80Strumenti della rete e processo formativoimpiegati. Per questo nell’ambito dell’HCI si sono fatti strada meto<strong>di</strong> <strong>di</strong> lavoro finalizzatialla comprensione <strong>degli</strong> utenti: i loro bisogni, desideri e approcci al lavoro.L’indagine contestuale (Beyer, Holtzblatt, 1998) è una delle metodologie che meglioraggiungono questo scopo, adattandosi all’analisi <strong>di</strong> qualsiasi attività. L’obiettivo primario <strong>di</strong>questa, come <strong>di</strong> quelle ricerche sviluppate a partire dal modello proposto da Engeström, è laraccolta <strong>di</strong> dati attraverso tecniche <strong>di</strong> osservazioni simili a quelle utilizzate da antropologi edetnografi nel loro lavoro. È infatti evidente che l’adattamento delle tecnologie nel contestosegue regole comprensibili solo all’interno dello stesso. Cercheremo <strong>di</strong> comprendere meglioquesto aspetto nella terza ed ultima parte <strong>di</strong> questo lavoro, grazie all’osservazione, adall’analisi delle informazioni raccolte <strong>di</strong>rettamente dallo specifico contesto <strong>di</strong> uso del CSCL.3.3 Artefatti: ristrutturazioni cognitive e nuove pratiche socialiLa prospettiva “situata” ci porta a guardare al rapporto tra uomo e artefatti con una certaspecificità. Contrariamente a quanto farebbero pensare i processi <strong>di</strong> globalizzazione, voltialla <strong>di</strong>ffusione planetaria <strong>di</strong> strumenti, merci e stili <strong>di</strong> vita omologanti, in realtà ognitecnologia ed ogni innovazione si situa in maniera precipua nei <strong>di</strong>versi contesti e pratiche <strong>di</strong>vita. Una comprensione profonda <strong>degli</strong> effetti correlati all’uso <strong>degli</strong> artefatti è infattipossibile solo all’interno del peculiare contesto culturale in cui questi sono accolti edutilizzati. Gli strumenti hanno la capacità <strong>di</strong> trasformare le pratiche d’uso e, assieme aqueste, il modo <strong>di</strong> pensare e <strong>di</strong> agire <strong>degli</strong> stessi in<strong>di</strong>vidui, ma questo avviene sempre informe e mo<strong>di</strong> che sono localmente determinati. Per comprendere meglio questo aspetto puòessere preso come esempio un elettrodomestico che ha ormai una buona <strong>di</strong>ffusione in tutto ilmondo: il forno a microonde. Se però paragoniamo i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> utilizzare questo strumento inrealtà apparentemente simili come quella italiana e quella statunitense ci accorgiamo <strong>di</strong>significative <strong>di</strong>fferenze. Il microonde, negli Stati Uniti, è praticamente in tutte le case ma,soprattutto, i citta<strong>di</strong>ni americani oltre ad usarlo abitualmente nelle sue varie funzioni sonocerti <strong>di</strong> poter trovare in ogni supermercato una vasta scelta <strong>di</strong> alimenti precotti appositamentepensati per l’uso con il microonde. L’effetto meno evidente è la <strong>di</strong>versa percezione dei tempi(non solo quelli necessari alla preparazione dei pasti) che accompagna la <strong>di</strong>ffusione <strong>di</strong> questostrumento oltre oceano. Il minor tempo de<strong>di</strong>cato alla pre<strong>di</strong>sposizione dei pasti può infattiessere impiegato <strong>di</strong>versamente. Il suo utilizzo quoti<strong>di</strong>ano sta quin<strong>di</strong> contribuendo a ridurre leabilità culinarie, ma – al contempo – grazie al maggiore tempo libero rende <strong>di</strong>sponibilirisorse per lo sviluppo <strong>di</strong> altre competenze. Naturalmente non è solo lo strumento adeterminare la <strong>di</strong>fferenza negli stili e nell’organizzazione della vita <strong>degli</strong> americani