pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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piede sacrilego; e quella per tre volte rotolò, per tre<br />
volte scosse i peli scompigliati, e dalle molli narici<br />
soffiò la polvere corrosiva. Quin<strong>di</strong>, alzando i gemiti,<br />
“aiuto, aiuto” pareva che <strong>di</strong>cesse; e dalle volte dorate<br />
della casa a lei rispose Eco pietosa: dalle stanze più<br />
basse i servi mesti salirono tutti; dalle stanze più alte<br />
le damigelle, pallide e tremanti, si precipitarono. Accorse<br />
ognuno; il volto della tua dama fu spruzzato con<br />
i sali; ella infine riprese i sensi; l’ira, il dolore l’agitavano<br />
ancora; gettò sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> fuoco sul servo, e con<br />
voce languida chiamò per tre volte la sua cagnolina:<br />
questa le corse in grembo; a suo modo sembrò chiederle<br />
vendetta: e tu avesti la vendetta, o cagnolina, alunna<br />
delle Grazie. L’empio servo tremò; con gli occhi<br />
al suolo udì la sua condanna; a lui non valsero<br />
vent’anni <strong>di</strong> servizio meritevole; a lui non valse lo zelo<br />
nell’assolvere commissioni segrete: invano per lui<br />
(=a sua <strong>di</strong>fesa; oppure da parte sua) fu pregato e promesso;<br />
egli se ne andò nudo, privo <strong>di</strong> quella livrea che<br />
un giorno lo rendeva venerabile al volgo. Invano sperò<br />
[<strong>di</strong> trovar servizio presso] un nuovo signore, perché<br />
le dame pietose inorri<strong>di</strong>rono e o<strong>di</strong>arono l’autore dell’atroce<br />
delitto. L’infelice, con i figli e con la moglie<br />
a fianco, rimase sulla strada, rivolgendo al passante<br />
una inutile richiesta <strong>di</strong> aiuto. E tu, o cagnolina, idolo<br />
placato con le vittime umane, te ne andasti superba.<br />
Riassunto. Durante il pranzo un nobile vegetariano si<br />
scaglia contro coloro che uccidono gli animali per nutrirsene.<br />
A questo punto la dama, <strong>di</strong> cui il giovin signore<br />
è cavalier servente, ricorda commossa un fatto<br />
crudele. Un giorno la sua cagnetta per gioco <strong>di</strong>ede un<br />
lieve morso ad un servo. Questi le <strong>di</strong>ede un calcio con<br />
il suo piede villano. I guaiti della cagnetta si <strong>di</strong>ffusero<br />
in tutta la casa. Accorsero tutti i servi e tutte le serve,<br />
rattristati. La dama svenne. Quando si riprese, chiamò<br />
la sua cagnetta, che le corse in grembo. Quin<strong>di</strong> gettò<br />
sguar<strong>di</strong> <strong>di</strong> fuoco sul servo, che tremò ed attese la condanna.<br />
A nulla valsero la sua fedeltà e il suo lungo<br />
servizio. Fu licenziato. Invano sperò <strong>di</strong> trovare un<br />
nuovo signore, perché si <strong>di</strong>ffuse la voce della sua crudeltà.<br />
Egli se ne andò sulla strada con la moglie ed i<br />
figli, a chiedere inutilmente aiuto. La cagnetta fu contenta<br />
del sacrificio umano fatto per lei.<br />
Commento<br />
1. Per questo episo<strong>di</strong>o, forse il più famoso dell’intero<br />
poemetto, si devono ripetere le osservazioni già dette:<br />
la critica agli atteggiamenti della nobiltà non è accompagnata<br />
da un invito rivolto al popolo <strong>di</strong> ribellarsi<br />
e <strong>di</strong> far valere i suoi <strong>di</strong>ritti. Tutto si risolve in<br />
un’amara quanto inutile condanna morale. Anche in<br />
questo caso l’episo<strong>di</strong>o è infarcito <strong>di</strong> riferimenti mitologici<br />
ed usa un linguaggio aulico e ricercato (la cagnetta<br />
è “alunna delle Grazie” e per tre volte rotola su<br />
se stessa). Il servo aspetta la condanna come si può<br />
aspettare la caduta inevitabile della pioggia dal cielo:<br />
egli perde la pazienza (cosa che non doveva fare, ma<br />
forse, dopo 20 anni che ingoia rospi, non ce la faceva<br />
più a pazientare), ma è tanto ottuso da non cercare<br />
imme<strong>di</strong>atamente una scappatoia al guaio che ha com-<br />
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binato: nel Decameron molti personaggi si levano dagli<br />
