pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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i Gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli (1828-30); i Paralipomeni della batracomiomachia<br />
<strong>di</strong> Omero (1832-34), un poemetto fortemente<br />
polemico ed amaro, che deride i desideri, i<br />
sogni e i tentativi politici degli italiani; infine La ginestra<br />
o il fiore del deserto (1837), il suo testamento<br />
spirituale. I Piccoli e i Gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli sono rior<strong>di</strong>nati e<br />
pubblicati nei Canti (1831).<br />
La poetica. I temi della poesia <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong> sono:<br />
a) il paesaggio e la natura; b) la giovinezza e l’amore;<br />
c) il senso della vita umana e del dolore; d) la solitu<strong>di</strong>ne;<br />
e) la felicità; f) i ricor<strong>di</strong> del passato e le speranze<br />
nel futuro; g) la noia; h) il pessimismo; i) il “natio<br />
borgo selvaggio”.<br />
I <strong>di</strong>versi motivi sono spesso compresenti, sono costantemente<br />
ripresi e riesaminati, e sono continuamente<br />
collegati tra loro. Essi si inseriscono in una visione<br />
atea e materialistica della vita, che nega Dio e la Provvidenza<br />
<strong>di</strong>vina, ma che ironizza anche la fede laica<br />
nelle “magnifiche sorti e progressive”, proclamate dal<br />
pensiero illuministico. Tale visione materialistica <strong>di</strong>venta<br />
la base filosofica, costantemente presente, con<br />
cui il poeta affronta e valuta la con<strong>di</strong>zione umana e il<br />
rapporto dell’uomo con la natura e con gli altri uomini.<br />
Il tema della Natura conosce questa evoluzione: la<br />
Natura si presenta nella sua estrema bellezza e fa<br />
all’uomo promesse <strong>di</strong> felicità, che poi non mantiene.<br />
Essa inizialmente è sentita come una madre benigna<br />
verso i suoi figli, poi <strong>di</strong>venta una matrigna, in<strong>di</strong>fferente<br />
alla sorte delle sue creature. Il tema del paesaggio<br />
<strong>di</strong>venta anche la partecipe ed affettuosa descrizione<br />
del “natio borgo selvaggio”, le cui vie sono percorse<br />
dai coetanei del poeta, che vivono spensieratamente<br />
il tempo della giovinezza e dell’amore.<br />
Il tema della felicità si interseca con il tema del dolore:<br />
la Natura dà all’uomo tante speranze, promette<br />
l’amore, il piacere e la gioia; ma essa poi non le realizza.<br />
E la felicità allora consiste nelle speranze e nella<br />
gioia dell’attesa oppure nel breve momento <strong>di</strong> pausa<br />
tra un dolore ed un altro. La felicità quin<strong>di</strong> non si<br />
presenta come qualcosa <strong>di</strong> concreto, <strong>di</strong> tangibile, che<br />
si vive. È soltanto attesa <strong>di</strong> qualcosa che dovrà avvenire<br />
(e che poi non avviene) oppure è assenza, assenza<br />
<strong>di</strong> dolore. Eppure l’uomo fa presto a <strong>di</strong>menticare il<br />
dolore, non appena esso sia passato, e a ritornare a vivere<br />
come se niente fosse successo.<br />
Il tema del dolore si interseca con quello del senso<br />
della vita umana. La Natura sparge dolori a larga mano,<br />
perciò l’uomo soffre e la vita umana è sofferenza<br />
(è il pessimismo storico). La sofferenza però coinvolge<br />
anche tutti gli esseri viventi (è il pessimismo cosmico).<br />
La vita umana si conclude con la morte,<br />
quell’abisso orrido e tremendo in cui l’uomo precipita<br />
e, precipitando, <strong>di</strong>mentica tutti i suoi ricor<strong>di</strong>.<br />
Il tema dell’in<strong>di</strong>viduo, dei suoi dolori, delle sue speranze<br />
deluse, è collegato con il tema della solitu<strong>di</strong>ne,<br />
della giovinezza e dell’amore, dei ricor<strong>di</strong>, del senso<br />
della con<strong>di</strong>zione umana. L’uomo nasce nel dolore,<br />
