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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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GIOSUE CARDUCCI (1835-1907)<br />

La vita. Giosue Carducci nasce a Val <strong>di</strong> Castello in<br />

Versilia. La famiglia, <strong>di</strong> idee giacobine e repubblicane,<br />

si trasferisce prima a Bolgheri (1839) in Maremma,<br />

poi a Firenze (1849). Qui egli frequenta le Scuole<br />

Pie dei Padri Scolopi. Nel 1853 entra nella Scuola<br />

Normale <strong>di</strong> Pisa e ne esce nel 1856 con la laurea in<br />

filosofia e filologia. Nel 1856 inizia la carriera <strong>di</strong> insegnate<br />

nel ginnasio <strong>di</strong> San Miniato; l’anno seguente<br />

non è confermato a causa delle sue idee anticlericali.<br />

Gli anni successivi sono <strong>di</strong>fficili: muore suicida il fratello<br />

Dante (1857), muore il padre (1858) ed il poeta<br />

deve pensare alla famiglia. Nel 1859 sposa Elvira<br />

Menicucci, che gli dà quattro figli. Nel 1860 viene<br />

nominato professore <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> all’Università<br />

<strong>di</strong> Bologna dal Ministro della Pubblica Istruzione<br />

Terenzio Mamiani. Egli svolge l’incarico con<br />

scrupolo fino al 1904, quando per motivi <strong>di</strong> salute è<br />

costretto a <strong>di</strong>mettersi. Nel 1870 gli muore la madre e<br />

il figlio <strong>di</strong> tre anni. L’anno successivo inizia una relazione<br />

con Carolina Cristofori Piva, che nelle sue poesie<br />

chiama Lina o Li<strong>di</strong>a. Nel 1863 pubblica l’Inno a<br />

Satana, che esprime con violenza le sue idee positivistiche<br />

ed anticlericali: Satana è interpretato come il<br />

simbolo della libertà e del progresso. Negli anni successivi<br />

pubblica Levia gravia (1868) e O<strong>di</strong> barbare<br />

(1877). È deluso dalla politica della Sinistra storica e,<br />

mentre la sua fama <strong>di</strong> poeta aumenta, si avvicina alla<br />

monarchia sabauda. Nel 1878 suscita scandalo e polemiche<br />

la sua ode celebrativa Alla regina d’Italia.<br />

Essa segna l’abbandono delle idee repubblicane e<br />

l’avvicinamento alla monarchia. Negli anni seguenti<br />

egli pubblica Giambi ed epò<strong>di</strong> (1882), Rime nuove<br />

(1887), quin<strong>di</strong> l’ultima stanca raccolta Rime e ritmi<br />

(1890). Nel 1904 per motivi <strong>di</strong> salute lascia l’incarico<br />

universitario, che, nonostante la sua opposizione, viene<br />

ricoperto da Giovanni Pascoli. Nel 1906 è insignito<br />

del Premio Nobel. Muore nel 1907.<br />

Le opere. Carducci scrive Juvenilia (1861), l’Inno a<br />

Satana (1863), Levia gravia (1868), le O<strong>di</strong> barbare<br />

(1877, 1893), i Giambi ed epò<strong>di</strong> (1882), le Rime nuove<br />

(1887), le Rime e ritmi (1890).<br />

La poetica. Carducci né come poeta né come intellettuale<br />

può essere posto accanto ai gran<strong>di</strong> romantici <strong>di</strong><br />

primo Ottocento (Foscolo, Leopar<strong>di</strong>, Manzoni) o ai<br />

poeti decadenti <strong>di</strong> fine secolo (Pascoli, D’Annunzio):<br />

i suoi ideali sono ideali letterari, che non fuoriescono<br />

dall’ambito universitario in cui egli vive, per <strong>di</strong>ventare<br />

ideali civili, capaci d’intervenire sulla realtà politica<br />

e sociale, come avevano saputo fare umanisti e romantici.<br />

Egli è però un autore importante perché per<br />

oltre 40 anni (1863-1907) costituisce il punto <strong>di</strong> riferimento<br />

