Vol.XXXVII, Suppl. 1 - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia
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s98<br />
agosto2011;37(suppl.1):98-100<br />
La staBiLità priMaria<br />
in chirurgia protEsica<br />
dELL’anca<br />
prEMEssa<br />
Nella THA i <strong>di</strong>segni protesici e le tecniche chirurgiche<br />
hanno come obiettivo principale il raggiungimento della<br />
stabilità primaria dell’impianto. Da ciò <strong>di</strong>pendono tutte le<br />
qualità che fanno <strong>di</strong> un’anca protesizzata, un’anca “fisiologicamente<br />
normale”.<br />
BacKground E scopo dELLo stu<strong>di</strong>o<br />
Da sempre si è data importanza ai <strong>di</strong>segni dello stelo<br />
femorale, nonché ai materiali e alla loro resistenza e biocompatibilità.<br />
Già nel 1923 Smith-Paterson metteva in<br />
esame impianti in vetro, bakelite, pyres, fino a raggiungere<br />
nel 1938 con la lega in cromo-cobalto (Vitallium)<br />
buona resistenza e biocompatibilità. Dal 1950 inizia<br />
l’era della protesica moderna (Judet-Mueller-Moore-Thompson);<br />
con Charnley si raggiungono buoni concetti <strong>di</strong> resistenza<br />
dell’impianto e stabilità primaria con l’impiego<br />
del polietilene (UMHWPE) per la cupola e del cemento<br />
(PMMA) per fissare cupola e stelo all’osso. Il cemento ha<br />
dato e continua a dare contributi significativi al successo<br />
delle artroprotesi totali d’anca. Bisogna però ricordare<br />
che esso è biologicamente inerte ed ha limitazioni meccaniche<br />
(bassa modularità, potenzialmente tossico, bassa<br />
capacità alla fatica). Rimane ancora, comunque, l’unico<br />
mezzo in grado <strong>di</strong> garantire elevata stabilità quando l’osso<br />
è fragile, come in caso <strong>di</strong> osteoporosi o nelle lesioni litiche<br />
(metastasi). Negli anni Ottanta la ricerca <strong>di</strong> maggiore<br />
biocompatibilità, resistenza e stabilità primaria porta alle<br />
protesi non cementate.<br />
Da una review della letteratura e sulla base della nostra<br />
esperienza clinica, cerchiamo <strong>di</strong> stabilire come e quali impianti<br />
possono conferire una maggiore stabilità primaria.<br />
stato dELL’artE<br />
Per realizzare un’artroprotesi d’anca è <strong>di</strong> fondamentale<br />
importanza il Planning pre-operatorio.<br />
Un’attenta pianificazione dell’intervento porta alla scelta<br />
corretta del tipo degli elementi protesici, della taglia e<br />
della loro collocazione. Bisogna in<strong>di</strong>viduare il centro <strong>di</strong><br />
t. Mascitti, p. LEonE, s. piscitELLo<br />
Ortope<strong>di</strong>a e <strong>Traumatologia</strong>, Ospedale Bolognini <strong>di</strong> Seriate<br />
In<strong>di</strong>rizzo per la corrispondenza:<br />
T. Mascitti<br />
E-mail: tonino.mascitti@bolognini.bg.it<br />
rotazione e l’off-set, al fine <strong>di</strong> ricostruire la biomeccanica<br />
dell’anca protesizzata.<br />
È importante valutare la “safe-zone” cioè, la zona <strong>di</strong><br />
corretto posizionamento delle componenti. I paramentri<br />
più usati, anche se <strong>di</strong> recente messi in <strong>di</strong>scussione, sono<br />
quelli <strong>di</strong> Lewinnek 1 : acetabolo con angolo <strong>di</strong> inclinazione<br />
40° ± 10°, antiversione 15° ± 10°. Ciò si può ottenere<br />
ricorrendo al più frequente allineamento meccanico,<br />
o me<strong>di</strong>ante navigazione computer-assistita. Il non rispetto<br />
della “safe-zone” causa instabilità con impingement<br />
(più frequentemente), sublussazione o lussazione vera e<br />
propria. Il cotile potrà essere cementato o non cementato<br />
e <strong>di</strong>fferenziarsi anche in base al <strong>di</strong>segno: emisferico,<br />
ellittico-press fit; troncoconico-avvitato. La stabilità dello<br />
stesso varia anche in base al trattamento delle superfici<br />
(rivestimenti con idrossiepatite, tantalio, titanio).<br />
Per quanto concerne il canale femorale, è importante definire<br />
i piani <strong>di</strong> resezione, l’antiversione e verificare la<br />
resistenza. La scelta dello stelo verte tra cementati e non<br />
cementati e tra questi, anatomici (> Fill) o retti (> Fit). Gli<br />
steli anatomici conferiscono una fissazione prossimale,<br />
con lo svantaggio però <strong>di</strong> rischio <strong>di</strong> subsidenza e thigh<br />
pain da micromovimenti; lo stelo retto ha il vantaggio <strong>di</strong><br />
essere ambidestro, può dare però stress-shiel<strong>di</strong>ng trocanterico,<br />
rischio <strong>di</strong> frattura. In quest’ultimo decennio sono<br />
stati introdotti i colli modulari che hanno come vantaggio<br />
quello <strong>di</strong> ricreare-correggere l’antiversione, l’off-set e l’eumetria<br />
durante la fase intra-operatoria.<br />
Analizzando questa fase, ci si può porre la domanda se<br />
la raspa possa essere pre<strong>di</strong>ttiva della stabilità primaria<br />
dello stelo 2 .<br />
In letteratura sono presenti <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> biomeccanici per<br />
poter stabilire, me<strong>di</strong>ante un calcolo <strong>di</strong> micromovimenti<br />
dell’interfaccia stelo-osso, quando si raggiunge la massima<br />
stabilità con l’utilizzo della raspa; la soglia ottenuta<br />
sarebbe quella, oltre la quale si avrebbe la “frattura del<br />
femore” 2 3 . Stu<strong>di</strong> in vitro ed in vivo (misurazione intraoperatoria<br />
della stabilità della raspa, me<strong>di</strong>ante targets<br />
points sul femore, quando sono applicati carichi torsionali)<br />
<strong>di</strong>mostrano la possibilità <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re la stabilità dello<br />
stelo. Ciò consente <strong>di</strong> correggere la taglia dell’impianto<br />
definitivo ancor prima <strong>di</strong> iniziare la procedura del pressfitting.<br />
Pillar et al. nel 1986 4 <strong>di</strong>mostrano come la larga<br />
interfaccia stelo-osso con ampi micromovimenti, riduca la<br />
possibilità <strong>di</strong> osteointegrazione, causando la formazione<br />
<strong>di</strong> un tessuto fibroso nell’interfaccia osso-stelo. Engh nel<br />
1992 5 me<strong>di</strong>ante uno stu<strong>di</strong>o sulle “micromotion” stabilsce<br />
che per micromovimenti < 40 µm si ha osteointegrazione,<br />
mentre per soglie > 150 µm si ha interposizione <strong>di</strong> tessuto<br />
fibroso. Characholvenich et al. in uno stu<strong>di</strong>o comparativo<br />
in vitro su 15 paia <strong>di</strong> femori da cadavere mettono<br />
a confronto steli cementati e non cementati e me<strong>di</strong>ante<br />
“3D micromotion” <strong>di</strong>mostrano quanto sia importante la