pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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Petrarca, da Boccaccio a Valla, da Marino a Metastasio,<br />
da Manzoni a Leopar<strong>di</strong> a D’Annunzio. Ed anche<br />
i lutti familiari vengono riscoperti a grande <strong>di</strong>stanza <strong>di</strong><br />
tempo e trasformati in <strong>letteratura</strong>.<br />
La struttura profonda delle poesie. Un’attenzione particolare<br />
va riservata alla struttura profonda delle poesie,<br />
che normalmente passa inosservata, nascosta dai<br />
suoni, dai colori, dalle figure retoriche. Ci sono strutture<br />
cicliche semplici (in Lavandare l’aratro dell’ultimo<br />
verso rimanda all’aratro del secondo verso) e<br />
complesse (in La mia sera due serie <strong>di</strong> eventi si concludono<br />
con la sera del giorno e la sera della vita del<br />
poeta, che con il pensiero va alla sera <strong>di</strong> quand’era<br />
bambino, cioè all’inizio della seconda serie <strong>di</strong> eventi),<br />
strutture ad incastro (in Lavandare la cantilena delle<br />
lavandaie rimanda a quella cantilena maggiore che è<br />
lo stesso componimento; in Orfano la ninna nanna<br />
della vecchia rimanda a quella ninna nanna più grande<br />
che è lo stesso componimento). E spesso due strutture<br />
profonde si fondono in una struttura ancora più complessa<br />
(in Lavandare c’è la struttura ciclica e la struttura<br />
ad incastro o a matrioska). Le agudezas barocche<br />
riescono invece a stabilire analogie e contatti tra realtà<br />
molto lontane (le tre sere de La mia sera, che stabiliscono<br />
una correlazione tra vita umana e evento naturale;<br />
le tre urne de Il gelsomino notturno, che stabiliscono<br />
una correlazione tra vita e morte).<br />
Peraltro queste strutture profonde non sono mai una<br />
<strong>di</strong>mostrazione <strong>di</strong> abilità né servono per meravigliare:<br />
esse sono invisibili e in genere restano invisibili. Esse<br />
sono il tentativo riuscito <strong>di</strong> mostrare che la realtà è<br />
legata da analogie, da simboli, da richiami, da sovrapposizioni,<br />
da ricor<strong>di</strong>, da una struttura interna che<br />
soltanto il poeta riesce a cogliere e a svelare. Il tempo<br />
meccanico e i processi analitici e consequenziali della<br />
ragione sono respinti in nome <strong>di</strong> una realtà più elementare:<br />
quella ciclica che regola il tempo agricolo, il<br />
tempo naturale. Insomma la ragione <strong>di</strong>vide, l’intuizione<br />
unisce.<br />
Pascoli, con D’Annunzio, con<strong>di</strong>ziona tutte le correnti<br />
poetiche della prima metà del Novecento.<br />
Myricae (1891, 1903) è la prima raccolta poetica <strong>di</strong><br />
Pascoli, che la arricchisce nel corso degli anni.<br />
L’opera contiene alcuni quadretti <strong>di</strong> vita campestre<br />
solo apparentemente veristici, poesie sulla morte del<br />
padre o de<strong>di</strong>che alle sorelle. Presenta anche i temi della<br />
poesia successiva, la morte, il dolore, il mistero, il<br />
nido, il simbolismo ed il pessimismo. Il titolo latino<br />
in<strong>di</strong>ca le tamerici, erbe lacustri che hanno un aspetto<br />
poco appariscente ed umile, quale vuole essere la poesia<br />
pascoliana. L’opera è de<strong>di</strong>cata al padre.<br />
Lavandare (1894)<br />
Nel campo mezzo grigio e mezzo nero (=arato per<br />
metà) Resta un aratro senza buoi, che sembra Dimenticato,<br />
in mezzo al vapore leggero [che sale dalla terra].<br />
168<br />
E dal fossato proviene il rumore Cadenzato delle lavandaie,<br />
che battono i panni Con colpi fitti e [lo accompagnano]<br />
con lunghe cantilene.<br />
“Il vento soffia e la frasca lascia cadere le foglie, E tu<br />
non ritorni ancora al tuo paese! Quando tu partisti<br />
come sono rimasta [sola e abbandonata]!, Come<br />
l’aratro in mezzo al campo lasciato incolto.”<br />
Riassunto. Nel campo, arato per metà, resta un aratro,<br />
che pare <strong>di</strong>menticato. Dal fossato proviene il rumore<br />
cadenzato delle lavandaie, che accompagnano il loro<br />
lavoro con lunghe cantilene: “È giunto l’autunno e tu<br />
non sei ancora tornato. Quando sei partito sono rimasta<br />
come quell’aratro in mezzo al campo lasciato incolto”.<br />
Commento<br />
1. Il poeta usa un linguaggio veristico per ottenere risultati<br />
antiveristici: l’aratro abbandonato in mezzo al<br />
capo <strong>di</strong>venta espressione e simbolo della solitu<strong>di</strong>ne<br />
delle lavandaie, cioè della controparte umana. L’aratro<br />
iniziale ritorna nell’ultimo verso e conclude il madrigale.<br />
L’aratro finale rimanda quin<strong>di</strong> all’aratro del<br />
primo verso, perciò dà luogo ad una struttura ciclica,<br />
che non è casuale, perché si trova anche in molte altre<br />
poesie. Il madrigale è quin<strong>di</strong> soltanto apparentemente<br />
facile: una analisi, anche superficiale, ne mostra la<br />
complessità e lo spessore poetico.<br />
2. Il passaggio dalla descrizione del paesaggio alle<br />
cantilene delle lavandaie è imme<strong>di</strong>ato e intuitivo. Il<br />
poeta non ricorre ai segni d’interpunzione perché vuole<br />
mantenere questa spontaneità del sentimento.<br />
3. Il linguaggio è semplicissimo: i termini sono quoti<strong>di</strong>ani<br />
e la sintassi è elementare. Esso però è arricchito<br />
da termini inconsueti come gora (=canale o fossato<br />
che spesso porta l’acqua ad un mulino) e lavandare<br />
(=lavandaie).<br />
4. Il simbolismo tra l’aratro e la solitu<strong>di</strong>ne delle ragazze<br />
è facile e motivato: il poeta lo fa <strong>di</strong>ventare “ovvio”.<br />
Ed è accompagnato da versi onomatopeici come<br />
l’intera seconda terzina. Non i termini, ma le onomatopee<br />
esprimono il sentimento e le sensazioni che il<br />
poeta vuole trasmettere.<br />
5. Il tono (apparentemente) <strong>di</strong>messo e (apparentemente)<br />
popolareggiante del madrigale è espresso dalla rima<br />
popolareggiante per assonanza frasca /rimasta,<br />
con cui il poeta riproduce le rime approssimative dei<br />
canti popolari.<br />
Novembre (1891)<br />
L’aria è limpida come una gemma, il sole è così chiaro<br />
Che tu cerchi [con gli occhi] gli albicocchi in fiore<br />
e senti nel cuore il profumo Amarognolo del biancospino...<br />
Invece il pruno è secco e le piante stecchite Segnano<br />
il cielo sereno Con i loro rami senza foglie, E il cielo<br />
è vuoto (=senza i voli degli uccelli), e il terreno sembra<br />
vuoto al piede Sotto il quale risuona.<br />
Da per tutto [è] silenzio: soltanto, ai colpi <strong>di</strong> vento,<br />
O<strong>di</strong> in lontananza, da giar<strong>di</strong>ni e da orti, Le foglie rin-