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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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un sussulto, come l’eco <strong>di</strong> un dolore sopito. Risuonava<br />

in lontananza un singhiozzo: chiù...<br />

Sulle cime degli alberi, illuminate dalla luna, passava<br />

come un tremito una brezza <strong>di</strong> vento; le cavallette<br />

producevano un suono stridulo, come finissimi sistri<br />

(=strumenti musicali) d’argento (suoni davanti a porte<br />

invisibili che forse non si aprono più?...); e c’era quel<br />

pianto <strong>di</strong> morte: chiù...<br />

Riassunto. Il poeta si chiede dov’era la luna, poiché il<br />

cielo era immerso in un chiarore <strong>di</strong>ffuso; in lontananza<br />

si sentivano i lampi <strong>di</strong> un temporale, ma dai campi<br />

proveniva un verso angoscioso. Poche stelle brillavano<br />

in cielo, il mare sciabordava tranquillo, ma dalle<br />

siepi proveniva un verso angoscioso. Le cime degli<br />

alberi erano mosse dalla brezza, le cavallette stridevano<br />

come sistri d’argento davanti a porte misteriose,<br />

chiuse forse per sempre. E continuava quel verso angoscioso,<br />

quel canto <strong>di</strong> morte.<br />

Commento<br />

1. L’assiolo è un uccello rapace come la civetta. Lancia<br />

il suo verso stridulo nelle notti illuminate dalla luna.<br />

Nelle credenze popolari esso annuncia <strong>di</strong>sgrazie e<br />

morte.<br />

2. Il paesaggio è descritto con estrema precisione: non<br />

c’è la luna, il cielo è immerso in un chiarore <strong>di</strong>ffuso,<br />

in lontananza c’è un temporale, si sente lo sciabordare<br />

del mare, si sentono anche rumori tra i cespugli, le<br />

cime degli alberi sono illuminate dalla luna, le cavallette<br />

stridono. Ma su tutto domina il canto stridulo,<br />

angoscioso e foriero <strong>di</strong> morte dell’assiolo.<br />

3. Il canto dell’assiolo è sottoposto a due figure retoriche:<br />

l’anafora e il climax. Esso è ripetuto in ogni<br />

strofa ed è messo in una posizione forte: l’ultimo verso.<br />

Il verso è prima una “voce dei campi”, poi un<br />

“singulto”, che aveva provocato “nel cuore un sussulto”,<br />

infine si manifesta per ciò che è veramente: un<br />

“pianto <strong>di</strong> morte”.<br />

4. Il poeta usa un linguaggio semplicissimo come<br />

termini e come sintassi. Recupera la credenza popolare<br />

secondo cui il verso dell’uccello è l’annuncio <strong>di</strong><br />

<strong>di</strong>sgrazie. Adopera numerose onomatopee: soffi <strong>di</strong><br />

lampi, chiù, cullare del mare, un fru fru fra le fratte,<br />

singulto, finissimi sistri d’argento, tintinni.<br />

X Agosto (1896)<br />

O san Lorenzo, io so perché molte stelle ardono e cadono<br />

nell’aria tranquilla, perché un così gran pianto<br />

sfavilla nella volta celeste.<br />

Una ron<strong>di</strong>ne ritornava a casa: la uccisero. Cadde tra<br />

gli spini. Ella aveva nel becco un insetto, la cena dei<br />

suoi ron<strong>di</strong>nini.<br />

Ora è là, come in croce, che tende quel verme a quel<br />

cielo lontano; e il suo nido è nell’ombra, che attende,<br />

che pigola sempre più piano.<br />

Anche un uomo ritornava al suo nido. L’uccisero.<br />

Disse: “Perdono”. E restò nei suoi occhi aperti un grido:<br />

portava due bambole in dono...<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 171<br />