e,probabilmente, sono piuttosto le tra<strong>di</strong>zioni culturali preesistenti ad avere in sé la <strong>di</strong>rezione <strong>di</strong>sviluppo della società e le modalità <strong>di</strong> accettazione delle innovazioni, che non viceversa. Lostrumento, potremmo <strong>di</strong>re: si limita ad attivare delle esigenze che sono potenzialmente giàpresenti. Ma è altrettanto vero che è grazie alla <strong>di</strong>sponibilità dello strumento che lepotenzialità si attuano e che da questa attuazione maturano nuove prospettive <strong>di</strong> sviluppo.Questo caso specifico, però, ci porta ad introdurre due riflessioni che è necessario sviluppareaffrontando il rapporto tra in<strong>di</strong>vidui ed artefatti. La prima è che tra in<strong>di</strong>vidui, strumenti econtesti culturali esistono delle strette interrelazioni e dunque – anche se non sono certe le<strong>di</strong>rezioni con cui si svilupperanno certi fenomeni – l’introduzione <strong>di</strong> ogni nuovo strumentoristruttura non solo i processi cognitivi dei singoli in<strong>di</strong>vidui, ma che queste trasformazioniavvengono anche a livello sociale (pur con la variabilità derivante dallo specifico contesto <strong>di</strong>cui <strong>di</strong>cevamo). La seconda è legata al fatto che se ad ogni attivazione corrisponde unaqualche <strong>di</strong>sattivazione (il forno a microonde consente <strong>di</strong> recuperare tempo, ma al costo <strong>di</strong>avere meno pratica in cucina) in una prospettiva educativa è necessario capire meglio laportata <strong>di</strong> tali fenomeni ogni qual volta si decida <strong>di</strong> introdurre le tecnologie.
Strumenti e ambienti per la formazione in rete. Prospettive, limiti e potenzialità delle tecnologie 81Relativamente al primo aspetto, dal punto <strong>di</strong> vista dei comportamenti sociali, unainequivocabile evidenza è fornita dall’avvento dei telefoni cellulari: è infatti sufficienteosservare quanti e quali cambiamenti sono stati prodotti dalle trasformazioni nel modo <strong>di</strong>comunicare (basti pensare alle contrazioni ed allo “slang” <strong>di</strong> cui fanno largo uso i messaggitelefonici SMS), all’uso ine<strong>di</strong>to del tempo e <strong>degli</strong> spazi. Ma gli strumenti, ed in particolare letecnologie della comunicazione, impattano anche a livelli più profon<strong>di</strong>, trasformando ilmodo <strong>di</strong> pensare <strong>degli</strong> in<strong>di</strong>vidui ed obbligando <strong>di</strong> conseguenza a continui ripensamenti suipara<strong>di</strong>gmi epistemologici della cultura contemporanea. Come hanno evidenziato ancheautori appartenenti ad ambiti <strong>di</strong> ricerca abbastanza <strong>di</strong>fferenti tra loro (linguisti, sociologi estu<strong>di</strong>osi della comunicazione, ecc.) gli strumenti non si limitano a mo<strong>di</strong>ficare icomportamenti, ma il loro utilizzo altera in larga misura la percezione che gli in<strong>di</strong>viduihanno della realtà attraverso una me<strong>di</strong>azione <strong>di</strong>retta dei processi <strong>di</strong> selezione e costruzionedella conoscenza (Bolter, 1986, 1993; Goody, 1981, 2002; Ong, 1986, 1989; Turkle, 1997).Questi effetti sono naturalmente <strong>di</strong>fferenti a seconda del tipo <strong>di</strong> tecnologia, dell’uso che neviene fatto, delle me<strong>di</strong>azioni culturali operate dalla società, delle caratteristiche dei singoliin<strong>di</strong>vidui.Cole (1998, p.119), riprendendo la gerarchia a tre livelli <strong>degli</strong> artefatti elaborata daWartofsky (1973), propone una gerarchia tra gli artefatti che introduce una <strong>di</strong>versa capacità<strong>di</strong> me<strong>di</strong>are