pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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dei crociati – e sulla lotta tra il bene ed il male, con la<br />
vittoria finale del bene. Sia i caratteri dei due poeti sia<br />
la situazione umana e culturale in cui scrivono sono<br />
completamente <strong>di</strong>versi: Ariosto scrive nel Rinascimento<br />
maturo (1490-1530) e mostra le infinite combinazioni<br />
della vita; Tasso scrive dopo il concilio <strong>di</strong><br />
Trento (1545-63), nell’età della Controriforma, e si<br />
preoccupa <strong>di</strong> riportare il lettore ai doveri sociali e religiosi,<br />
costantemente minacciati dal fascino dei beni<br />
e dei valori mondani.<br />
4. L’analisi che Ariosto fa dell’uomo, della società e<br />
della realtà può essere opportunamente confrontata<br />
con le riflessioni che Machiavelli fa confluire nel<br />
Principe (1512-13): il primo è ironico ed indulgente,<br />
il secondo è pessimista ma fiducioso nella virtù del<br />
principe. Peraltro la “realtà effettuale”, che Machiavelli<br />
si vanta <strong>di</strong> aver scoperto, non trova sempre un<br />
riscontro empirico: Ariosto descrive senza illusioni le<br />
corti e i comportamenti meschini ed opportunistici dei<br />
principi. Machiavelli invece attribuisce al principe<br />
una volontà super-umana, capace <strong>di</strong> opporsi e <strong>di</strong> imporsi<br />
alla fortuna avversa, ma anche la passione politica<br />
e una de<strong>di</strong>zione totale al bene comune, cioè a<br />
conservare, a consolidare, ad allargare lo Stato e a <strong>di</strong>fenderlo<br />
da nemici interni ed esterni.<br />
78<br />
NICCOLÒ MACHIAVELLI (1469-1527)<br />
La vita. Niccolò Machiavelli nasce a Firenze nel<br />
1469. Ha una <strong>di</strong>screta formazione letteraria, sulla quale<br />
non sono rimaste molte notizie. Nel 1499 <strong>di</strong>venta<br />
capo della seconda cancelleria della repubblica fiorentina.<br />
Come segretario svolge numerose ambasciate,<br />
sia nazionali che internazionali, che gli permettono <strong>di</strong><br />
farsi una esperienza politica <strong>di</strong>retta. Nel 1501 sposa<br />
Marietta Corsini, che gli dà quattro figli. Nel 1512 a<br />
Firenze tornano i Me<strong>di</strong>ci, e Machiavelli viene estromesso<br />
dalla carica che ricopre. Nel forzato esilio tra il<br />
1512 ed il 1513 porta a termine il Principe, la sua opera<br />
più nota. Negli anni successivi cerca <strong>di</strong> avvicinarsi<br />
ai Me<strong>di</strong>ci, per ritornare sulla scena politica. Nel<br />
1519 per interessamento del car<strong>di</strong>nale Giulio de’ Me<strong>di</strong>ci<br />
è assunto per due anni dallo Stu<strong>di</strong>o fiorentino; e<br />
nel 1525 può ricoprire nuovamente cariche pubbliche.<br />
L’anno successivo viene nominato cancelliere, in vista<br />
<strong>di</strong> un eventuale attacco dell’esercito imperiale. Nel<br />
1526 i Me<strong>di</strong>ci sono nuovamente cacciati da Firenze. Il<br />
nuovo governo repubblicano lo ritiene troppo compromesso<br />
con la signoria me<strong>di</strong>cea, perciò lo esclude<br />
da ogni carica. Muore nello stesso 1527.<br />
Le opere. Machiavelli scrive il Principe (1512-13), la<br />
sua opera più famosa, i Discorsi sopra la prima deca<br />
<strong>di</strong> Tito Livio (1513-17), Dell’arte della guerra (1519-<br />
20), la Vita <strong>di</strong> Castruccio Castracani (1519), le Istorie<br />
fiorentine (1520-25), tutte opere che trattano argomenti<br />
politici o militari. Scrive anche due comme<strong>di</strong>e,<br />
la Mandragola (1518), il capolavoro della comme<strong>di</strong>a<br />
<strong>italiana</strong> del Cinquecento, e Clizia (1524-25), e<br />
una novella, la Favola (Belfagor arci<strong>di</strong>avolo)(1518).<br />
Il pensiero politico. Machiavelli è il fondatore della<br />
scienza politica. Nel Me<strong>di</strong>o Evo la politica era sottomessa<br />
alla morale. Egli intende renderla autonoma: la<br />
morale ha le sue leggi, la politica ha le sue, che non<br />
necessariamente coincidono con la prima. L’uomo<br />
politico, il principe, deve seguire le leggi della politica,<br />
non della morale. Ad esempio la morale <strong>di</strong>ce <strong>di</strong><br />
non uccidere. L’uomo politico invece, se è costretto<br />
dalle circostanze, deve essere <strong>di</strong>sposto ad uccidere.<br />
L’infrazione delle leggi morali però non è gratuita né<br />
arbitraria: l’uomo politico deve preoccuparsi <strong>di</strong> mantenere,<br />
<strong>di</strong>fendere e consolidare lo Stato. In nome <strong>di</strong><br />
questo compito deve essere <strong>di</strong>sposto a tutto: ad usare<br />
la forza o l’astuzia o l’inganno, a venir meno alla parola<br />
data, ad uccidere, ad usare anche la religione come<br />
strumento per consolidare il potere.<br />
Nel Principe Machiavelli si richiama alla “realtà effettuale”,<br />
alla realtà dei fatti, cioè a come gli Stati e<br />
gli uomini sono effettivamente, non a come dovrebbero<br />
o potrebbero essere. E gli uomini sono stupi<strong>di</strong> e<br />
malvagi: vedono il loro interesse imme<strong>di</strong>ato e non<br />
quello più lontano; credono a ciò che vogliono e non<br />
a ciò che vedono; promettono aiuto quanto non se ne<br />
ha bisogno e non mantengono la promessa, se possono<br />
fare a meno <strong>di</strong> mantenerla. Il principe ha il compi-