della poesia <strong>italiana</strong> e l’espressione più completa<br />

della cultura ufficiale e della classe <strong>di</strong>rigente<br />

borghese. Il suo ritorno inoffensivo alla cultura e al<br />

mito della Roma classica <strong>di</strong>venta un comodo alibi per<br />

nascondere con parole e immagini retoriche la miseria<br />

160<br />

morale e politica, l’apatia, la sottomissione al potere<br />

politico e l’evasione degli intellettuali dai problemi<br />

del presente. Questo recupero retorico del passato<br />

permette <strong>di</strong> evitare <strong>di</strong> affrontare i problemi, meno eroici<br />

ma più concreti, che nel presente pesano sulle<br />

classi popolari: nel 1861 il 78% della popolazione <strong>italiana</strong><br />

è analfabeta; e su 25 milioni soltanto 600.000<br />

persone sono in grado <strong>di</strong> esprimersi in italiano. Il culto<br />

della romanità viene ere<strong>di</strong>tato ed enfatizzato dal<br />

Fascismo (1922-45). Ben <strong>di</strong>verso era stato l’impegno<br />

linguistico, politico, sociale ed intellettuale <strong>di</strong> Manzoni<br />

e degli altri romantici del primo Ottocento. E ben<br />

<strong>di</strong>versa forza innovativa aveva avuto nel passato, con<br />

Dante, Petrarca e gli umanisti, la ripresa della cultura<br />

antica.<br />

I motivi della sua poesia si possono così semplificare:<br />

a) l’ideale <strong>di</strong> uomo virile desunto dal mondo romano;<br />

b) l’ideale <strong>di</strong> democrazia <strong>di</strong>retta, derivato dai liberi<br />

comuni me<strong>di</strong>oevali; c) l’ideale <strong>di</strong> scienza e <strong>di</strong> progresso,<br />

desunto dal mondo contemporaneo.<br />

Dopo la Roma degli imperatori e dei papi, doveva<br />

sorgere una terza Roma, che doveva in<strong>di</strong>care all’umanità<br />

l’ideale della scienza e del progresso. Accanto<br />

a questi temi Carducci canta motivi autobiografici ed<br />

occasionali.<br />

Per tutta la vita egli cerca <strong>di</strong> rinnovare la metrica <strong>italiana</strong>,<br />

adattando ad essa la metrica greca e latina. Ciò<br />

risulta dai titoli della maggior parte delle sue opere.<br />

Risultati molto più persuasivi sono però ottenuti poco<br />

dopo da D’Annunzio e soprattutto da Pascoli. Contemporaneamente<br />

usa un linguaggio elevato e pieno<br />

<strong>di</strong> parole ormai abbandonate, che con il loro carattere<br />

aulico dovrebbero rendere più elevata la poesia. Anche<br />

in questo caso risultati molto più significativi sono<br />

ottenuti da Pascoli e da D’Annunzio.<br />

Egli è comunque il poeta che, grazie all’incarico universitario<br />

e alla conversione politica da idee repubblicane<br />

all’appoggio della monarchia, riesce a con<strong>di</strong>zionare<br />

e a formare generazioni <strong>di</strong> studenti e <strong>di</strong> intellettuali<br />

al culto delle lettere e e al culto <strong>di</strong> retorici ideali<br />

civili.<br />

Le Rime nuove (1887) costituiscono la più ampia raccolta<br />

carducciana e contengono alcune delle poesie<br />

più note.<br />

San Martino (1883)<br />

La nebbia sale sulle colline irte [per le cime degli alberi],<br />

Mentre pioviggina, E sotto il vento <strong>di</strong> maestrale<br />

Il mare urla e biancheggia;<br />

Ma per le vie del borgo Dal ribollir dei tini L’aspro<br />

odore del vino [nuovo] va A rallegrare gli animi.<br />

Lo spiedo gira sopra I ceppi accesi scoppiettando; Il<br />

cacciatore fischiando sta Sulla porta <strong>di</strong> casa a guardare<br />

Tra le nuvole rossastre [del tramonto] Stormi <strong>di</strong> uccelli<br />

neri Che come pensieri desiderosi <strong>di</strong> partire Migrano<br />

nella sera.

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