pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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forma <strong>di</strong> no<strong>di</strong> d’oro e <strong>di</strong> ceppi <strong>di</strong> gemme. Vi erano artigli<br />
<strong>di</strong> aquile, che furono (come seppi poi) l’autorità<br />
che i signori danno ai loro ministri. I mantici pieni <strong>di</strong><br />
vento, che riempiono i pen<strong>di</strong>i della montagna, sono<br />
gli onori ed i favori che i principi concedono per breve<br />
tempo ai loro favoriti e che poi se ne vanno con la<br />
giovinezza [dei favoriti]. 79. Rovine <strong>di</strong> città e <strong>di</strong> castelli<br />
stavano qui sottosopra insieme con gran<strong>di</strong> tesori.<br />
Astolfo domanda, e sa che sono trattati politici e quelle<br />
congiure che così male restano nascoste. Vide serpenti<br />
con il viso <strong>di</strong> fanciulla, [erano] l’opera dei coniatori<br />
<strong>di</strong> monete false e dei ladri. Poi vide bottiglie<br />
rotte [e perciò buttate via] <strong>di</strong> più tipi, che erano il servizio<br />
svolto dai cortigiani nelle misere corti. 80. Vede<br />
una gran quantità <strong>di</strong> minestre versate e domanda al<br />
suo dottore che cosa sono. “È l’elemosina” <strong>di</strong>ce, “che<br />
si fa fare quando ormai si è morti.” Passa vicino ad un<br />
gran monte <strong>di</strong> fiori <strong>di</strong>versi, che ebbe un buon odore e<br />
che ora puzza fortemente. Questo era il dono (se ci è<br />
lecito <strong>di</strong>rlo) che l’imperatore Costantino fece a papa<br />
Silvestro. 81. Vide un gran numero <strong>di</strong> panie ricoperte<br />
<strong>di</strong> vischio: erano, o donne, le bellezze vostre. Sarà<br />
lungo, se io <strong>di</strong>co in versi tutte le cose che qui gli furono<br />
mostrate, perché dopo mille e mille anni non ho<br />
ancora finito [<strong>di</strong> elencarle], e ci sono tutte le cose <strong>di</strong><br />
cui abbiamo bisogno. Soltanto la pazzia non è presente,<br />
né in piccola né in grande quantità: essa sta tutta<br />
quaggiù [sulla terra] e non se ne allontana mai. 82.<br />
Qui Astolfo si accorse <strong>di</strong> alcuni giorni e <strong>di</strong> alcuni fatti<br />
suoi, che aveva perduto e che a causa delle loro forme<br />
strane non avrebbe visto, se non gliele avesse in<strong>di</strong>cate<br />
la sua guida. Poi giunse a quel, che pare a noi <strong>di</strong> avere<br />
così, che mai si fecero voti a Dio per esso (=per ottenerlo).<br />
Io <strong>di</strong>co il senno. E qui ce n’era un monte, che<br />
da solo era più grande <strong>di</strong> tutte le altre cose raccontate.<br />
83. Esso era come un liquido sottile e molle, facile da<br />
evaporare, se non si tiene ben chiuso, e si vedeva raccolto<br />
in <strong>di</strong>verse ampolle, chi più chi meno capienti,<br />
adatte a quello scopo. La più grande <strong>di</strong> tutte era quella<br />
in cui era versato il gran senno del folle signore <strong>di</strong><br />
Anglante (=Orlando) ed era <strong>di</strong>stinta dalle altre, perché<br />
fuori aveva scritto “Senno d’Orlando”. 84. Allo stesso<br />
modo tutte le altre ampolle avevano scritto il nome <strong>di</strong><br />
coloro, dei quali era stato il senno. Il duca (=Astolfo)<br />
vide gran parte del suo senno, ma molto più meravigliare<br />
lo fecero molti, che egli credeva che non ne avessero<br />
neanche un briciolo <strong>di</strong> meno e che qui davano<br />
chiaramente la notizia che ne tenevano poco, perché<br />
la maggior parte era in quel luogo. 85. Alcuni lo perdono<br />
in amore, altri negli onori, altri [lo perdono] in<br />
cerca <strong>di</strong> ricchezze percorrendo i mari, altri nelle speranze<br />
dei signori, altri [lo perdono] correndo <strong>di</strong>etro a<br />
magiche sciocchezze (=le scienze occulte), altri in<br />
gemme, altri [lo perdono] in opere <strong>di</strong> pittori ed altri in<br />
altro che apprezzano più <strong>di</strong> ogni altra cosa. Qui è raccolto<br />
molto senno <strong>di</strong> filosofi e <strong>di</strong> astrologi ed anche <strong>di</strong><br />