Ora là nella casa solitaria lo aspettano, lo aspettano<br />

invano. Egli immobile, stupefatto, addìta le bambole<br />

al cielo lontano.<br />

E tu, o Cielo, dall’alto dei mon<strong>di</strong> (=le stelle) sereni,<br />

infinito, immortale, oh!, con un pianto <strong>di</strong> stelle la inon<strong>di</strong>,<br />

questa Terra piccola e oscura, dominata dal<br />

Male (=la malvagità degli uomini).<br />

Riassunto. Il poeta sa perché nella notte <strong>di</strong> san Lorenzo<br />

cadono le stelle. Una ron<strong>di</strong>ne ritornava al nido con<br />

un insetto nel becco. La uccisero. I ron<strong>di</strong>nini aspettano<br />

invano. Anche un uomo ritornava a casa con due<br />

bambole. Lo uccisero. Perdonò i suoi assassini. Nella<br />

casa lo aspettano invano. Perciò il Cielo riversa il<br />

pianto delle stelle cadenti sulla Terra, oscurata dalla<br />

malvagità degli uomini.<br />

Commento<br />

1. La poesia ha la strofa iniziale e quella finale de<strong>di</strong>cata<br />

al cielo, le quattro strofe centrali de<strong>di</strong>cate alla<br />

ron<strong>di</strong>ne (due) e all’uomo (due). Le quattro strofe centrali<br />

sono poi simmetriche. Ad<strong>di</strong>rittura la ron<strong>di</strong>ne sta<br />

tornando a casa, l’uomo sta tornando al nido. Esse si<br />

fondono intimamente. La domanda iniziale trova risposta<br />

poi nella quartina finale, che perciò rimanda<br />

alla quartina iniziale: la poesia ha quin<strong>di</strong>, come altre,<br />

una struttura ciclica. Nella quartina finale c’è poi un<br />

contrasto: il Cielo, cioè la volta celeste, che è serena,<br />

infinita, immortale, si contrappone alla Terra, che è<br />

piccola e che, soprattutto, è oscurata non dal peccato,<br />

ma dal Male, cioè dalla malvagità degli uomini.<br />

2. Per il poeta il Cielo piange per il dolore degli uomini,<br />

ma non fa niente per eliminarlo o almeno per<br />

alleviarlo. Ben inteso, nella sua visione della vita il<br />

dolore non ha alcun senso, è commesso soltanto da<br />

uomini malvagi. L’oscurità non è più l’oscurità della<br />

“selva oscura” (If. I, 2) e del peccato, è l’oscurità incomprensibile<br />

del Male. Una <strong>di</strong>vinità.<br />

3. Anche in questa poesia la natura è strettamente legata,<br />

anzi riflette l’animo del poeta. La pioggia <strong>di</strong><br />

stelle cessa imme<strong>di</strong>atamente <strong>di</strong> essere un fatto fisico,<br />

astronomico, per <strong>di</strong>venire l’immagine, l’analogia, il<br />

simbolo dell’animo del poeta.<br />

4. Anche qui il poeta pensa con nostalgia alla vita<br />

tranquilla che conduceva nel suo nido, in famiglia,<br />

con i suoi genitori, prima che l’uccisione del padre<br />

desse inizio a tutte le altre <strong>di</strong>sgrazie. Il perdono cristiano<br />

del padre ai suoi assassini è seguito però da un<br />

atteggiamento <strong>di</strong> perplessità verso il Cielo (Dio dov’è?),<br />

che non fa niente, che lascia impuniti gli assassini,<br />

lascia una famiglia nel dolore e permette altre <strong>di</strong>sgrazie.<br />

La fede del poeta è tiepida. Vorrebbe eliminare<br />

il dolore, non pensa nemmeno che possa avere una<br />

giustificazione. Dante o Manzoni ritenevano invece<br />

che il dolore c’è, ed è anche sgradevole, ma non possiamo<br />

capire tutti i <strong>di</strong>segni <strong>di</strong> Dio e perciò lo dobbiamo<br />

accettare. Prima <strong>di</strong> loro Francesco d’Assisi nel<br />

Cantico delle creature <strong>di</strong>ceva che dobbiamo accettare<br />

anche le malattie, le sofferenze e le offese, per amor<br />

<strong>di</strong> Dio; e nei Fioretti <strong>di</strong>ceva che la perfetta letizia<br />

consiste nel sentirsi contenti soltanto quando si è col-

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