impicci grazie ad una battuta <strong>di</strong> spirito. Basti pensare<br />
al cuoco Chichibìo (VI, 4).<br />
2. Un punto fondamentale dell’episo<strong>di</strong>o è ambiguo:<br />
“invan per lui fu pregato e promesso”. Per può significare<br />
“da lui” (il servo prega a sua <strong>di</strong>fesa) oppure “a<br />
<strong>di</strong>fesa <strong>di</strong> lui” (gli altri servi pregano a sua <strong>di</strong>fesa). Nel<br />
primo caso gli altri servi tacciono e non esprimono la<br />
loro solidarietà verso il malcapitato (forse per non essere<br />
a loro volta coinvolti nella <strong>di</strong>sgrazia) e il servo<br />
colpevole prega invano a sua <strong>di</strong>fesa. Nel secondo caso<br />
gli altri servi cercano <strong>di</strong> <strong>di</strong>scolparlo, ma egli passivamente<br />
tace, in attesa fatalistica della condanna. In<br />
nessun caso si mette in atto una strategia razionale a<br />
<strong>di</strong>fesa del colpevole (sciopero bianco, sciopero della<br />
fame, autolicenziamento ecc.); né l’interessato (o gli<br />
interessati) si richiamano a loro eventuali <strong>di</strong>ritti, riconosciuti<br />
almeno nella prassi se non nei co<strong>di</strong>ci. Lo<br />
stesso Parini si guarda bene dall’affrontare l’episo<strong>di</strong>o<br />
in termini <strong>di</strong> <strong>di</strong>ritto, evita <strong>di</strong> rimproverare il servo (o i<br />
servi) perché non si richiamano ai loro <strong>di</strong>ritti, non si<br />
preoccupa <strong>di</strong> educare i servi a far valere i loro <strong>di</strong>ritti,<br />
né istilla in loro l’idea che debbano far valere i loro<br />
<strong>di</strong>ritti. In sostanza con qualche piccola mo<strong>di</strong>fica la società<br />
costituita gli va bene così.<br />
3. Il servo per <strong>di</strong> più si comporta in modo stupido,<br />
perché mette al mondo un numero elevato <strong>di</strong> figli –<br />
altri futuri servi a buon mercato –, che lo rendono più<br />
facile da ricattare. Parini invi<strong>di</strong>a chi si è fatto una famiglia,<br />
ma non vede tutto questo.<br />
4. Sia in questo episo<strong>di</strong>o come negli altri l’autore dà<br />
per scontato quali sono i valori, che non sottopone<br />
mai a critica razionale. L’ironia, il sarcasmo o<br />
l’umanitarismo, <strong>di</strong> cui fa costantemente uso, gli impe<strong>di</strong>scono<br />
<strong>di</strong> vedere <strong>di</strong>rettamente i problemi. In questo<br />
episo<strong>di</strong>o egli dà per scontato che la dama ha trattato<br />
male il servo, che il servo è stato punito eccessivamente<br />
(e per <strong>di</strong> più nella punizione è stata coinvolta<br />
anche la famiglia, senz’altro innocente). E dà per<br />
scontato che il lettore si schieri con il servo contro<br />
l’ingiustizia che subisce e che non con<strong>di</strong>vida l’atteggiamento<br />
nobiliare <strong>di</strong> dare più importanza agli animali<br />
che agli uomini. Ma perché non prendere le <strong>di</strong>fese<br />
della cagnetta? Perché non pensare che i servi valgano<br />
meno degli animali, dal momento che proprio essi<br />
non riconoscono a se stessi né <strong>di</strong>gnità né <strong>di</strong>ritti? Perché<br />
pensare che il male sia tutto da una parte (la dama)<br />
e il giusto tutto dall’altra (il servo)? Perché Parini<br />
ci presenta un caso, in cui la posizione da considerare<br />
“giusta” è una sola? Perché non esamina i rapporti tra<br />
i nobili ed i servi da un punto <strong>di</strong> vista più generale?<br />
Ad esempio: un fatto così succedeva raramente o<br />
spesso? (Se succedeva raramente, l’episo<strong>di</strong>o perde<br />
tutto il suo impatto emotivo.) E i servi com’erano?<br />
Tutti fedeli così o anche sfaticati? La dama poi era<br />
così stupida da cacciare un servo <strong>di</strong> cui poteva apprezzare<br />
il servilismo e la devozione? Con questo episo<strong>di</strong>o<br />
Parini vuole suscitare compassione nel lettore,<br />
ma evita <strong>di</strong> mettere in <strong>di</strong>scussione la rigida <strong>di</strong>visione<br />
in classi della società, che a lui, con qualche minimo<br />
aggiustamento, va bene così.