deve essere consolato dai genitori fin dal momento<br />
della nascita, è destinato a sottrarsi all’affetto dei suoi<br />
Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 133<br />
cari e a precipitare nell’abisso della morte, nel quale<br />
<strong>di</strong>mentica tutto. L’uomo non riesce ad in<strong>di</strong>viduare il<br />
senso della vita, il senso della morte, il senso del dolore<br />
che tocca ogni uomo ma anche ogni essere vivente,<br />
il senso dell’universo, in cui si trova a vivere. Per<br />
<strong>di</strong> più è preso da una malattia dello spirito: il te<strong>di</strong>o, la<br />
noia, che lo assale nei pochi momenti in cui è libero<br />
dal dolore.<br />
Leopar<strong>di</strong> è sì un poeta che ha una visione dolorosa e<br />
pessimistica della vita umana. Il suo pessimismo però<br />
non è un atteggiamento pregiu<strong>di</strong>ziale e rinunciatario,<br />
bensì la conclusione a cui giunge la riflessione filosofica,<br />
cioè che la vita umana è dolore, anche se l’uomo<br />
cerca <strong>di</strong> evitare il dolore e <strong>di</strong> raggiungere la felicità. Il<br />
poeta respinge il dolore e la morte, è attaccato alle<br />
speranze ed alla vita, anche se realisticamente vede<br />
che le speranze sono costantemente deluse. Il suo pessimismo<br />
è insomma un inno alla vita, all’amore, alla<br />
giovinezza. Non è passivo, remissivo, rinunciatario. È<br />
anzi combattivo ad oltranza: la morte è la negazione<br />
dell’uomo. E si conclude con l’invito agli uomini <strong>di</strong><br />
essere tra loro solidali, nella lotta contro le sofferenze<br />
che una Natura ostile o in<strong>di</strong>fferente <strong>di</strong>stribuisce.<br />
I Canti (1831, 1847) presentano nell’or<strong>di</strong>ne e nella<br />
forma quasi definitivi i Piccoli e i Gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli, che<br />
erano già stati pubblicati. L’or<strong>di</strong>ne cronologico <strong>di</strong> stesura<br />
non è sempre rispettato. L’opera costituisce<br />
l’unica raccolta <strong>di</strong> poesie dell’autore.<br />
L’infinito (1819)<br />
Sempre gra<strong>di</strong>to mi fu questo colle solitario e questa<br />
siepe, che impe<strong>di</strong>sce alla vista <strong>di</strong> vedere tanta parte<br />
dell’orizzonte più lontano. Ma, restandomene seduto<br />
e guardando, io m’immagino nel pensiero spazi sterminati,<br />
silenzi sovrumani ed una quiete profon<strong>di</strong>ssima<br />
oltre la siepe. Perciò per poco il mio cuore non è preso<br />
da sgomento. E, quando odo il vento stormire tra<br />
questi alberi, io paragono quel silenzio infinito a questo<br />
rumore (=quello del vento). E mi viene in mente<br />
l’eternità, le stagioni passate, la stagione presente e<br />
viva, e il rumore che essa mi manda. Così in questa<br />
[duplice] immensità [spaziale e temporale] il mio pensiero<br />
si annega; e mi è dolce naufragare in questo mare<br />
[<strong>di</strong> pensieri e <strong>di</strong> sensazioni].<br />
Commento<br />
1. Leopar<strong>di</strong> riscopre l’i<strong>di</strong>llio greco, cioè il piccolo<br />
quadretto paesaggistico. Lo vede però con una sensibilità<br />
in<strong>di</strong>vidualistico-romantica: egli si abbandona e<br />
si perde nelle dolcissime sensazioni che prova non<br />
guardando oltre la siepe, ma immaginandosi silenzi<br />
sovrumani ed una quiete profon<strong>di</strong>ssima al <strong>di</strong> là <strong>di</strong> essa.<br />
La razionalità classicheggiante contempera ogni<br />
esteriore ed eccessiva manifestazione <strong>di</strong> passionalità<br />
romantica. Il poeta si trova in equilibrio interiore e<br />
con la natura.<br />
2. Il poeta ha un duplice rapporto con la natura: da<br />
una parte la natura procura in<strong>di</strong>cibili emozioni con la<br />
sua bellezza; dall’altra promette gioia e felicità, che