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Il Lapidario di Sankt Florian - Università degli Studi di Milano

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Introduzione<br />

il vv. B 113-118 con i corrispondenti vv. F 15-20 (le sillabe ritenute toniche<br />

sono in grassetto):<br />

chain gifft mag jm ſchaden nicht.<br />

Er wirt weis in aller phlicht.<br />

Sein geſicht wirt lautter vnd chlar;<br />

er vertreibt den durſt an var.<br />

Vnd wer jn peÿ jn trait,<br />

der iſt den laẅten lieb vnd gmait.<br />

chain gifft mag ÿm geſchaden nicht.<br />

Auch wïrt er weÿzz in aller phlicht.<br />

Sein geſicht wïrt ÿm lawtter vnd chlar;<br />

er vertreibt den dürſt an var.<br />

Darczü wer jn peÿ ÿm traitt,<br />

der iſt allen laẅten lieb vnd gemait.<br />

Analizzando questo e altri passi del lapidario, si nota che i versi iniziano<br />

per lo più con una sillaba atona: quin<strong>di</strong>, salvo irregolarità, il metro<br />

è <strong>di</strong> tipo giambico. I versi hanno prevalentemente tre accenti in B e quattro<br />

in F, anche se quest’ultimo mostra la tendenza ad aumentare il numero<br />

<strong>di</strong> sillabe. Infatti in F i versi si avvicinano alla prosa, mentre lo stile <strong>di</strong><br />

B è laconico, sottolineato anche dalla maggiore incidenza <strong>di</strong> sincope e<br />

apocope. Non sappiamo in che modo il componimento venisse recitato e<br />

quanto queste <strong>di</strong>fferenze fossero recepite dall’ascoltatore; né possiamo<br />

sapere quale delle due versioni si avvicini maggiormente all’originale:<br />

mentre in B lo stile scarno ed essenziale consente una lettura più ritmata<br />

e veloce del verso, lo stile prosastico <strong>di</strong> F appesantisce il ritmo, ma offre<br />

una versione del testo decisamente più comprensibile proprio perché le<br />

frasi sono completate con pronomi, congiunzioni ed altri elementi che<br />

rendono più esplicito il messaggio.<br />

La maggior parte delle rime è <strong>di</strong> tipo tronco (vv. B 40-49: ratt : hat,<br />

glas: hazz, vein : weÿn, ſeÿ : peÿ, trunkenhait : fröleichkait), e alcune <strong>di</strong><br />

queste sono grammaticali (iſt : liſt, vv. B 241-242; trait : geſaÿt, vv. B<br />

527-528); le rime piane sono invece solo <strong>di</strong> tipo grammaticale (vergëſſen :<br />

uermëſſen, vv. B 5-6; peſten : veſten, vv. B 38-39). Le vocali etimologicamente<br />

lunghe o brevi non sono <strong>di</strong>stinguibili graficamente; a causa<br />

<strong>degli</strong> effetti dell’allungamento, è probabile che ai tempi della redazione<br />

del lapidario una loro <strong>di</strong>fferenza non fosse più percepibile nemmeno foneticamente,<br />

come <strong>di</strong>mostrerebbero rime tra termini che in origine avevano<br />

una <strong>di</strong>versa quantità vocalica, come chlar : gar (B 221-222) o rott<br />

: gepott (F 555-556). Nell’ambito del vocalismo, i due testimoni del lapidario<br />

trasmettono rime imperfette come chün : ſchön (B 327-328);<br />

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