poeti. 86. Astolfo prese il suo, perché glielo permise<br />
l’autore dell’oscura Apocalisse. Egli si mise soltanto<br />
sotto il naso l’ampolla, in cui era, e pare che quello se<br />
ne sia andato al suo posto. Turpino (=un amico del<br />
pala<strong>di</strong>no) da quel momento in poi confermò che A-<br />
Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 77<br />
stolfo visse saggiamente per lungo tempo, ma che un<br />
errore, che fece poi, fu la causa che gli levò il cervello<br />
un’altra volta. 87. Astolfo prese l’ampolla più capiente<br />
e più piena, nella quale si trovava il senno, che doveva<br />
rendere saggio il conte Orlando. E non è così<br />
leggera, come stimò quando essa era nel mucchio con<br />
le altre.<br />
[Astolfo porta l’ampolla a Orlando, gliela fa annusare,<br />
ed il cervello, quasi per miracolo, torna al suo posto.<br />
Così Orlando può ritornare a combattere e rovesciare<br />
le sorti traballanti dell’esercito cristiano. Il poema si<br />
conclude con un duplice lieto fine: la vittoria dell’esercito<br />
cristiano su quello pagano; e il matrimonio <strong>di</strong><br />
Bradamante con Ruggiero (che intanto si è fatto cristiano).<br />
Le nozze possono essere veramente felici,<br />
perché non sono più minacciate dalla profezia, secondo<br />
cui egli sarebbe morto dopo la loro celebrazione.]<br />
Commento<br />
1. Astolfo è il più saggio dei pala<strong>di</strong>ni e va sulla luna a<br />
recuperare il cervello <strong>di</strong> Orlando, perché l’esercito<br />
cristiano ha bisogno del pala<strong>di</strong>no. Recuperare il senno<br />
per andare a combattere è indubbiamente un segno <strong>di</strong><br />
saggezza e <strong>di</strong> razionalità... Nell’episo<strong>di</strong>o il saggio Astolfo<br />
(ma anche lui in seguito riperde il cervello...)<br />
presenta, commenta e, in alcuni casi, condanna duramente<br />
le follie degli uomini. La condanna è dura e,<br />
una volta tanto, senza indulgenza per quanto riguarda<br />
la miseria morale delle corti, sia dei cortigiani, sia dei<br />
signori (eppure la corte per il poeta era il luogo ideale<br />
in cui vivere), le promesse, non mantenute, che si<br />
fanno a Dio quando si è morti, la donazione <strong>di</strong> Costantino...<br />
Sulla donazione <strong>di</strong> Costantino era intervenuto<br />
Dante, con versi <strong>di</strong> estrema durezza (If. XIX, 88-<br />
117), ma anche Lorenzo Valla (1405-1457), che nel<br />
1440 ne aveva <strong>di</strong>mostrato la falsità. I versi <strong>di</strong> questo<br />
episo<strong>di</strong>o sono gli unici in cui Ariosto condanna senza<br />
ironia e senza indulgenza fatti umani.<br />
2. Ariosto tratteggia la sua filosofia della follia: l’umanità<br />
– vuoi per un motivo, vuoi per un altro – è tutta<br />
pazza. Tanto vale essere indulgenti. Prima dell’indulgenza<br />
però c’è una capacità acutissima ed anche<br />
amara <strong>di</strong> vedere le cose, gli uomini, le spinte più profonde<br />
(e niente affatto nobili) delle loro azioni. Chissà,<br />
forse gli uomini trovano nella pazzia il senso della<br />
loro esistenza, che non hanno saputo trovare nella ragione.<br />
La descrizione della corte, che pure era il luogo<br />
ideale in cui vivere, è precisa, pacata e <strong>di</strong>sincantata.<br />
Ma la realtà, gli uomini non si possono cambiare.<br />
3. Il mondo poetico <strong>di</strong> Ariosto si può opportunamente<br />
confrontare con i valori e gli ideali, che emergono<br />
dalla Gerusalemme liberata <strong>di</strong> Tasso, che viene scritta<br />
e pubblicata qualche decennio dopo (1581). Ariosto<br />
ha una visione scettica e <strong>di</strong>sincantata della vita: gli<br />
uomini perdono il loro tempo in cose superficiali, per<br />
quanto volute e piacevoli; e devono fronteggiare quoti<strong>di</strong>anamente<br />
circostanze impreviste ed impreve<strong>di</strong>bili.<br />
Tasso crede intimamente nei valori sociali e religiosi<br />
che canta, e propone un poema incentrato sul motivo<br />
religioso – la liberazione del santo Sepolcro da parte