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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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O amorini, che volate fra bei rami dorati, O gemme<br />

nate in mezzo alle onde dorate dei capelli; O fiere che<br />

vi siete nutrite <strong>di</strong> alimenti dolcissimi;<br />

Deh, se volete onori eterni, Non rifiutatevi <strong>di</strong> farvi<br />

talvolta catturare Da quella preda che cattura i cuori.<br />

Commento<br />

1. Narducci polemizza con il petrarchismo, che cantava<br />

una donna bellissima ed inesistente; e, con maggiore<br />

aderenza alla realtà, canta i pidocchi <strong>di</strong> cui la<br />

sua donna è ricca. Anzi in essi si sono trasformati gli<br />

amorini... L’ultima terzina contiene l’invenzione ingegnosa:<br />

il triplice uso del termine preda.<br />

GIUSEPPE ARTALE (1628-1679), Pulce sulle poppe<br />

<strong>di</strong> bella donna<br />

Ecco una piccola macchia sempre in movimento, che<br />

vive Sopra un seno can<strong>di</strong>do, nutriente e gra<strong>di</strong>to; E posa,<br />

dove il sole immobile è <strong>di</strong>venuto doppio, Una breve<br />

ombra palpabile e pungente.<br />

Io vedo questa fiera nerissima e pronta a mordere Stare<br />

in agguato tra can<strong>di</strong><strong>di</strong> sentieri; È l’opposto rimpicciolito<br />

e nero Di un piccolo mondo; è un ente quasi<br />

inesistente.<br />

O pulce, o neo che voli sul bianco candore [dei seni],<br />

Hai un corpo in<strong>di</strong>visibile per tua <strong>di</strong>fesa, Ed hai reso<br />

nero un atomo d’amore;<br />

Per aumentare il dolore e l’affanno Di questo mio<br />

cuore prostrato e malato, Tu sei il punto mobile dei<br />

miei lamenti (=i lamenti del poeta non hanno mai fine).<br />

Commento<br />

1. Il sonetto, fondato sulla “poetica della meraviglia”,<br />

mostra l’abilità ed il virtuosismo del poeta nello sviluppare<br />

con metafore continue due temi paralleli: la<br />

pulce, che è piccola e nera; i seni, su cui si muove la<br />

pulce, che sono can<strong>di</strong><strong>di</strong> e gran<strong>di</strong>: Picciola macchia...<br />

in sen d’argento (vv. 1-2), Lieve d’ebeno... fra nevosi<br />

sentier (vv. 5-6), volatil neo d’almo candore (v. 9),<br />

che si esprime anche nei continui contrasti <strong>di</strong> colore:<br />

macchia/argento, sol/ombra, ebeno/nevosi, neo/candore.<br />

Una serie <strong>di</strong> aggettivi metaforici esprime<br />

la mobilità dell’animaletto: instabil, volatil, non fermo.<br />

Alcune metafore iperboliche ne descrivono il<br />

corpo: ombra palpabile e pungente (v. 4), antipodo<br />

nero (v. 7), volatil neo (v. 9), atomo d’amore (v. 11).<br />

Alcuni richiami interni sono: brieve e lieve (vv. 4 e 5),<br />

antipodo e mondo (vv. 7 e 8), in<strong>di</strong>visibil e atomo (vv.<br />

10 e 11), ma anche lungo e languore (v. 13). La terzina<br />

finale contiene una metafora grammaticale: prolisso<br />

(=lungo), perio<strong>di</strong> (=espressioni lamentose), punto<br />

(=conclusione), non fermo (=non concluso).<br />

2. L’ideale secentesco <strong>di</strong> bellezza femminile è costituito<br />

dalle donne pantagrueliche e sensuali del pittore<br />

fiammingo Pieter Paul Rubens (1577-1640), che si<br />

forma in Italia (1600-1608) e che ritorna ad Anversa,<br />

dove apre una bottega, che ha un grande influsso sulla<br />

pittura europea successiva.<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 105<br />

