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Teorie, modelli e artefatti per la costruzione sociale e contestuale della conoscenza 23Potremmo perciò definire la sociogenesi delle forme superiori del comportamento come ilrisultato principale della storia dello sviluppo culturale del bambino. La parola ‘sociale’applicata al nostro oggetto ha un significato importante. Innanzitutto, come <strong>di</strong>ce il significatopiù ampio della parola, significa che tutto ciò che è culturale è sociale. La cultura è ilprodotto della vita sociale e dell’attività collettiva dell’uomo, e perciò la stessa posizione delproblema dello sviluppo culturale del comportamento ci introduce imme<strong>di</strong>atamente sul pianosociale dello sviluppo. Inoltre si potrebbe osservare che il segno, che si trova al <strong>di</strong> fuoridell’organismo, ed è, come lo strumento, separato dalla persona, è sostanzialmente unorgano collettivo, o uno strumento sociale. Potremmo ulteriormente <strong>di</strong>re che tutte le funzionisuperiori non si sono venute costituendo nell’ambito della biologia, e neppuresemplicemente nella storia della sola filogenesi, ma che il meccanismo che sta a lorofondamento è il calco <strong>di</strong> quello sociale. Tutte le funzioni psichiche superiori rappresentanodelle relazioni sociali interiorizzate, il fondamento della struttura sociale della persona. Laloro composizione, la struttura genetica, il loro funzionamento, in una parola tutta la loronatura è sociale; persino trasformandosi in processi psichici la natura ne rimane sociale.L’uomo, anche preso isolatamente, conserva le funzioni della comunicazione” (Vygotskij,1974, pp. 201-2).Vygotskij definì questo come il principio dell’organizzazione extracorticale delle funzionimentali complesse. Lo sviluppo mentale che avviene durante l’infanzia non viene, in questosenso, inteso come maturazione biologica sviluppata esclusivamente in base alledeterminanti interne al sistema nervoso, ma come un articolato processo che si avvaledell’interazione tra organismo e ambiente.La “formazione del linguaggio per se stessi” che successivamente “regola le azioni delbambino e gli consentono <strong>di</strong> realizzare il compito dato in modo organizzato, attraverso uncontrollo preliminare <strong>di</strong> se stesso e della sua attività” è un processo lento, caratterizzato da“migliaia <strong>di</strong> sta<strong>di</strong> <strong>di</strong> transizione” (Vygotskij, Lurija, 1997, p.36-37). Ogni sta<strong>di</strong>o ècaratterizzato da nuove capacità che, a loro volta, determinano nuove possibilità. Attraversoun programma <strong>di</strong> ricerca osservativo e sperimentale, Vygotskij e i suoi collaboratoriarrivarono ad affermare che le relazioni tra acquisizioni del linguaggio e sviluppo delleazioni formano una relazione strutturale <strong>di</strong>namica, caratterizzata da ampia mobilità <strong>di</strong>funzioni. In un “primo sta<strong>di</strong>o il linguaggio, seguendo l’azione, riflettendone e rinforzandonei risultati, rimane strutturalmente sottomesso all’azione, è provocato da essa; nel secondosta<strong>di</strong>o il linguaggio, trasferitosi al momento iniziale dell’azione, comincia a dominarel’azione, la guida e ne determina il soggetto e il decorso”, ha cioè “origine la funzionepianificatrice del linguaggio e così questo comincia a fissare la futura <strong>di</strong>rezione dell’attività(Vygotskij, Lurija, 1997, p.40). Riconoscendo a Piaget <strong>di</strong> aver lavorato attorno al concetto <strong>di</strong>linguaggio interiorizzato (egocentrico), Vygotskij gli critica <strong>di</strong> non aver attribuito sufficienteimportanza al ruolo del linguaggio nell’organizzazione delle attività e nelle funzionicomunicative (Vygotskij, 1974, 1990). Inoltre, per Piaget il “linguaggio egocentrico – tappaprecedente del linguaggio interno – ha origine dall’incontro tra il pensiero del bambino, unpensiero <strong>di</strong> tipo ‘autistico’, che riflette il mondo psichico infantile (astratto dal contestoambientale, immerso in se stesso, come in un sogno) e il linguaggio emesso per sé dalbambino stesso. Per Vygotskij, al contrario, il linguaggio ha imme<strong>di</strong>atamente una funzionesociale, interpersonale; in seguito esso <strong>di</strong>viene strumento <strong>di</strong> pensiero nella forma silente dellinguaggio interno” (Mecacci, 1996, p. 351). Il linguaggio <strong>di</strong>venta uno strumento <strong>di</strong>me<strong>di</strong>azione capace <strong>di</strong> risolvere problemi complessi e <strong>di</strong>stinguere l’uomo dalle altre specieattraverso processo complesso che vede la ristrutturazione e sostituzione delle funzionipsichiche preesistenti. “La funzione iniziale del linguaggio è la funzione dellacomunicazione, del legame sociale, dell’azione su coloro che sono attorno, sia dalla parte<strong>degli</strong> adulti che dalla parte del bambino. Così il primo linguaggio del bambino è puramentesociale; non sarebbe corretto chiamarlo socializzato poiché a questa parola è legato qualchecosa che non è sociale all’inizio e <strong>di</strong>venta tale solo nel processo del suo cambiamento e delsuo sviluppo. Solo più tar<strong>di</strong>, nel processo della crescita, il linguaggio sociale del bambino,che è multifunzionale, si sviluppa secondo il principio della <strong>di</strong>fferenziazione in funzioni

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