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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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nella cavità dell’uovo. Era un bisbiglio, quale già<br />

l’etèra 130. s’era ascoltata, con orrore, venire su pio<br />

dal fianco, sommessamente... quando aveva, <strong>di</strong> là,<br />

quel suo bel fior <strong>di</strong> carne, i petali senza una piega. Ma<br />

ora Myrrhine, l’etèra, si ritrasse a quel sussurro. 135.<br />

L’anima ignuda pestava cautamente le erbe alte del<br />

prato, e guardava per terra, tra gli infecon<strong>di</strong> caprifichi,<br />

e vide. Vide lì, tra gli asfòdeli e i narcissi, starsene,<br />

informi tra la vita e il nulla, 140. ombre esili ancora<br />

più dell’ombra, i figli suoi, che non volle. E nelle mani<br />

esangui avevano i fiori delle cicute colpevoli, avevano<br />

le spighe dell’empia segala, per loro trastullo.<br />

Ed erano ancora tra la morte 145. e il nulla, presso il<br />

limitare. E Myrrhine venne [fino] a loro; e gli infanti<br />

lattei, rugosi, vedendo lei, <strong>di</strong>edero un grido, smorto e<br />

gracile; e, gettando i tristi fiori, corsero via con i<br />

guizzi 150. Delle gambe e delle lunghe braccia, pendule<br />

e flosce; come nella strada molle <strong>di</strong> pioggia, al<br />

risuonare <strong>di</strong> un passo, i piccolini <strong>di</strong> qualche rospo<br />

fuggono arrancando, così [si mossero] i figli morti<br />

155. prima ancora <strong>di</strong> nascere, i cacciati prima <strong>di</strong> uscire<br />

a domandare pietà.<br />

Ma la soglia <strong>di</strong> bronzo della gran casa era lì vicino. E<br />

l’atrio ululò tetro a causa delle vigili cagne <strong>di</strong> sotterra.<br />

160. Pure vi guizzò dentro la turba degli infanti, rabbrividendo.<br />

E <strong>di</strong>etro a loro la madre si immerse<br />

nell’oscurità infinita.<br />

Riassunto. 1. Myrrhine, l’etèra, si spense all’alba, con<br />

la lampada che teneva accesa durante la notte. Evèno<br />

la riempì d’olio e la mise nel tempietto, affinché rischiarasse<br />

le notti alla ragazza. Come una falena la<br />

sua anima andò verso la lampada, alla ricerca del corpo<br />

amato. Ma ella non vide il corpo amato, perché era<br />

chiuso nel sepolcro.<br />

2. Né volle iniziare il suo cammino. Per la strada<br />

giunse un gruppo allegro <strong>di</strong> giovani provenienti da un<br />

banchetto. Moscho accese la fiaccola per leggere<br />

l’iscrizione: “Myrrhine dorme alla luce della sua lampada.<br />

È la prima volta. Dormirà per sempre”. Egli voleva<br />

la ragazza, aveva invocato il <strong>di</strong>o Amore e gli aveva<br />

risposto la morte. Callia ricordò che stillava miele<br />

ma pungeva con il pungilione. Phaedo che mescolava<br />

ai boccioli dell’amore le spine. Stettero lì un poco,<br />

poi accesero tutti le fiaccole. Il flautista intonò un<br />

canto. Quin<strong>di</strong> se ne andarono.<br />

3. L’anima <strong>di</strong> Myrrhine rimase. Era sfuggita al demone<br />

che insegna la strada ai morti, ed ora non sapeva<br />

trovare la strada. Era ancora lì quando Evèno ritorno<br />

in<strong>di</strong>etro. Da giorni non riusciva a dormire. Il suo sonno<br />

era richiuso nel sepolcro. Entrò nel tempietto e con<br />

la spada forzò il coperchio. L’anima era <strong>di</strong>etro <strong>di</strong> lui.<br />