FRANCESCO BERNI (1497-1535), Chiome d’argento<br />

fine, irte e attorte<br />

Capelli d’argento fine, irti ed attorcigliati Senz’arte,<br />

intorno a un bel viso d’oro; Fronte rugosa, guardando<br />

la quale io impalli<strong>di</strong>sco, Dove spezza le sue frecce<br />

Amore e Morte;<br />

Occhi color <strong>di</strong> perla, strabici, Incapaci <strong>di</strong> vedere anche<br />

gli oggetti in linea obliqua [rispetto allo sguardo];<br />

Ciglia bianche come la neve, e <strong>di</strong>ta e mani dolcemente<br />

grosse E tozze, per le quali io trasalisco;<br />

Labbra bianche come il latte, bocca ampia come il<br />

cielo, Denti neri come l’ebano, ra<strong>di</strong> e oscillanti; Inau<strong>di</strong>ta<br />

ed inesprimibile armonia;<br />

Costumi superbi e pesanti; a voi, o <strong>di</strong>vini Servi del<br />

<strong>di</strong>o Amore, <strong>di</strong>co chiaramente che queste Sono le bellezze<br />

della mia donna.<br />

Riassunto. Il poeta descrive le bellezze della sua donna:<br />

ha capelli d’argento fine, un viso d’oro che lo fa<br />

impalli<strong>di</strong>re, dove spezza le sue frecce l’Amore come<br />

la Morte, ha occhi <strong>di</strong> perla e che guardano obliquamente,<br />

ciglia can<strong>di</strong>de come la neve e mani dolcemente<br />

grosse, ha bocca ampia e celeste, denti neri e costumi<br />

superbi. È davvero <strong>di</strong> una inau<strong>di</strong>ta ed inesprimibile<br />

armonia.<br />

Commento<br />

1. Il poeta usa il linguaggio petrarchesco, ma lo usa in<br />

modo sfasato, in tal modo ottiene risultati paro<strong>di</strong>stici:<br />

i capelli dorati <strong>di</strong>ventano ora viso d’oro, i primi sono<br />

belli, ma il secondo è sconvolgente! E infatti il poeta,<br />

fissando il viso della sua donna, impalli<strong>di</strong>sce: tra<strong>di</strong>zionalmente<br />

si impalli<strong>di</strong>va per la bellezza del viso;<br />

ora si impalli<strong>di</strong>sce dall’orrore...<br />

2. Anche Berni, come Cecco Angiolieri e poi i poeti<br />

del Seicento, prende in giro la poesia ufficiale, inserendosi<br />

in quella tra<strong>di</strong>zione antiletteraria a cui hanno<br />

dato alcuni contributi anche Guido Cavalcanti e lo<br />

stesso Dante. Del petrarchismo si criticano la monotonia,<br />

l’irrealtà della donna cantata e gli eccessi. E se<br />

ne fa la paro<strong>di</strong>a (il termine deriva dal greco e significa<br />

strada vicina).<br />

GABRIELLO CHIABRERA (1552-1638)<br />

La vita. Gabriello Chiabrera nasce a Savona nel 1552.<br />

Stu<strong>di</strong>a a Roma presso i gesuiti. In seguito ha una vita<br />

molto movimentata che lo costringe ad abbandonare<br />

Roma nel 1576 e a frequentare varie corti italiane.<br />

Muore nel 1638. Egli è l’esponente più significativo<br />

del classicismo secentesco ed uno degli autori più famosi<br />

del suo tempo. Come Marino sente il bisogno <strong>di</strong><br />

rinnovare le forme e i contenuti artistici, ma intraprende<br />

una via legata all’arte tra<strong>di</strong>zionale. La sua produzione<br />

comunque propone quella varietà e quella<br />

piacevolezza che erano richieste dal nuovo pubblico.<br />

Scrive moltissime opere: poemetti sacri e profani, ma<br />

anche drammi e favole per il teatro. La sua fama è legata<br />

però alle sue raccolte <strong>di</strong> canzoni: Canzoni

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