pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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(1492) e alle successive invasioni straniere. Il poeta<br />
non ha più la fiducia umanistica, secondo cui l’uomo<br />
è artefice del suo destino; non ha nemmeno la fiducia<br />
<strong>di</strong> Niccolò Machiavelli (1469-1527) nelle capacità<br />
umane (o almeno nella virtù del principe) <strong>di</strong> contrastare<br />
la fortuna. Non pensa però neanche a rifugiarsi<br />
nell’“utile particulare (=personale)”, come propone<br />
pessimisticamente Francesco Guicciar<strong>di</strong>ni (1483-<br />
1540).<br />
Per Ariosto la vita umana è dominata dal caso, dalle<br />
circostanze, dall’imprevisto, dal paradosso e dalle<br />
contrad<strong>di</strong>zioni; e, se ciò non bastasse, dalla pazzia<br />
umana. Franchi e mori si fanno la guerra, anziché cercare<br />
<strong>di</strong> convivere in pace. Ma tutti i maggiori guerrieri<br />
delle due parti sono pronti a <strong>di</strong>menticare la patria e la<br />
fede, per inseguire Angelica, che con la sua bellezza li<br />
affascina e che li respinge. A sua volta Angelica, che<br />
è regina del Catai, potrebbe scegliere chi vuole; ma<br />
preferisce farsi desiderare, farsi inseguire e rifiutarsi.<br />
Alla fine, <strong>di</strong>menticando i suoi doveri <strong>di</strong> regina per i<br />
suoi desideri <strong>di</strong> donna, sceglie un oscuro fante, Medoro,<br />
che trova ferito e che guarisce, perché soltanto con<br />
lui riesce a trovare la felicità. Orlando, il più valoroso<br />
dei pala<strong>di</strong>ni, è emotivamente fragile: impazzisce perché<br />
una donna – Angelica – lo ha respinto. E, mentre<br />
è in preda alla pazzia, incontra la donna senza riconoscerla;<br />
e con un pugno le ammazza il cavallo. Astolfo,<br />
il più saggio dei guerrieri cristiani, va sulla luna a recuperare<br />
il senno <strong>di</strong> Orlando, perché soltanto se ritorna<br />
assennato il pala<strong>di</strong>no può riprendere a combattere e<br />
portare alla vittoria l’esercito cristiano che sta subendo<br />
numerose sconfitte...<br />
Ariosto non condanna gli uomini, li giu<strong>di</strong>ca con indulgenza,<br />
perché essi sono tutti ugualmente dominati<br />
da forze irrazionali: chi perde il senno per le opere<br />
d’arte, chi per conquistare la fama, chi per arricchirsi<br />
con i commerci, chi per ingraziarsi con adulazioni i<br />
potenti. Insomma tutto il senno degli uomini è finito<br />
sulla luna, anche se essi pensano <strong>di</strong> averlo. La follia<br />
non risparmia nessuna classe sociale, né i potenti, né<br />
gli intellettuali, né i filosofi, né lo stesso poeta.<br />
Questa visione <strong>di</strong>sincantata della vita spiega la struttura<br />
del poema: un susseguirsi <strong>di</strong> avventure, in cui i<br />
personaggi si incontrano, si lasciano e si incontrano<br />
nuovamente, all’infinito. Il <strong>di</strong>sincanto porta alla comprensione<br />
indulgente dei comportamenti degli uomini,<br />
che l’autore però denuncia senza mezzi termini. La<br />
trama aggrega i “destini incrociati” dei personaggi<br />
intorno a tre gran<strong>di</strong> temi: a) la guerra che i cristiani<br />
ed i saraceni combattono sotto le mura <strong>di</strong> Parigi; b) la<br />
pazzia <strong>di</strong> Orlando, quando scopre che Angelica, che<br />
egli ama, gli ha preferito un oscuro fante, Medoro; ed<br />
infine c) il motivo encomiastico del matrimonio tra<br />
Bradamante e Ruggiero, da cui sarebbe derivata la casa<br />
d’Este.<br />
Argomento e de<strong>di</strong>ca (I, 1-4)<br />
1. Io canto le donne, i cavalieri, le battaglie, gli amori,<br />
le azioni cortesi, le imprese audaci, che si fecero al<br />
tempo in cui i Mori attraversarono lo stretto <strong>di</strong> Gibil-<br />
