pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
Create successful ePaper yourself
Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.
arte, li tese meglio e li inondò con sangue scorrevolissimo!<br />
Voi sentiste l’ignota sollecitazione del motore<br />
celeste (=il Piacere); in voi ben presto sorsero le voglie,<br />
nacque il desiderio. Voi per primi scopriste il<br />
buono, il meglio; e con impeto dolcissimo correste a<br />
possederli. Allora il sesso femminile, che prima era<br />
necessario soltanto alla procreazione, ottenne il nome<br />
<strong>di</strong> amabile e <strong>di</strong> bello. Al giu<strong>di</strong>zio <strong>di</strong> Paride voi deste il<br />
primo esempio: tra i volti femminili s’imparò a <strong>di</strong>stinguere;<br />
e voi sentiste per primi il fascino della bellezza.<br />
A voi tra mille sapori furono noti (=imparaste a<br />
riconoscere) i più soavi: allora il vino fu preferito<br />
all’acqua: e si scelse il vino prodotto dalle viti più<br />
riarse e più esposte al sole, cresciute nei terreni più<br />
elevati e dal suolo più ricco <strong>di</strong> zolfo. Così l’uomo si<br />
<strong>di</strong>vise: il signore fu <strong>di</strong>stinto dagli uomini volgari, nel<br />
seno dei quali languirono troppo gli organi ottusi, incapaci<br />
<strong>di</strong> reagire sotto i dolci colpi della buona stagione<br />
(=quella iniziata con l’arrivo del Piacere), dai<br />
quali essi furono toccati: quasi buoi, curvati ancora al<br />
suolo, andarono avanti (=continuarono a vivere) sospinti<br />
dal pungolo del bisogno; e, nati a vivere tra la<br />
servitù e l’avvilimento, la fatica e la miseria, ebbero il<br />
nome <strong>di</strong> Plebe. Ora tu, o Signore, che racchiu<strong>di</strong> sangue<br />
filtrato da mille reni illustri, poiché in altri tempi<br />
l’arte (=l’astuzia), la violenza o la fortuna resero<br />
gran<strong>di</strong> i loro tesori <strong>di</strong>visi, gioìsci della raffinata sensibilità,<br />
che gli dei ti hanno concesso; ed ora l’umile<br />
volgo, che intanto ha avuto in dono la laboriosità,<br />
somministri a te i tuoi piaceri, poiché è nato per recarli<br />
sulla mensa reale, non per gioirne.<br />
Riassunto. Forse non è vero, ma è fama che un giorno<br />
gli uomini fossero tutti uguali: bevevano allo stesso<br />
ruscello, si nutrivano degli stessi frutti e si rifugiavano<br />
nella stessa grotta, e, spinti dagli stessi bisogni,<br />
non conoscevano la possibilità <strong>di</strong> scegliere. Avevano<br />
una sola preoccupazione, fuggire il dolore. Stanchi <strong>di</strong><br />
questa vita monotona, gli dei inviarono sulla Terra il<br />
<strong>di</strong>o Piacere. La Terra fu sconvolta fin nelle sue viscere<br />
all’arrivo del <strong>di</strong>o. A questo punto l’umanità si <strong>di</strong>vise.<br />
I progenitori del giovin signore, a cui gli dei avevano<br />
dato gli organi più sensibili, percepirono le <strong>di</strong>fferenze,<br />
e impararono a <strong>di</strong>stinguere il buono dal cattivo,<br />
il bello dal brutto, il vino dall’acqua, e si impadronirono<br />
del buono e del bello. I progenitori della<br />
plebe invece a causa dei loro organi meno sensibili<br />
non furono capaci <strong>di</strong> cogliere le <strong>di</strong>fferenze, e come<br />
animali continuarono a vivere la vita <strong>di</strong> prima. Perciò<br />
è giusto che essi abbiano ricevuto in dono la laboriosità<br />
e rechino sulla mensa altrui i beni che hanno prodotto.<br />
Commento<br />
1. L’episo<strong>di</strong>o fonde cultura classica e grazia arca<strong>di</strong>ca<br />
e neoclassica, sensismo illuministico e, ancora, culto<br />
classicheggiante della bellezza. La grazia e la sensualità<br />
del passo contrastano con le espressioni dure con<br />
cui viene descritta la sorte infelice del popolo, destinato<br />
a servire ai nobili quei beni che produce con il<br />
suo sudore. Parini però non va oltre questa condanna,<br />
Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 121<br />
