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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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gia, che apparteneva al suo tempo e alla sua cultura,<br />

per parlare dei problemi a lui contemporanei; i romantici,<br />

proprio come aveva fatto Omero, prendono la mitologia<br />

del loro tempo e non quella <strong>di</strong> altri tempi, per<br />

parlare dei problemi contemporanei.<br />

3. Foscolo propone una interpretazione romantica <strong>di</strong><br />

Ulisse (egli, e non il guerriero Achille o il saggio Nestore<br />

o i sovrani Agamennone e Menelao, <strong>di</strong>venta il<br />

simbolo del mondo antico). L’eroe greco è “bello <strong>di</strong><br />

fama e <strong>di</strong> sventura” – insomma più è sventurato, più è<br />

romantico –, perché soltanto dopo lunghe peripezie<br />

riesce a tornare nella sua “petrosa Itaca”. Il poeta è<br />

ancora più sventurato e quin<strong>di</strong> ancora più romantico<br />

(e perciò superiore ad Ulisse), perché rispetto all’eroe<br />

greco egli è destinato a non ritornare più in patria e a<br />

morire in terra straniera.<br />

4. Ulisse è una figura che ritorna a più riprese nella<br />

cultura <strong>italiana</strong> ed occidentale.<br />

a) Omero gli de<strong>di</strong>ca l’intera O<strong>di</strong>ssea e lo presenta astuto<br />

o, meglio, “dall’ingegno multiforme”. L’eroe<br />

greco con l’inganno del cavallo fa cadere la città <strong>di</strong><br />

Troia; provoca l’ira <strong>di</strong> Nettuno, a cui ha accecato il<br />

figlio Polifemo; sfida mille pericoli, spinto dalla curiosità;<br />

e infine torna nel suo piccolo regno <strong>di</strong> Itaca,<br />

dove Penelope, la moglie fedele, lo aspetta e dove deve<br />

sconfiggere la protervia dei nobili, <strong>di</strong>venuti arroganti<br />

per la sua lunga assenza.<br />

b) Dante gli de<strong>di</strong>ca un intero canto (If. XXVI), lo punisce<br />

come fraudolento ma lo esalta come simbolo del<br />

mondo antico, che ricerca con tutte le sue forze il sapere<br />

e la sapienza: “Fatti non foste a viver come bruti<br />

– <strong>di</strong>ce l’Ulisse dantesco ai suoi compagni <strong>di</strong> mille avventure<br />

–, Ma a seguir virtute e canoscenza”. In nome<br />

della conoscenza Ulisse non ritorna a casa, dal figlio<br />

mai visto, dal padre e dalla moglie fedele, e punta la<br />

nave verso lo stretto <strong>di</strong> Gibilterra, per visitare il<br />

“mondo sanza gente”. Dopo cinque mesi <strong>di</strong> navigazione<br />

vede una montagna altissima, da cui sorge un<br />

turbine che affonda la nave.<br />

c) Il terzo Ulisse è l’Ulisse romantico e perciò necessariamente<br />

sventurato <strong>di</strong> Foscolo: più è colpito dalle<br />

sventure, più è fortunato, perché più <strong>di</strong>venta famoso.<br />

d) Giovanni Pascoli nei Poemi conviviali (Il sonno <strong>di</strong><br />

O<strong>di</strong>sseo) (1904) dà un’interpretazione decadente dell’eroe<br />

omerico: sta tornando a casa con i suoi compagni,<br />

è giunto in prossimità della sua isola, quando si<br />

addormenta. I compagni aprono gli otri, dove erano<br />

racchiusi i venti sfavorevoli, che allontanano la nave<br />

dal porto. Svegliandosi, Ulisse vede in lontananza una<br />

terra, ma non sa se si è avvicinato alla sua isola da cui<br />

ora i venti lo allontanano o se è un’altra isola: il sonno<br />

gli ha impe<strong>di</strong>to <strong>di</strong> essere pronto all’appuntamento che<br />

il destino gli aveva preparato.<br />

e) Gabriele D’Annunzio dà un’altra interpretazione<br />

decadente dell’eroe greco: il poeta lo vede alla guida<br />

della sua nave, e chiede <strong>di</strong> prenderlo con lui. Ulisse lo<br />

guarda per un attimo, e da quel momento egli si sente<br />

superiore a tutti i suoi compagni (Lau<strong>di</strong> del cielo, del<br />

mare, della terra e degli eroi. Maia, IV. L’incontro<br />

con Ulisse, 1903).<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 129<br />

f) Nel romanzo Ulysses (1922) lo scrittore dublinese<br />

James Joyce (1882-1941) racchiude in un’intera giornata<br />

le poco eroiche peripezie del suo Ulisse, un modesto<br />

impiegato del mondo contemporaneo, che trova<br />

anche il tempo <strong>di</strong> tra<strong>di</strong>re la moglie.<br />

g) Nel breve componimento intitolato Ulisse (Me<strong>di</strong>terranee,<br />

