pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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GIAMBATTISTA MARINO (1569-1625)<br />
La vita. Giambattista Marino nasce a Napoli nel 1569.<br />
Intraprende gli stu<strong>di</strong> giuri<strong>di</strong>ci, che trascura per quelli<br />
letterari. Ciò lo mette in contrasto con il padre, che lo<br />
caccia <strong>di</strong> casa. Marino allora cerca la protezione presso<br />
<strong>di</strong>verse famiglie napoletane, finché nel 1596 entra<br />
al servizio <strong>di</strong> Matteo <strong>di</strong> Capua, principe <strong>di</strong> Conca. Nel<br />
1600 è incarcerato per aver prodotto in tribunale un<br />
documento falso a favore <strong>di</strong> un nobile accusato <strong>di</strong> omici<strong>di</strong>o.<br />
Si reca poi a Roma, dove frequenta i circoli<br />
letterari ed accademici. Qui è al servizio prima del<br />
monsignore Melchiorre Crescenzio, poi del car<strong>di</strong>nale<br />
Pietro Aldobran<strong>di</strong>ni, nipote <strong>di</strong> papa Clemente VII.<br />
Nel 1602 va a Venezia, per seguire la stampa delle<br />
Rime. Nel 1608 accompagna il car<strong>di</strong>nale a Torino.<br />
Qui riceve una onorificenza dal duca Carlo Emanuele<br />
<strong>di</strong> Savoia per un poemetto scritto in suo onore. Ciò<br />
provoca l’invi<strong>di</strong>a del poeta genovese Gaspare Murtola,<br />
che tenta <strong>di</strong> ucciderlo. Nel 1610 Marino si trasferisce<br />
a Torino. Ha un’altra <strong>di</strong>savventura, perché viene<br />
incarcerato per un anno a causa <strong>di</strong> versi ritenuti ingiuriosi<br />
nei confronti del duca. Uscito <strong>di</strong> prigione, egli<br />
ritorna a lavorare all’Adone e pubblica la Lira<br />
(1614). Nel 1615 abbandona Torino e va a Parigi alla<br />
corte <strong>di</strong> Maria de’ Me<strong>di</strong>ci. Qui resta fino al 1623. A<br />
Parigi riprende l’Adone, che pubblica nel 1623, lavora<br />
alla Galleria (1620), alla Sampogna (1620) e al poemetto<br />
biblico La strage degli innocenti, pubblicato<br />
postumo (1632). Nel 1623 rientra in Italia, prima a<br />
Roma, poi a Napoli, dove è accolto trionfalmente. Qui<br />
muore nel 1625.<br />
Le opere. Marino scrive la Lira (1614), una raccolta<br />
<strong>di</strong> poesie, la Galleria (1620), che descrive opere<br />
d’arte reali ed immaginarie, la Sampogna (1620), che<br />
raccoglie favole boscherecce e i<strong>di</strong>lli pastorali, La<br />
strage degli innocenti (1632, postuma), <strong>di</strong> argomento<br />
religioso, e l’Adone (1623), la sua opera maggiore.<br />
La poetica. Marino è il maggiore esponente del Barocco<br />
italiano. Egli rappresenta in modo para<strong>di</strong>gmatico<br />
il poeta barocco, le sue tensioni e la sua ansia <strong>di</strong><br />
nuovo: vive a corte, cerca onori e gloria, e li ottiene,<br />
ma conosce anche il carcere. È un professionista della<br />
penna, che usa per <strong>di</strong>letto del suo nobile pubblico. Egli<br />
perciò è attentissimo alle reazioni del suo pubblico<br />
e dei suoi committenti, perché soltanto se sod<strong>di</strong>sfa i<br />
loro desideri può avere successo e ricchezza. Nella<br />
Murtoleide (1608) fornisce la definizione più efficace<br />
<strong>di</strong> poesia barocca:<br />
È del poeta il fin la meraviglia<br />
