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Il Lapidario di Sankt Florian - Università degli Studi di Milano

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<strong>Il</strong> <strong>Lapidario</strong> <strong>di</strong> <strong>Sankt</strong> <strong>Florian</strong><br />

con pronuncia interme<strong>di</strong>a o occlusiva se la recitazione del testo avveniva<br />

in ambiente colto dove si evitavano le coloriture <strong>di</strong>alettali. 19<br />

Nell’ambito delle dentali i due co<strong>di</strong>ci presentano la regolare grafia<br />

per mat. /d/ e per mat. /t/ in tutte le posizioni (dreierlaÿ, tragen,<br />

wider, finden, laẅten, behalten, chrafft, praÿt, chlaid, pald, ecc.). Sono<br />

da notare alcune varianti: all’inizio <strong>di</strong> parola l’unica eccezione nella rappresentazione<br />

<strong>di</strong> mat. /d/ è un caso <strong>di</strong> sia in B che in F, toner (v. B<br />

500) e tanchen (v. F 50), mentre per mat. /t/ l’unica eccezione è un caso<br />

<strong>di</strong> (thewr, v. B 717; theur, v. F 708), 20 con<strong>di</strong>viso dai due testimoni<br />

nello stesso verso. Questo particolare <strong>di</strong>fficilmente può essere considerato<br />

una coincidenza, e può essere utile nella valutazione della tra<strong>di</strong>zione<br />

manoscritta. 21 All’interno <strong>di</strong> parola la variante più frequente in entrambi i<br />

co<strong>di</strong>ci per l’occlusiva sorda è la grafia , che rappresenta regolarmente<br />

mat. /tt/ dopo vocale breve (wetter, ettleich), ma anche mat. /t/<br />

dopo vocale lunga o <strong>di</strong>ttongo (wüetten, lawtter, chräwtter, totten, ecc.),<br />

come avviene spesso nei testi del XV sec. 22 Nel cod. F l’occlusiva sorda<br />

può essere rappresentata anche da (solo tre volte: wordten, v. 140,<br />

wedter “tempo”, v. 392 e widthoppen, v. 718) e da (una volta: bedeẅtdet,<br />

v. 169). La stessa variante può rappresentare anche mat.<br />

/d/, una volta in B (veindten, v. 552), e cinque volte in F (per es. geredtſam,<br />

wedterwind “contro…”, e[r]dtreich). In fine <strong>di</strong> parola è interessante<br />

il modo <strong>di</strong> rappresentare l’indurimento <strong>di</strong> mat. /d/ > [t]. La grafia più<br />

comune sia in B che in F è (chindt, veindt, redt, landt, ecc.), ma si<br />

può incontrare anche , che in genere rappresenta mat. /t/ (es. lantt :<br />

bechantt, F 98-99). Le rime offrono un valido contributo alla determinazione<br />

del valore fonetico dei grafemi; in B, per esempio, le rime land :<br />

erchant (vv. 866-867) e chund : gruntt (vv. 413-414) <strong>di</strong>mostrano che<br />

l’indurimento /d/ > [t] può essere rappresentato anche dal segno (in<br />

questo co<strong>di</strong>ce tale grafia si incontra altrimenti solo nel termine monad,<br />

trascritto tutte e sei le volte con ); in F, invece, in cui l’indurimento<br />

è senza dubbio generalizzato, sono da considerare un ipercorrettismo le<br />

rime vnderſchaid : geſait (vv. 223-224) e geſtalt : maniguald (vv. 285-<br />

286), dove rappresenta mat. /t/ e sicuramente non riflette un inde-<br />

19 RW, p. 103.<br />

20 In F anche il termine thopaſius, che però è un prestito e non può essere valutato<br />

insieme all’altro caso.<br />

21 Cfr. commento al verso, p. 332.<br />

22 RW, p. 95.

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