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Teorie, modelli e artefatti per la costruzione sociale e contestuale della conoscenza 57Naturalmente il linguaggio, con tutti i suoi limiti e problemi, rimane un elementofondamentale per l’appren<strong>di</strong>mento, tale che anche Lave e Wenger (1991, p.105-109) nericonoscono l’importanza. Ritenere che una <strong>di</strong>mostrazione pratica sia <strong>di</strong>pendente dalcontesto ed una spiegazione sia in<strong>di</strong>pendente è però un cattivo modo <strong>di</strong> impostare il rapportotra imparare facendo e imparare con il linguaggio. Anche il linguaggio, ed in particolare laproduzione dei <strong>di</strong>scorsi viste come pratiche sociali e culturali, fanno parte della pratica;laddove cioè il <strong>di</strong>scorso non <strong>di</strong>venta una rappresentazione <strong>di</strong> second’or<strong>di</strong>ne della praticastessa. Un conto sono cioè i <strong>di</strong>scorsi che si producono e si accompagnano nella pratica, unconto quelli che pretendono <strong>di</strong> descriverla. Non solo, ma esistono ambiti – e la formazione inrete è uno <strong>di</strong> questi – in cui la produzione del <strong>di</strong>scorso è la pratica.L’approccio teorico contestualista (culturale e situato) non esclude infatti l’esistenza <strong>di</strong>pratiche maggiormente svincolate dai contesti fisici. La formazione in rete, come vedremomeglio nei prossimi capitoli, fornisce l’opportunità <strong>di</strong> sperimentare esperienze socialipercepite come altamente significative e concrete. Il problema è caso mai la pertinenza <strong>di</strong> ciòche si impara in questi ambienti “virtuali” rispetto alla successiva applicazione <strong>di</strong> questeconoscenze. Non è cioè in <strong>di</strong>scussione il fatto che partecipando ad esperienze “dematerializzate”o sostanzialmente basate sull’uso del linguaggio, come potrebbe esserequella <strong>di</strong> partecipare a salotti letterari o a gruppi <strong>di</strong> <strong>di</strong>scussione filosofica, non sia possibileapprendere “per partecipazione”.Il problema torna ad essere, nelle esperienze in rete, come nelle scuole, nel passaggio dalleforme <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento spontanee (appren<strong>di</strong>mento incidentale e informale) allo strutturato(formale), laddove, cioè, <strong>di</strong>venti necessario strutturare <strong>degli</strong> specifici setting artificiali.Internet può dare luogo ad appren<strong>di</strong>menti casuali, incidentali. Partecipare ad una comunità <strong>di</strong>interessi su un determinato tema (filosofico, ecologico, ecc.) o ad un gruppo <strong>di</strong> auto-aiuto suuno specifico argomento (malattia, alcolismo, violenza domestica, ecc.) rappresentano benele <strong>di</strong>mensioni dell’informale, dell’appren<strong>di</strong>mento spontaneo in un contesto virtuale. Molti<strong>degli</strong> appren<strong>di</strong>menti che si verificano on-line si svolgono su questo piano, sul pianodell’informalità. Strutturare un setting artificiale <strong>di</strong> appren<strong>di</strong>mento, in rete come in presenza,richiede <strong>di</strong> operare delle trasformazioni <strong>di</strong> or<strong>di</strong>ne qualitativo sul piano dei presupposti chelegano gli utenti all’evento, ma anche trasferimenti <strong>di</strong> pratiche da un contesto all’altro. Nelprimo caso significa accettare <strong>di</strong> partecipare ad un evento che si svolge su un piano <strong>di</strong>versoda quello <strong>di</strong> altre esperienze <strong>di</strong> vita, con regole e tempi <strong>di</strong>versi da quelli a cui si è abituati.Sul piano del trasferimento <strong>di</strong> pratiche si tratta <strong>di</strong> capire se e come, il contesto formale <strong>di</strong>appren<strong>di</strong>mento, riesca ad essere adeguatamente allestito in maniera da fornire un contestorealistico dove sviluppare nuove pratiche (cognitive od operative).Il problema, che è da anni ben noto nel mondo della scuola, “non è tanto quello <strong>di</strong> trovareuna corrispondenza tra i problemi scolastici (e formativi) e problemi quoti<strong>di</strong>ani (e lavorativi),ma rendere i problemi posti nei contesti educativi realmente problematici e significativi perchi impara, cioè parte costituente ed essenziale delle pratiche formative <strong>di</strong> cui gli allievi sonopraticanti. In questo senso il significato dei problemi posti nelle situazioni educative eformative non è tanto nelle loro proprietà ‘<strong>di</strong>sciplinari’, quanto piuttosto nel ruolo chegiocano nel sistema <strong>di</strong> attività delle istituzioni educative: ed è proprio questo ruolo che vacambiato, sia nei contesti scolastici che in quelli formativi, inventando nuove praticheeducative che li rendano più significativi e degni <strong>di</strong> interesse (Zucchermaglio, 1996, p. 56).In questo senso la rete, pur gravata da problemi caratteristici <strong>di</strong> indessicalità (fino a chepunto ciò che viene costruito in rete ha senso fuori?), è particolarmente congeniale asupportare lo sviluppo <strong>di</strong> competenze cognitive, riflessive e teoretico investigative, specie sele esperienze formative sono rivolte ad adulti già competenti in uno specifico dominio. Lospazio <strong>di</strong> applicazione preferenziale è quin<strong>di</strong> quello in cui sia utile il confronto con gli altriattraverso il <strong>di</strong>alogo. L’appren<strong>di</strong>mento collaborativo in rete può così rappresentare uncontesto significativo per l’incontro tra in<strong>di</strong>vidui che con<strong>di</strong>vidono pratiche, esperienze esituazioni simili, purché ne vengano rispettati i limiti e valorizzate le potenzialità.L’obiettivo dei prossimi capitoli è appunto quello <strong>di</strong> affinare la conoscenza sugli spazid’azione opportuni, sulle affordance e i vincoli offerti dalle tecnologie, affinché le

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