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terra, e in Francia fecero molti danni, seguendo l’ira e<br />
la furia giovanile del loro re Agramante, che si vantò<br />
<strong>di</strong> ven<strong>di</strong>care la morte del padre Troiano sopra re Carlo,<br />
imperatore romano. 2. Nel-lo stesso tempo su Orlando<br />
<strong>di</strong>rò cose che non sono mai state dette prima, né<br />
in prosa né in versi: per amore egli perse il senno e<br />
<strong>di</strong>venne matto, eppure prima era stimato un uomo<br />
molto saggio. [Le <strong>di</strong>rò] se dalla mia donna (che mi ha<br />
reso pazzo quasi come Orlando e che continuamente<br />
mi consuma il mio poco ingegno) me ne sarà lasciato<br />
quel tanto che basti a terminare quanto ho promesso.<br />
3. O generosa <strong>di</strong>scendenza <strong>di</strong> Ercole, o splendore ed<br />
ornamento del nostro secolo, vi piaccia, o Ippolito<br />
d’Este, gra<strong>di</strong>re ciò che vuole e che soltanto può darvi<br />
il vostro umile servitore. Posso pagare il mio debito<br />
con voi soltanto in parte, con le parole e con gli scritti.<br />
Né mi si può accusare che io vi <strong>di</strong>a poco, perché vi<br />
do tutto quello che vi posso dare. 4. Fra i più gran<strong>di</strong><br />
eroi che io mi preparo a nominare con lode, voi sentirete<br />
ricordare quel Ruggiero che fu capostipite <strong>di</strong> voi<br />
e dei vostri antenati. Vi farò ascoltare il suo grande<br />
valore e le sue famose imprese, se voi mi ascoltate e<br />
se i vostri gran<strong>di</strong> impegni lasciano un po’ <strong>di</strong> spazio,<br />
così che i miei versi trovino posto tra loro.<br />
Commento<br />
1. Ariosto con la sua ironia investe sia la trama, sia i<br />
personaggi, sia tutti gli ascoltatori (il car<strong>di</strong>nale Ippolito<br />
d’Este, la propria compagna Alessandra Benucci, la<br />
casa d’Este), sia se stesso. Il tono però è volutamente<br />
leggero e non gli fa ignorare né nascondere quegli aspetti<br />
drammatici della realtà che impongono la loro<br />
presenza contro i propri desideri, e che né l’ironia, né<br />
la volontà, né l’intelligenza riescono a rintuzzare, a<br />
piegare o a mascherare. Ciò vale in particolare per la<br />
follia, sia nelle sue forme inoffensive, sia nelle sue<br />
forme più pericolose. E l’uomo è circondato dalla<br />
pazzia, compie azioni sconsiderate e trova la pazzia<br />
anche dentro <strong>di</strong> sé. La corte e soltanto la corte sembra<br />
un’isola, per quanto precaria, che fornisca un po’ <strong>di</strong><br />
sicurezza in un mondo dominato dalle forze irrazionali<br />
della pazzia e della violenza. Uno spettro si aggira<br />
per il mondo... Qualche anno prima Erasmo da Rotterdam<br />
(1467-1536) scrive L’elogio della pazzia<br />
(1509), in cui celebra platonicamente lo spirito creatore<br />
della pazzia, che spezza i vincoli della tra<strong>di</strong>zione e<br />
della ragione; e critica sia la stoltezza, cioè il conformismo<br />
e la mancanza <strong>di</strong> spirito critico, sia la sapienza,<br />
cioè la ragione sicura e presuntuosa <strong>di</strong> sé degli<br />
stoici e la ragione intollerante dei teologi.<br />
2. Fin dalle prime ottave sono presenti i protagonisti<br />
del poema. Essi sono sia quelli immaginari – Orlando,<br />
Angelica, Rinaldo... –, sia quelli reali – gli ascoltatori,<br />
la casa d’Este, i cortigiani –. Ma la <strong>di</strong>visione tra gli<br />
uni e gli altri, tra “realtà” e “finzione”, è costantemente<br />
impercettibile, perché per il poeta tra il reale e<br />
l’immaginario non c’è contrapposizione: la “finzione”<br />
è la rete concettuale con cui il lettore può cogliere ed<br />
interpretare la realtà. Senza tale rete egli si trova <strong>di</strong>sarmato<br />
ed impotente. Chi accusa Ariosto <strong>di</strong> parlare<br />
<strong>di</strong> inesistenti cavalli che volano usa un concetto e-