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Il Lapidario di Sankt Florian - Università degli Studi di Milano

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24<br />

<strong>Il</strong> <strong>Lapidario</strong> <strong>di</strong> <strong>Sankt</strong> <strong>Florian</strong><br />

trovare in tutte le posizioni, si può trovare solo all’inizio e all’interno<br />

<strong>di</strong> parola, 43 e è usato solo in posizione iniziale (in B anche dopo il<br />

prefisso in verjehen, v. 811, e darjnn, riga 2). La semivocale /j/ compare<br />

sempre come in entrambi i co<strong>di</strong>ci (jar, jehen, junckfraw, ecc.),<br />

tranne in due casi in B, dove il suono è espresso da (iar, v. 830, e<br />

iagen, v. 623). In F la vocale /i/ può essere rappresentata, oltre che da<br />

, anche da , senza però che la <strong>di</strong>eresi svolga alcun ruolo <strong>di</strong>stintivo,<br />

anche se la si incontra principalmente prima e dopo (kïrſvarb, ïr,<br />

drïtt, wïrt, mïrren, ecc.). Gli altri tre casi, mït (v. 24), lïſt (v. 34) e wïll<br />

(v. 76), si trovano tutti nella parte iniziale del testo: potrebbe trattarsi <strong>di</strong><br />

un elemento decorativo che poi viene abbandonato nel corso della trascrizione.<br />

Sebbene l’area <strong>di</strong>alettale cui appartengono i due testimoni del lapidario<br />

sia esclusa dalla monottongazione, è opportuno prendere in considerazione<br />

in questo contesto anche il <strong>di</strong>ttongo mat. /ie/. Come mostrano<br />

oscillazioni quali hy ~ hÿe, wÿ ~ wie, dÿ ~ <strong>di</strong>e (in B), dÿ ~ dÿe e nÿmant<br />

~ nÿemant ~ niemant (in F), non vi è dubbio che il <strong>di</strong>ttongo /ie/ si sia<br />

conservato, anche se a volte lo troviamo trascritto , o quali<br />

varianti <strong>di</strong> , e . 44 La grafia “monottongata” sembra preferita<br />

nei monosillabi, soprattutto in B (ſy ~ ſÿ ~ ſi, dy ~ dÿ, hy e wÿ ~<br />

wi), mentre in F si trova solo in due pronomi (dÿ e ſÿ ~ ſi). Probabilmente<br />

in origine il simbolo grafico doveva essere una con soprascritta,<br />

lettera <strong>di</strong> <strong>di</strong>mensioni molto ridotte che poi si è evoluta in <strong>di</strong>eresi,<br />

a volte omessa dal copista, che ha portato al grafema e . 45<br />

Questo potrebbe essere il caso delle varianti <strong>di</strong> niemant sopra menzionate,<br />

mentre i numerosi casi <strong>di</strong> e nei monosillabi sono evidentemente<br />

un’usanza grafica con<strong>di</strong>visa dai due copisti. La rima ſaphir :<br />

gier (B 393-394) potrebbe essere in<strong>di</strong>cativa <strong>di</strong> monottongazione, ma è<br />

più probabile che si tratti <strong>di</strong> una rima etimologicamente imperfetta che<br />

riflette la stessa pronuncia vocalizzata della vibrante finale in entrambi i<br />

termini. 46 Allo stesso modo, liecht rima con nicht (B 537-538 e F 447-<br />

448), phlicht (B 856-857) e ge<strong>di</strong>cht (F 762-763), dove la /i/ è seguita dal<br />

nesso /h/ + /t/, che richiede un suono vocalico <strong>di</strong> passaggio, tanto che la<br />

43 L’unica eccezione è nel <strong>di</strong>ttongo finale in ërcznei (B 633).<br />

44 In F varia con anche nelle grafie del <strong>di</strong>ttongo in tïr (vv. 12 e 690) e dïe<br />

(v. 29).<br />

45 Cfr. Wiesinger (1971), p. 382, dove si parla del grafema . L’evoluzione <strong>di</strong><br />

è senz’altro analoga.<br />

46 Wiesinger (1992), p. 369.

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