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Il Lapidario di Sankt Florian - Università degli Studi di Milano

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Commento all’e<strong>di</strong>zione<br />

turale suscitato dalla pietra è analogo a quello descritto in relazione al<br />

berillo (cfr. pp. 132-133). Nella strofa sul berillo, però, il termine era<br />

czünder, “fungo da esca”, che potrebbe essere considerato un sinonimo<br />

<strong>di</strong> feẅerſwamb in quanto anch’esso era utilizzato per accendere il<br />

fuoco. In questo caso viene tradotto feẅerſwamb con “fungo igniario”,<br />

per <strong>di</strong>fferenziarlo da czünder, reso con “tizzone”. Forse è solo una coincidenza,<br />

ma i tre riferimenti a un fungo presenti nel lapidario (l’altro<br />

è viſt, cfr. v. F 200, p. 135) si trovano soltanto in F: nei corrispondenti<br />

passi <strong>di</strong> B i versi mancano o sono tramandati in modo <strong>di</strong>verso.<br />

v. F 779. La forma verbale habt potrebbe corrispondere a hawt, infinito<br />

hawen, una variante <strong>di</strong> mat. haben (Lexer I, 1131), con il significato<br />

quin<strong>di</strong> <strong>di</strong> “avere”, “tenere”; oppure potebbe corrispondere al verbo<br />

mat. heben, attestato anche nella variante haben (Lexer I, 1199): in<br />

questo secondo caso il verbo dovrebbe essere tradotto con “solleva”,<br />

altrettanto accettabile nel contesto.<br />

pp. 300-301.<br />

v. B 885 / F 795. In questo verso si in<strong>di</strong>ca la ventinovesima ora quale<br />

momento favorevole alla magia con il celonite. Questo particolare sorprende<br />

poiché tale ora non esiste (o esiste in un computo non in<strong>di</strong>viduabile):<br />

potrebbe trattarsi della ventiquattresima ora del giorno, con<br />

un errore nella resa dei numeri romani (questo è ipotizzabile per B,<br />

dove xxviiii potrebbe stare per xxiiii, mentre in F la cifra è resa come<br />

xxix), oppure della nona ora canonica (in questo caso i due co<strong>di</strong>ci riportano<br />

due decine <strong>di</strong> troppo). In entrambi i casi i due testimoni trasmettono<br />

lo stesso errore, che è da considerare congiuntivo. Corrado <strong>di</strong><br />

Megenberg scrive: an dem abnemendes mônn an dem ahtundzwainzigistem<br />

tag […] (e<strong>di</strong>zione, p. 442); Alberto Magno afferma che la pietra<br />

permette <strong>di</strong> pre<strong>di</strong>re il futuro solo al primo giorno lunare, quando la<br />

luna inizia a crescere, e al ventinovesimo giorno, quando la luna è calata:<br />

et iterum cum est vigesima nona monoides in ultimo decrescens<br />

(e<strong>di</strong>zione Borgnet, p. 33). L’errore nel nostro lapidario consiste quin<strong>di</strong><br />

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