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Il Lapidario di Sankt Florian - Università degli Studi di Milano

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Commento all’e<strong>di</strong>zione<br />

l’avverbio che in F 245 compare come nÿmer. Secondo la tra<strong>di</strong>zione,<br />

infatti, l’onice <strong>di</strong>sturba il sonno e suscita ira (cfr. Marbodo, e<strong>di</strong>zione<br />

Migne, col. 1746: in somno lemures et tristia cuncta figurat. Multiplicat<br />

lites […]), quin<strong>di</strong> è più corretto affermare che chi porta questa pietra<br />

“non può mai essere felice”. Non è da escludere tuttavia che l’estensore<br />

abbia volontariamente tolto l’avverbio per non dare un’impressione<br />

troppo negativa della pietra, quin<strong>di</strong> il verso viene conservato nella versione<br />

trasmessa.<br />

pp. 146-147.<br />

v. B 340 / F 248. Questo verso pone dei problemi <strong>di</strong> interpretazione a<br />

causa del termine wederwind (in B, nel ms. weder wind) e an wederwint<br />

(in F, nel ms. wedenwint). La prima parte del composto è da intendere<br />

come weder anche in F, dove potrebbe essersi verificato un errore <strong>di</strong><br />

lettura, a causa della somiglianza delle lettere r e n. In entrambi i testimoni<br />

abbiamo la variante weder con abbassamento, fenomeno non<br />

tipico del bavarese, che nel testo è presente solo una volta in B (prengt,<br />

v. 586): la presenza nei due co<strong>di</strong>ci <strong>di</strong> questa particolarità nello stesso<br />

termine e nello stesso verso potrebbe essere un in<strong>di</strong>zio della loro comune<br />

<strong>di</strong>scendenza da un antigrafo proveniente eventualmente dall’area<br />

sveva o tedesca centrale, dove il fenomeno è più <strong>di</strong>ffuso (RW, p. 70).<br />

Nel caso <strong>di</strong> B i due elementi del composto, staccati nel ms., devono essere<br />

uniti, altrimenti l’espressione weder wind significherebbe “contro<br />

vento” e non sarebbe appropriata al contesto. <strong>Il</strong> termine wind potrebbe<br />

anche essere una variante <strong>di</strong> mat. winne, “dolore” (Lexer III, 910): in<br />

questo caso l’espressione sarebbe accettabile e il verso potrebbe essere<br />

tradotto come “questo deve salivare contro il dolore”. Alcune fonti latine<br />

me<strong>di</strong>evali trattano <strong>di</strong> questo potere dell’onice, per esempio Tommaso<br />

<strong>di</strong> Cantimpré (cfr. e<strong>di</strong>zione, p. 366: et infantibus ad colla suspensus<br />

salivas auget) e Marbodo (e<strong>di</strong>zione Migne, col. 1746: <strong>di</strong>gitur et pueris<br />

nimias augere salivas). Per rimanere fedeli alla tra<strong>di</strong>zione, sembra<br />

più appropriato tradurre il v. B 340 con “in modo sgradevole”, che traduce<br />

wederwind, inteso come avverbio dell’aggettivo wederwinne “ripugnante”,<br />

“sgradevole”, ecc. (Lexer III, 873); nel v. F 248, invece, l’espressione<br />

trasmessa è an wederwint, quin<strong>di</strong> il termine può essere inte-<br />

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