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Vol.XXXVII, Suppl. 1 - Giornale Italiano di Ortopedia e Traumatologia

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s114<br />

Nel secondo intervento i condrociti coltivati vengono posizionati<br />

sulla lesione dopo averne cruentato i margini e<br />

il fondo, avendo cura <strong>di</strong> non intaccare l’osso subcondrale<br />

per evitare la fuoriuscita <strong>di</strong> midollo osseo con la conseguente<br />

formazione <strong>di</strong> tessuto fi brocartilagineo.<br />

Per il crescente interesse verso questa metodologia, nel<br />

corso degli anni sono state proposte varie mo<strong>di</strong>fi che ed<br />

aggiornamenti alla tecnica originale.<br />

ACI <strong>di</strong> prima generazione: La tecnica originale prevede<br />

l’impianto dei condrociti mantenuti nella sede <strong>di</strong> lesione<br />

da un patch periostale prelevato dalla porzione prossimome<strong>di</strong>ale<br />

della tibia del paziente e suturato sulla cartilagine<br />

sana circostante. Questa meto<strong>di</strong>ca è associata a <strong>di</strong>versi<br />

limiti quali l’incisione aggiuntiva per il prelievo periostale<br />

con il conseguente allungamento dei tempi operatori e le<br />

<strong>di</strong>mensioni inferiori delle lesioni potenzialmente trattabili.<br />

Inoltre una complicanza relativamente frequente è l’ipertrofi<br />

a periostale, che può raggiungere il 25% dei casi con<br />

la necessità <strong>di</strong> un ulteriore trattamento chirurgico 11 .<br />

ACI <strong>di</strong> seconda generazione: questa tecnica prevede l’utilizzo<br />

<strong>di</strong> membrane biodegradabili <strong>di</strong> collagene <strong>di</strong> tipo I/<br />

III, derivate da tessuto peritoneale porcino, al posto del<br />

periostio (collagen-covered ACI, CACI) 12 . I risultati clinici<br />

sono sostanzialmente sovrapponibili con le tecniche <strong>di</strong><br />

prima generazione ma con una minor incidenza <strong>di</strong> ipertrofi<br />

a.<br />

ACI <strong>di</strong> terza generazione: i condrociti vengono coltivati<br />

su matrici e scaffold tri<strong>di</strong>mensionali (matrix-induced ACI,<br />

MACI), o in gel iniettabili <strong>di</strong> fi brina 12 13 . Si tratta <strong>di</strong> una<br />

tecnica con tempi chirurgici ridotti, meno invasiva e con<br />

minore incidenza <strong>di</strong> complicanze post-operatorie 13 . La<br />

presenza degli scaffold permette inoltre <strong>di</strong> trattare lesioni<br />

condrali periferiche in assenza <strong>di</strong> un margine <strong>di</strong> cartilagine<br />

sana su cui fi ssare il periostio e le membrane usate<br />

nelle tecniche precedenti 14 .<br />

in<strong>di</strong>caZioni E controin<strong>di</strong>caZioni<br />

Per quanto riguarda il ginocchio, il paziente ideale per il<br />

trattamento con ACI presenta una lesione condrale a tutto<br />

spessore (III-IV sta<strong>di</strong>o secondo Outerbridge), sintomatica,<br />

<strong>di</strong> origine traumatica, circondata da tessuto cartilagineo<br />

sano in un ginocchio per il resto integro 9 . Eventuali lesioni<br />

associate non escludono l’ACI ma la presenza <strong>di</strong> un’insuffi<br />

cienza legamentosa, <strong>di</strong> un’alterazione dell’asse dell’arto<br />

inferiore o del tracking rotuleo vanno riconosciute e trattate<br />

contestualmente ai due tempi chirurgici per eliminare<br />

eventuali fattori pre<strong>di</strong>sponenti al fallimento dell’impianto.<br />

