20.06.2013 Views

pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

GIUSEPPE GIOACHINO BELLI (1791-<br />

1863)<br />

La vita. Giuseppe Gioachino Belli nasce a Roma nel<br />

1791. La famiglia è coinvolta nella rivoluzione del<br />

1798. Egli non <strong>di</strong>menticò mai la miseria e la paura <strong>di</strong><br />

quel periodo. Rimasto orfano, entra nell’amministrazione<br />

pontificia grazie all’interessamento <strong>di</strong> alcuni<br />

parenti. Nel 1810 i francesi lo esonerano dall’incarico.<br />

Il matrimonio con la vedova del conte Picchi<br />

(1816) gli dà una certa agiatezza. Dopo il 1828 inizia<br />

a comporre i sonetti in romanesco, che alla fine <strong>di</strong>ventano<br />

circa 2.000. Nel 1841 ottiene un impiego nel Debito<br />

pubblico. È fortemente avverso alla Repubblica<br />

romana (1849). Nel 1852 ha l’incarico <strong>di</strong> esercitare la<br />

censura dal punto <strong>di</strong> vista morale sulle opere teatrali<br />

in prosa e in musica. Alcuni suoi giu<strong>di</strong>zi sono così retrivi,<br />

che mettono in <strong>di</strong>fficoltà lo stesso governo pontificio.<br />

Muore nel 1863.<br />

La poetica. Belli costituisce un problema interpretativo:<br />

ufficialmente è più retrivo del governo papale, in<br />

privato esprime con violenza <strong>di</strong>struttiva e <strong>di</strong>ssacratoria<br />

gli umori del popolo minuto. Nei sonetti l’autore<br />

non è più se stesso: <strong>di</strong>venta i personaggi che fa parlare.<br />

Non denuncia dall’esterno la degradazione del popolo<br />

minuto. Diventa egli stesso popolo che urla contro<br />

la degradazione propria e contro l’oppressione del<br />

potere costituito, ma che non può fare niente per cambiare<br />

la realtà.<br />

Li soprani der monno vecchio<br />

C’era una volta un re che dal palazzo Mandò fuori<br />

questo e<strong>di</strong>tto: “Io son io, e voi non siete un cazzo, Signori<br />

villani bricconi; e zitto.<br />

Io faccio dritto lo storto e storto il dritto: Posso vendervi<br />

tutti un tanto al mazzo: io, se vi voglio impiccare,<br />

non vi strapazzo (=non vi faccio alcun torto), Perché<br />

la vita e la roba io ve le affitto.<br />

Chi abita a questo mondo senza il titolo O <strong>di</strong> Papa o<br />

<strong>di</strong> Re o d’Imperatore, Quello non può mai avere voce<br />

in capitolo”.<br />

Con questo e<strong>di</strong>tto andò in giro il boia come ban<strong>di</strong>tore,<br />

Chiedendo a tutti che ne pensassero; E tutti risposero:<br />

“È vero, è vero”.<br />

Er caffettiere fisolofo<br />

Gli uomini <strong>di</strong> questo mondo sono lo stesso Che chicchi<br />

<strong>di</strong> caffè nel macinino: Che uno prima, uno dopo e<br />

uno <strong>di</strong> seguito, Tutti quanti però vanno a un unico destino.<br />

Spesso mutano luogo, e spesso il chicco grosso Caccia<br />

il chicco più piccolo, E si spingono tutti<br />

sull’ingresso Del ferro che li riduce in polvere.<br />

E gli uomini così vivono al mondo Rimescolati per<br />

mano della sorte Che se li gira tutti in tondo in tondo;<br />

150<br />

E muovendosi ognuno, o piano o forte, Senza capirlo<br />

mai scendono verso il fondo Per cascare nella gola<br />

della morte.<br />

La golaccia<br />

Quando io vedo la gente <strong>di</strong> questo mondo, Che più<br />

ammucchia tesori e più s’ingrassa, Più ha fame <strong>di</strong> ricchezza,<br />

e vuole una cassa Come il mare, che non abbia<br />

fondo,<br />

Dico: “Oh, mandria <strong>di</strong> ciechi, ammassa, ammassa,<br />

Sconvolgi i tuoi giorni, per<strong>di</strong>ci il sonno, Traffica, impiccia.<br />

E poi? Viene il signor Nonno (=il Tempo) con<br />

il falcione e ti stronca la matassa (=il filo della vita)”.<br />

La morte sta nascosta nell’orologio; E nessuno può<br />

<strong>di</strong>re: “Anche domani Sentirò battere il mezzogiorno<br />

<strong>di</strong> oggi”.<br />

Che cosa fa il pellegrino poverello Nell’intraprendere<br />

un viaggio <strong>di</strong> qualche ora? Porta un pezzo <strong>di</strong> pane, e<br />

basta quello.<br />

L’anima<br />

Oh teste, vere teste da testiera (=da somaro)! Tante<br />

ciarle per <strong>di</strong>re come si muore! Due febbroni, a voi,<br />

qualche dolore, Una contrazione delle gambe, e buona<br />

sera.<br />

Dal momento che ogni cazzaccio (=ignorante) fa il<br />

dottore, E sputa in cattedra (=sentenze) e fa ipotesi e<br />

spera Di pesare l’aria dentro la stadera (=bilancia), Se<br />

ne hanno da sentire <strong>di</strong> ogni colore.<br />

Perché l’occhio <strong>di</strong> un morto non ci vede? Perché,<br />

quando l’anima va in strutto (=si <strong>di</strong>ssolve, come il<br />

grasso <strong>di</strong> maiale), Non lascia al suo posto nessun erede.<br />

E mentre il corpo senza più inquilino e abbrutito È<br />

sordo e muto e non si regge in pie<strong>di</strong>, Lei cammina da<br />

sé, parla e fa tutto.<br />

Er giorno der Giu<strong>di</strong>zzio<br />

Quattro angioloni con le trombe in bocca Si metteranno<br />

uno per cantone A suonare; poi con tanto <strong>di</strong> vocione<br />

Cominceranno a <strong>di</strong>re: “Fuori a chi tocca”.<br />

Allora verrà su una filastrocca Di scheletri dalla terra<br />

camminando a quattro zampe, Per ripigliare la figura<br />

<strong>di</strong> persone, come pulcini intorno alla chioccia.<br />

E questa chioccia sarà Dio benedetto, Che ne farà<br />

due parti, bianca e nera: Una per andar in cantina,<br />

l’altra sul tetto.<br />

Alla fine uscirà una sonagliera (=una fila) D’angeli, e,<br />

come se si andasse a letto, Spegneranno i lumi, e buona<br />

sera.<br />

Chi cerca trova<br />

Se l’è voluta lui: dunque suo danno. Io me ne andavo<br />

in giù per i fatti miei, Quand’ecco che lo incontro, e<br />

gli <strong>di</strong>co: “Ad<strong>di</strong>o”. Egli passa, e mi risponde sfottendo.<br />

Dico: “Evviva il cornuto”; e il signor Spaccone (mi è<br />

testimonio tutto il Borgo Pio) Strilla: “Ah, carogna,

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!