(Parlo dell’eccellente e non del goffo):<br />
Chi non sa far stupir vada alla striglia.<br />
Nessun genere letterario sfugge al suo interesse ed in<br />
tutti si cimenta, riuscendo a trasformare e a dare nuova<br />
vita poetica a tutto ciò che tocca. Le immagini sono<br />
nuove, vivaci e sfarzose; sono costruite con abilità<br />
Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 103<br />
e imme<strong>di</strong>atezza sino all’invenzione finale: il potere<br />
magico della parola trasforma e vivifica l’insignificanza<br />
della materia.<br />
Marino è consapevole della novità della sua poesia:<br />
“Io pretendo <strong>di</strong> saper le regole più che non sanno tutti<br />
i pedanti insieme; ma la vera regola è saper rompere<br />
le regole a tempo e luogo, accomodandosi al costume<br />
corrente e al gusto del secolo”.<br />
La sua poesia è stata considerata superficiale, tutta tesa<br />
a stupire con le metafore e con la battuta finale. Si<br />
può affermare ciò soltanto se si applicano criteri <strong>di</strong><br />
valutazione non barocchi (come l’eleganza e<br />
l’armonia del petrarchismo, l’impegno morale e civile<br />
ecc.), cioè proprio quei criteri artistici che Marino e il<br />
Barocco contestano. Egli invece – ma ciò vale per ogni<br />
autore – va misurato con le sue intenzioni poetiche,<br />
va inserito nel suo contesto storico, quello illiberale<br />
della Controriforma, e va collegato con il suo<br />
pubblico, fatto <strong>di</strong> nobili, interessati all’intrattenimento<br />
e all’evasione.<br />
Le Rime (1602) contengono alcuni sonetti, le cui metafore<br />
fanno testo per tutto il Seicento.<br />
Donna che si pettina<br />
Onde dorate (e le onde erano capelli) un giorno Una<br />
navicella d’avorio (=un pettine) fendeva; Una mano,<br />
pure d’avorio, la conduceva Attraverso quei meandri<br />
preziosi;<br />
E, mentre <strong>di</strong>videva con un solco drittissimo I flutti<br />
tremolanti e belli, Il <strong>di</strong>o Amore coglieva l’oro dei fili<br />
spezzati, Per fare con essi catene ai ribelli (=a chi non<br />
si innamorava).<br />
Per il mare dorato, che increspandosi apriva Il suo<br />
tempestoso tesoro biondo, Il mio cuore agitato se ne<br />
andava a morire.<br />
È prezioso il naufragio, in cui io muoio sommerso,<br />
Poiché, nella mia tempesta, Lo scoglio (=la fronte della<br />
donna) è <strong>di</strong> <strong>di</strong>amante ed il golfo (=i capelli) è<br />
d’oro!<br />
Commento<br />
1. Tutto il sonetto è costruito intorno alla metafora<br />
capelli-mare, che genera subito l’altra metafora pettine-navicella.<br />
Il sonetto si sviluppa abilmente e senza<br />
forzature sino alla fine quando, come <strong>di</strong> consueto, esplode<br />
l’invenzione ingegnosa: un gra<strong>di</strong>to naufragio<br />
tra i capelli-onde a causa dello scoglio-fronte.<br />
2. Con grande abilità e con grande originalità Marino<br />
riprende un tema tra<strong>di</strong>zionale della poesia amorosa: il<br />
poeta s’innamora e muore d’amore davanti alla bellezza<br />
(o ai capelli bion<strong>di</strong>) della sua donna.<br />
Per la sua donna, che avea spiegate le sue chiome al<br />
sole<br />
All’aria i capelli (che han tolto ogni valore all’oro) Il<br />
mio bel sole (=la mia donna), alzandosi dal suo letto,<br />
Aveva sciolto dai suoi bion<strong>di</strong> volumi (=essi erano sta-