le pratiche e <strong>di</strong> riformulare i mo<strong>di</strong> del conoscere. Al primo livello si trovano gliartefatti primari, quelli <strong>di</strong>rettamente usati nella produzione (come: asce, bastoni, aghi,ciotole, ma anche computer o personaggi culturali mitici). Questo livello corrispondestrettamente al concetto <strong>di</strong> strumento come è usato comunemente. Gli artefatti secondariraggruppano invece sia le rappresentazioni <strong>degli</strong> artefatti primari, sia i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> azione che <strong>di</strong>questi si avvalgono; per esempio, tale livello include credenze, ricette, proverbi, pianiarchitettonici ed equazioni matematiche. “Un tipo importante <strong>di</strong> questi artefatti sono imodelli culturali, che riproducono non solo il mondo <strong>degli</strong> oggetti fisici, ma anche mon<strong>di</strong> piùastratti come l’interazione sociale, il <strong>di</strong>scorso e anche il significato delle parole. Gli artefattisecondari giocano un ruolo centrale nel preservare, organizzare e trasmettere modalità <strong>di</strong>azione. Il terzo livello è una classe <strong>di</strong> artefatti che possono arrivare a costituire un ‘mondo’relativamente autonomo, nel quale le regole, le convenzioni e i risultati non appaiono ‘più<strong>di</strong>rettamente pratici, o che, in verità, sembrano costituire un’arena <strong>di</strong> attività <strong>di</strong>rappresentazione o gioco ‘libera’ o non pratica”. Wartofsky chiama questi mon<strong>di</strong> immaginatiartefatti terziari. L’autore suggerisce che essi possono arrivare a colorare il modo in cuive<strong>di</strong>amo il mondo “reale” fornendo uno strumento per cambiare la prassi corrente. Nelmoderno gergo psicologico, i mo<strong>di</strong> <strong>di</strong> comportamento appresi nell’interazione con gliartefatti terziari possono trasferire il loro uso al <strong>di</strong> là dei contesti imme<strong>di</strong>ati” (ibidem).Sono in particolare alcune categorie <strong>di</strong> strumenti, le così dette “tecnologie cognitive” (DeKerckhove, 1993; Lévy, 1992; Salomon, 1991), ad essere maggiormente efficaci neltrasformare o amplificare le potenzialità umane e sociali (Calvani, 1995a; Calvani, 1995b).Questi specifici artefatti sono in grado <strong>di</strong> retroagire sugli utenti sviluppando delle “cornicicognitive” - thinking frames (Perkins, 1986; De Kerckhove, 1993), ovvero delle strutturementali in grado <strong>di</strong> guidare l’organizzazione e la percezione della realtà e trasformareconseguentemente i livelli qualitativi e quantitativi della prestazione umana. In particolaresono gli strumenti del comunicare, i me<strong>di</strong>a, ad influenzare in maniera decisiva il modo <strong>di</strong>pensare, <strong>di</strong> apprendere e <strong>di</strong> organizzare la conoscenza 31 . La scrittura rappresenta, in questo31 Ricerche recenti nell’ambito delle neuroscienze <strong>di</strong>mostrano attraverso la PET (tomografia a emissione <strong>di</strong> positroni) ciò cheMcLuhan, tra i primi, aveva brillantemente teorizzato. Attraverso questa sofisticata tecnologia che permette <strong>di</strong> “colorare” lezone cerebrali interessate alle varie attività attraverso un meccanismo che misura l’afflusso del sangue è infatti possibile vederecome le stimolazioni provenienti da strumenti <strong>di</strong>versi attivino aree del cervello <strong>di</strong>verse. In particolare i me<strong>di</strong>a elettronici,attraverso la stimolazione visiva e sonora, attivano prevalentemente l’emisfero destro del cervello, che controlla le emozioni,piuttosto che il sinistro legato al pensiero logico.
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