Voleva vedere il suo corpo. Esso apparve. Ed Evèno<br />

lasciò cadere il coperchio sopra il suo sonno e sopra il<br />

suo amore.<br />

4. L’anima fuggì via, si trovò in mezzo ai morti. Non<br />

c’era un’unica via, ce n’erano tante, e si perdevano<br />

nell’oscurità. Lei non conosceva la sua. Vide molte<br />

ombre passare e <strong>di</strong>leguarsi, guidate dal loro demone;<br />

altre rifiutarsi <strong>di</strong> seguirlo. Chiese la via all’anima <strong>di</strong><br />

una vergine. Quella la guardò, rispose che non la sa-<br />

176<br />

peva, e fuggì via impaurita. Chiese ad una madre in<br />

lacrime che pensava ai suoi figli. Anche lei rispose<br />

che non la conosceva. L’etèra vagò a lungo tra i morti,<br />

come tra i vivi, ma invano. Molte anime provavano<br />

ribrezzo per lei.<br />

5. Infine passò veloce l’anima <strong>di</strong> Evèno, <strong>di</strong>retta verso<br />

il fiume dell’oblio. Non si riconobbero. Myrrhine<br />

chiese la strada, ma Evèno le rispose che doveva affrettarsi.<br />

6. Myrrhine si fermò ad un altro trivio. Qui intese dei<br />

bisbigli, come <strong>di</strong> pulcini dentro l’uovo. Conosceva<br />

quel bisbiglio: l’aveva sentito, con orrore, venire sul<br />

dal fianco, quando aveva il suo bel corpo. Guardò per<br />

terra e vide, in mezzo agli infecon<strong>di</strong> caprifichi, informi<br />

tra la vita e il nulla, i figli suoi, che non volle. Avevano<br />

in mano i fiori <strong>di</strong> cicuta e le spighe della segala<br />

come trastullo. Vedendola, <strong>di</strong>edero un grido e con<br />

un guizzo fuggirono via.<br />

7. Ma la soglia <strong>di</strong> bronzo era lì vicino. La turba degli<br />

infanti vi si precipitò dentro, e <strong>di</strong>etro ad essi la loro<br />

madre.<br />

Riassunto minore. Myrrhine, l’etèra, muore. Evèno, il<br />

suo amante, accende la lampada del suo sepolcro. Essa<br />

non sa staccarsi dal suo corpo. Ritornando da un<br />

matrimonio, i suoi amici si fermano sulla sua tomba e<br />

la rimpiangono. Poi se ne vanno. Essa rimane. Evèno<br />

viene e forza il coperchio del sepolcro, per vederla.<br />

L’anima fugge, e si trova tra i morti. Ma qui le strade<br />

erano tante e lei non conosceva la sua, perché aveva<br />

rifiutato <strong>di</strong> seguire il suo demone. Chiede ad una vergine,<br />

che le risponde <strong>di</strong> non conoscerla. Chiede ad<br />

una madre, che piangeva per i suoi figli, ed anche lei<br />

le risponde che non la conosce. Incontra anche Evèno,<br />

ma non si riconoscono. Egli le risponde che doveva<br />

affrettarsi ad arrivare al fiume dell’oblio. Ad un nuovo<br />

trivio sente bisbigli che già conosceva, quando era<br />

in vita. Provenivano dal suo grembo. Guarda per terra<br />

e vede i figli, che non volle. Vedendola essi fuggono<br />

via. Ma la porta degli inferi era lì vicina. La turba degli<br />

infanti vi si precipita dentro, e <strong>di</strong>etro a loro la madre.<br />

Commento<br />

1. Nel Fedone 107-108, <strong>di</strong> Platone Socrate racconta<br />

che, quando si muore, il demone, che in vita ha avuto<br />

cura del corpo, conduce l’anima per la strada che porta<br />

all’Ade. Essa però non è dritta né unica, ma è piena<br />

<strong>di</strong> ramificazioni e <strong>di</strong> incroci. L’anima che ha vissuto<br />

bene lo segue senza opporre resistenza. Quella che è<br />

ancora legata al proprio corpo vaga a lungo alla ricerca<br />

del corpo. E il demone con estrema fatica riesce a<br />

condurla con sé. L’anima che ha commesso una qualche<br />

delitto è sfuggita dalle altre anime, che si rifiutano<br />

<strong>di</strong> accompagnarla. Ed essa soltanto dopo un adeguato<br />

periodo <strong>di</strong> espiazione e <strong>di</strong> dolore può iniziare il cammino.<br />

2. I Poemi conviviali mostrano un Pascoli ben <strong>di</strong>verso<br />

da quello che vuole essere facile ed umile ad oltranza<br />

e contro ogni ragionevolezza. Questi poemi riproducono<br />

con meticolosa precisione il mondo classico e le

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