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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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solo con i suoi propositi, solo con la sua volontà, solo<br />

sul mare della vita. E capace <strong>di</strong> imporre la sua volontà<br />

su tutto e su tutti. Era nato un altro Eroe, l’eroe moderno:<br />

il superuomo.<br />

Commento<br />

1. Il poeta interpreta in termini <strong>di</strong> superuomo la figura<br />

classica <strong>di</strong> Ulisse, che nel corso dei secoli aveva avuto<br />

più letture (Omero, Dante, Foscolo, Pascoli e poi Saba).<br />

Nel superuomo c’è la presenza <strong>di</strong> F. Nietzsche<br />

(1844-1900) ma anche dell’in<strong>di</strong>viduo eccezionale, del<br />

genio, del primo Romanticismo.<br />

La sera fiesolana (1899)<br />

1. Le mie parole nella sera giungano a te (=una evanescente<br />

figura <strong>di</strong> donna) fresche come il fruscìo che<br />

fanno le foglie del gelso nella mano <strong>di</strong> colui che le<br />

coglie silenzioso e che ancora si attarda nel lavoro<br />

lento sull’alta scala che <strong>di</strong>venta nera contro il fusto<br />

che assume il colore dell’argento con i suoi rami privati<br />

delle foglie, mentre la Luna sta per apparire<br />

nell’orizzonte azzurrino e pare che davanti a sé <strong>di</strong>stenda<br />

un velo (=la rugiada), nel quale il nostro sogno<br />

si adagia, e pare che la campagna si senta già sommersa<br />

da lei nella frescura della notte e che da lei riceva<br />

la pace sperata senza vederla.<br />

2. Che tu sia lodata, o Sera, per il tuo viso can<strong>di</strong>do<br />

come la perla e per i tuoi gran<strong>di</strong> occhi bagnati, nei<br />

quali si ferma l’acqua che cade dal cielo!<br />

3. Le mie parole nella sera giungano a te dolci come<br />

la pioggia che cadeva tiepida e fuggente (ultimo saluto<br />

lacrimoso della primavera) sui gelsi, sugli olmi,<br />

sulle viti e sui pini dagli aghi novelli, che giocano con<br />

l’aria che si perde [in mezzo ad essi], sul grano che<br />

non è ancora maturo e non è verde, sul fieno che è<br />

stato tagliato dalla falce e che sta cambiando colore,<br />

sugli ulivi, sui fratelli ulivi, che [con il loro colore argentato]<br />

rendono i pen<strong>di</strong>i delle colline palli<strong>di</strong> e sorridenti.<br />

4. Che tu sia lodata, o Sera, per le tue vesti profumate,<br />

e per la cintura che ti circonda come il virgulto <strong>di</strong> salice<br />

circonda il fieno che profuma!<br />

5. Io ti <strong>di</strong>rò verso quali regni d’amore ci chiama il<br />

fiume (=l’Arno), le cui sorgenti eterne parlano (= gorgogliano)<br />

nel mistero sacro dei monti; e ti <strong>di</strong>rò per<br />

quale segreto le colline nell’orizzonte limpido s’incurvino<br />

come labbra che un <strong>di</strong>vieto faccia tacere, e<br />

perché la volontà <strong>di</strong> parlare le renda belle oltre ogni<br />

desiderio umano, e perché, pur nel loro silenzio, le<br />

renda capaci <strong>di</strong> sempre nuove consolazioni, così che<br />

pare che ogni sera l’anima le possa amare con un amore<br />

più forte.<br />

6. Che tu sia lodata, o Sera, per la tua morte fatta <strong>di</strong><br />

puri colori e per l’attesa [della notte] che in te fa palpitare<br />

le prime stelle.<br />

Riassunto. Il poeta si rivolge a una evanescente figura<br />

<strong>di</strong> donna: vuole che le sue parole le giungano fresche<br />

come la campagna quando scende la sera. Vuole che<br />

le sue parole le giungano dolci come la pioggia profumata<br />

che cadeva alla fine della primavera sui gelsi,<br />

182<br />

sui pini, sul grano e sul fieno. Infine le vuol <strong>di</strong>re verso<br />

