ambiente e delle cose con le quali interagiscono. I modelli mentali vengono formati attraverso l’esperienzasia in situazioni <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento formale che informale.

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!