1946) Umberto Saba propone <strong>di</strong> sé l’immagine<br />

<strong>di</strong> un Ulisse sempre pronto al pericolo e che non<br />

vuole invecchiare.<br />

4. La patria <strong>di</strong> Foscolo è l’Italia del suo tempo, ancora<br />

<strong>di</strong>visa; ma in misura maggiore è la patria ideale costituita<br />

dal mondo classico greco (e non latino). La sua<br />

patria è quin<strong>di</strong> più nel passato che nel presente. Manzoni<br />

invece <strong>di</strong>mentica il passato, <strong>di</strong>mentica la cultura<br />

greca e latina, e propone un ideale <strong>di</strong> patria ra<strong>di</strong>cato<br />

nella storia e da attuare nelle sue varie <strong>di</strong>mensioni<br />

culturali e civili nel presente e nel futuro. In Marzo<br />

1821 (1821) egli ne dà questa sintetica definizione:<br />

“una d’arme, <strong>di</strong> lingua, d’altare, Di memorie, <strong>di</strong> sangue,<br />

<strong>di</strong> cor”. Foscolo usa un linguaggio neoclassico e<br />

attento al passato; Manzoni invece pone le basi per<br />

l’italiano moderno. Ancora, troppo semplice e troppo<br />

alfieriana è la valutazione che Foscolo dà <strong>di</strong> Napoleone,<br />

prima liberatore e poi despota; ben più complessa<br />

è invece la valutazione che Manzoni ne dà nell’ode<br />

Cinque maggio (1821): Napoleone è l’uomo inviato<br />

da Dio, per <strong>di</strong>ffondere tra i popoli gli ideali <strong>di</strong> patria e<br />

<strong>di</strong> libertà e per in<strong>di</strong>rizzare la storia verso la realizzazione<br />

ottocentesca <strong>di</strong> tali ideali.<br />

Nel sonetto In morte del fratello Giovanni Foscolo<br />

presenta il dramma del fratello suicida per debiti <strong>di</strong><br />

gioco e il dolore <strong>di</strong> sua madre, che ha un figlio morto<br />

ed un altro lontano. Anche l’altro fratello, Costantino<br />

Angelo, muore suicida.<br />

In morte del fratello Giovanni (1802-03)<br />

Un giorno, se io non fuggirò sempre da un popolo<br />

all’altro, mi vedrai seduto sulla tua pietra tombale, o<br />

fratello mio, per piangere la tua giovinezza recisa.<br />

Nostra madre, trascinando ora da sola i suoi anni, parla<br />

<strong>di</strong> me [lontano] con le tue spoglie mute. Ma io tendo<br />

a voi le mie mani senza potervi abbracciare; e, se<br />

da lontano saluto la mia patria,<br />

sento il destino avverso e gli affanni segreti che sconvolsero<br />

la tua vita, e prego anch’io <strong>di</strong> trovare la pace<br />

come te nella morte.<br />

Questa <strong>di</strong> tante speranze è l’unica che oggi mi rimane!<br />

O genti straniere, consegnate almeno il mio corpo,<br />

quando morirò, al petto <strong>di</strong> mia madre addolorata.<br />

Riassunto. Un giorno, se non fuggirà sempre da un<br />

popolo all’altro, il poeta andrà a sedersi sulla tomba<br />

del fratello, a piangere la sua giovinezza così prematuramente<br />

recisa. Loro madre ha un figlio morto ed un<br />

altro lontano. Ed il poeta pensa <strong>di</strong> non poter più tornare<br />

in patria. Anche la sua vita è sconvolta dalle stesse<br />

passioni che hanno sconvolto la vita del fratello ed<br />

anche lui pensa <strong>di</strong> trovare pace, come il fratello, soltanto<br />

nella morte. Questa è l’unica speranza che ora

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