L’ACI è particolarmente in<strong>di</strong>cato come trattamento <strong>di</strong> seconda<br />

linea nelle lesioni <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni inferiori a 2 cm 2<br />

quando tecniche <strong>di</strong> stimolazione midollare come le microfratture<br />

hanno fallito. Per lesioni più ampie, comprese tra<br />

i 2 e i 10 cm 2 può essere utilizzato come trattamento <strong>di</strong><br />

prima linea 9 15 .<br />

a. causEro Et aL.<br />

La presenza <strong>di</strong> lesioni artrosiche <strong>di</strong>ffuse, <strong>di</strong> “kissing lesions”,<br />

l’artrite reumatoide e altre affezioni reumatologiche<br />

ne escludono invece l’utilizzo 9 . In uno stu<strong>di</strong>o osservazionale,<br />

Minas et al. hanno comunque rilevato come<br />

l’utilizzo <strong>di</strong> ACI in pazienti con iniziale artrosi permetta<br />

una riduzione clinicamente rilevante del dolore con un<br />

miglioramento della funzione, posticipando l’età per un<br />

eventuale intervento <strong>di</strong> sostituzione protesica 16 .<br />

La riaBiLitaZionE<br />

Il programma riabilitativo prevede una precoce mobilizzazione<br />

passiva dell’articolazione coinvolta, con un range<br />

articolare variabile a seconda del sito e della <strong>di</strong>mensione<br />

della lesione, con arto in scarico. Il carico completo<br />

viene generalmente concesso a 6 settimane con il ritorno<br />

all’attività lavorativa non prima delle 12 settimane. Per la<br />

ripresa dell’attività sportiva si va dai 6 mesi proposti da<br />

Dosin, ai 12 mesi <strong>di</strong> Bentley, fi no ai 16 mesi <strong>di</strong> Saris 17-19 .<br />

Si ipotizza comunque come il carico precoce sull’articolazione<br />

possa favorire la maturazione del tessuto cartilagineo<br />

evitando però le attività troppo intense ed i movimenti<br />

<strong>di</strong> torsione 1 .<br />

I tempi del programma riabilitativo rispecchiano quelli<br />

della maturazione dell’impianto: la prima fase <strong>di</strong> proliferazione<br />

cellulare avviene durante le prime 6 settimane <strong>di</strong><br />

carico parziale e progressivo; la fase <strong>di</strong> transizione con<br />

la maturazione della matrice extracellulare si realizza nei<br />

successivi 4-6 mesi; infi ne la fase <strong>di</strong> rimodellamento inizia<br />

dopo 6 mesi dall’intervento ma prosegue per 6-12 mesi,<br />

dopo i quali il paziente può riprendere le normali attività.<br />

I tempi <strong>di</strong> recupero variano a seconda dell’età dei pazienti,<br />

delle <strong>di</strong>mensioni e della localizzazione della lesione:<br />

ad esempio in una lesione della cartilagine femoro-rotulea<br />

il carico può essere concesso precocemente, mantenendo<br />

però l’arto esteso per le prime 6 settimane 10 .<br />

risuLtati<br />

In letteratura esistono <strong>di</strong>versi stu<strong>di</strong> osservazionali sull’ACI,<br />

ormai con follow-up signifi cativi.<br />

Il primo lavoro <strong>di</strong> Brittberg presentava risultati buoni ed<br />

eccellenti nell’87,5% pazienti trattati con ACI per lesioni<br />

del con<strong>di</strong>lo femorale a 2 anni contro il 28,6% dei casi<br />

trattati per lesioni rotulee a 36 mesi 8 .<br />

In pazienti con elevate richieste funzionali, Mithofer nel<br />

2005 ha confermato risultati buoni ed eccellenti con un<br />

follow-up me<strong>di</strong>o <strong>di</strong> 41 mesi nel 72% dei casi, che aumentano<br />

fi no all’85% se si considerano solo i pazienti con<br />

lesioni isolate 20 .<br />

Risultati sovrapponibili sono stati ottenuti da Rosenberger<br />

nel 2008, considerando però pazienti con più <strong>di</strong> 45 anni<br />

d’età 21 .<br />

Nel 2009 Zaslav ha pubblicato uno stu<strong>di</strong>o <strong>di</strong> coorte con i<br />

risultati dell’utilizzo <strong>di</strong> ACI dopo il fallimento <strong>di</strong> altri inter-

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