quali regni d’amore li chiami il fiume, che ha le sue<br />

fonti nel mistero sacro della Natura; e perché le colline<br />

all’orizzonte sembrino labbra che per un <strong>di</strong>vieto<br />

restano silenziose e che spingono l’anima ad amarle<br />

d’un amore sempre più forte.<br />

Commento<br />

1. Il poeta nelle tre strofe si rivolge a una muta interlocutrice,<br />

nelle terzine si rivolge alla Sera, che è personificata.<br />

In tal modo riesce a intercalare le parole<br />

che rivolge alla donna e quelle che rivolge alla Sera.<br />

Lo svolgersi della sera però è presente nelle strofe anche<br />

come secondo termine <strong>di</strong> paragone.<br />

2. In tutta la poesia egli si abbandona al flusso incontrollato<br />

delle sensazioni (visive, u<strong>di</strong>tive e olfattive)<br />

provocate dal sopraggiungere della sera, e reagisce<br />

in<strong>di</strong>cando alla donna i regni d’amore, verso i quali il<br />

fiume li chiama, e il sacro mistero della Natura, che<br />

acquista sembianze umane. Nello stesso tempo il poeta<br />

e la donna si presentano non come esseri umani<br />

provvisti <strong>di</strong> una <strong>di</strong>mensione fisica e materiale, bensì<br />

come puri centri ricettivi delle sensazioni che giungono<br />

dalla Sera-Natura. Il poeta nega la sua umanità per<br />

riba<strong>di</strong>re la sua assoluta appartenenza alla Natura: la<br />

razionalità è negata a favore <strong>di</strong> un ritorno nel grembo<br />

della natura. In tal modo nega valore sia alla società<br />

sia alla morale.<br />

3. Come <strong>di</strong> consueto, il linguaggio adoperato è costituito<br />

da parole antiche e preziose, che il poeta riprende<br />

con esasperato gusto estetico. La poesia è poi una<br />

continua sinestesia (fresche... parole... come il fruscio),<br />

che fonde le sensazioni provenienti da due sensi<br />

<strong>di</strong>versi. Ci sono anche chiari riman<strong>di</strong> ad autori del<br />

passato. Ad esempio l’anafora Laudata sii rimanda al<br />

Cantico delle creature <strong>di</strong> Francesco d’Assisi. Il contesto<br />

però è completamente <strong>di</strong>verso: il Cantico delle<br />

creature canta Dio che ha dato agli uomini le creature;<br />

D’Annunzio celebra invece la parola, che è <strong>di</strong>vina,<br />

poiché fa essere e crea le cose. E ci sono anche riman<strong>di</strong><br />

alla tecnica petrarchesca <strong>di</strong> riempire i sonetti<br />

del Canzoniere con un’unica proposizione.<br />

4. La poesia va confrontata con lo stesso tema trattato<br />

da altri autori: Dante (If. II, 1-6; Pg. VIII, 1-6), Foscolo<br />

(Alla sera), Manzoni (I promessi sposi, VIII: La<br />

notte degli imbrogli), Leopar<strong>di</strong> (Il sabato del villaggio),<br />

Pascoli (La mia sera).<br />

La pioggia nel pineto (1902)<br />

1. Taci. Sulle foglie del bosco non odo parole che tu<br />

possa <strong>di</strong>re umane; ma odo parole più nuove che sono<br />

pronunciate dalle gocce e dalle foglie lontane. Ascolta.<br />

Piove dalle nuvole sparse. Piove sulle tamerici bruciate<br />

dal sale e dal sole, piove sui pini dal tronco scaglioso<br />

e dai rami ricoperti <strong>di</strong> aghi, piove sui mirti sacri<br />

agli dei, sulle ginestre risplendenti per le loro infiorescenze,<br />

sui ginepri ricoperti <strong>di</strong> bacche profumate,<br />

piove sui nostri volti che ormai appartengono al bosco,<br />

piove sulle nostre mani nude, sui nostri vestiti<br />

leggeri, sui nostri freschi pensieri, che la nostra nuova

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