per <strong>di</strong>re al popolo <strong>di</strong> ribellarsi, <strong>di</strong> far valere i suoi <strong>di</strong>ritti.<br />
E neanche per dare al popolo gli strumenti, come<br />
l’istruzione e un minimo <strong>di</strong> cultura, che lo facciano<br />
uscire dalla sua con<strong>di</strong>zione <strong>di</strong> impotenza nei confronti<br />
dell’aristocrazia. Parini insomma vorrebbe fare le riforme,<br />
ma senza cambiare nulla: la nobiltà deve recuperare<br />
il suo antico ruolo sociale <strong>di</strong> garante dell’or<strong>di</strong>ne<br />
e dovrebbe evitare i comportamenti antipopolari<br />
più o<strong>di</strong>osi; il popolo dovrebbe essere trattato con più<br />
umanità e dovrebbe continuare a fare i lavori e la vita<br />
<strong>di</strong> sempre. L’autore non parla nemmeno <strong>di</strong> una più<br />
equa <strong>di</strong>stribuzione delle ricchezze sociali e dei prodotti<br />
del lavoro, e preferisce rifugiarsi in un severo<br />
quanto inutile moralismo. Per <strong>di</strong> più, ignaro ed ostile<br />
alla scienza economica, non si accorge che il risparmio<br />
e i minori consumi dei nobili, che propone, si trasformano<br />
in un aumento <strong>di</strong> <strong>di</strong>soccupazione per il popolo,<br />
se non cambia la tipologia dei beni prodotti e se,<br />
contemporaneamente, non sorgono altre figure <strong>di</strong> consumatori.<br />
2. Parini immagina una favola, piena <strong>di</strong> grazia e <strong>di</strong><br />
sensualità, in cui i nobili giustificano le <strong>di</strong>fferenze sociali:<br />
esse sono state volute dagli dei e dalla natura,<br />
poiché la nobiltà ha organi più sensibili, capaci <strong>di</strong> cogliere<br />
le <strong>di</strong>fferenze e <strong>di</strong> apprezzare il meglio. La plebe<br />
invece ha organi rozzi, che le impe<strong>di</strong>scono <strong>di</strong> <strong>di</strong>stinguere<br />
e <strong>di</strong> scegliere. Le <strong>di</strong>fferenze tra le due classi<br />
non hanno quin<strong>di</strong> un’origine sociale, ma sono state<br />
stabilite dalla natura e dagli dei fin dalla notte dei<br />
tempi. Perciò è inutile sia voler cambiare le cose, sia<br />
voler dare il buono alla plebe.<br />
3. Preso dal fascino del <strong>di</strong>o Piacere, che scende sulla<br />
Terra con grazia e sensualità, Parini <strong>di</strong>mentica una<br />
volta tanto <strong>di</strong> fare la consueta ironia antiaristocratica.<br />
4. È opportuno confrontare le posizioni caute <strong>di</strong> Parini<br />
con quelle <strong>di</strong> Jean-Jacques Rousseau (1712-1778)<br />
(Discorso sull’origine e i fondamenti dell’ineguaglianza<br />
tra gli uomini, 1750; Contratto sociale,<br />
1762); con quelle <strong>di</strong> Adam Smith (1723-1790) (Ricerca<br />
sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni,<br />
1776); e con quelle, piene <strong>di</strong> fiducia e <strong>di</strong> ottimismo<br />
nella ragione, <strong>di</strong> Immanuel Kant (1724-1804)<br />
(Risposta alla domanda: che cos’è l’Illuminismo?,<br />
1784).<br />
Mezzogiorno: Pèra colui che primo osò la mano<br />
“[...] Perisca colui che per primo osò alzare la mano<br />
armata sull’innocente agnella e sul placido bue; il<br />
cuore crudele non gli piegarono né i teneri belati, né i<br />
pietosi muggiti, né le molli lingue che leccavano la<br />
mano <strong>di</strong> chi, ahimè, stringeva il loro destino.”<br />
Così egli parla, o Signore; e alle sue parole sorge intanto<br />
dagli occhi della tua dama una dolce lacrima,<br />
simile alle gocce tremule e brillanti che a primavera<br />
escono dai tralci della vite, internamente turbati al<br />
tiepido spirare delle prime brezze fecondatrici. Ora le<br />
ritorna in mente il giorno, ahi giorno crudele!, quando<br />
la sua cagnolina, alunna delle Grazie, giocando come<br />
fanno i cuccioli, con il dente can<strong>di</strong>do segnò appena il<br />
piede villano del servo: egli, temerario, la colpì con il