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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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Ma, perché il primo molte volte non basta, conviene<br />

ricorrere al secondo. Pertanto un principe deve sapere<br />

usare bene la bestia (=la forza) e l’uomo (=le leggi).<br />

Questo principio è stato insegnato ai principi in modo<br />

coperto (=allusivo, simbolico) dagli antichi scrittori, i<br />

quali scrivono che Achille e molti altri principi antichi<br />

furono allevati dal centauro Chirone, affinché li ammaestrasse<br />

alla sua scuola. Ciò vuol <strong>di</strong>re avere come<br />

precettore un essere mezzo bestia e mezzo uomo, perché<br />

un principe deve sapere usare l’una e l’altra natura<br />

e perché l’una senza l’altra non può durare.<br />

3. Un principe dunque, essendo necessitato a saper<br />

usare bene la bestia, deve prendere come modello la<br />

volpe ed il leone, perché il leone non sa <strong>di</strong>fendersi dai<br />

lacci (=trappole, inganni), la volpe non sa <strong>di</strong>fendersi<br />

dai lupi (=forza, violenza). Bisogna dunque essere<br />

volpe per conoscere i lacci ed essere leone per intimorire<br />

i lupi. Coloro che praticano soltanto il leone non<br />

si intendono <strong>di</strong> politica. Pertanto un signore prudente<br />

non può né deve mantenere la parola data, quando il<br />

mantenerla è controproducente e quando sono scomparse<br />

le cause che la fecero promettere. Se gli uomini<br />

fossero tutti buoni, questo precetto non sarebbe buono;<br />

ma, perché essi sono tristi (=malvagi) e non la<br />

manterrebbero a te, tu pure non devi mantenerla a loro.<br />

Né mai ad un principe mancarono i motivi legittimi<br />

per giustificare questa inosservanza. Di ciò si potrebbero<br />

dare infiniti esempi moderni e mostrare<br />

quante paci, quante promesse sono state nulle e vane<br />

perché i principi non hanno rispettato la parola data. E<br />

quello che ha saputo usare meglio la volpe, ha ottenuto<br />

migliori risultati. Ma è necessario sapere ben nascondere<br />

questa natura ed essere gran simulatore e<br />

<strong>di</strong>ssimulatore. Sono tanto semplici (=stupi<strong>di</strong>, ingenui)<br />

gli uomini, e tanto obbe<strong>di</strong>scono alle necessità del<br />

momento, che colui che inganna troverà sempre qualcuno<br />

che si lascerà ingannare.<br />

4. Fra gli esempi recenti voglio citare questo. Papa<br />

Alessandro VI non fece mai altro, non pensò mai ad<br />

altro che ad ingannare gli uomini; e sempre trovò<br />

qualcuno da poterlo fare. Nessuno mai ebbe maggior<br />

forza persuasiva <strong>di</strong> lui e nessuno mai con i più gran<strong>di</strong><br />

giuramenti affermò una cosa, che poi non mantenesse.<br />

E tuttavia sempre i suoi inganni ebbero successo, perché<br />

conosceva bene questa parte della natura umana.<br />

Un principe dunque non deve necessariamente avere<br />

<strong>di</strong> fatto tutte le qualità sopra in<strong>di</strong>cate, ma deve apparire<br />

(=mostrare) <strong>di</strong> averle. Dirò <strong>di</strong> più: se le ha e se le<br />

osserva sempre, esse sono dannose; se appare (=mostra)<br />

<strong>di</strong> averle, sono utili. Egli deve apparire (=mostrarsi)<br />

pietoso, leale, umano, sincero, religioso; e deve<br />

avere queste qualità. Tuttavia, quando bisogna non<br />

averle (=sono controproducenti), deve anche essere<br />

capace <strong>di</strong> saperle mutare nel loro contrario. E bisogna<br />

capire che un principe, soprattutto un principe nuovo,<br />

non può osservare tutte quelle cose per le quali gli<br />

uomini sono ritenuti buoni, perché spesso, per mantenere<br />

lo Stato, è necessitato ad operare contro la parola<br />

data, contro la carità, contro l’umanità, contro la religione.<br />

Perciò bisogna che egli abbia un animo <strong>di</strong>sposto<br />

a cambiare, secondo che i venti della fortuna e i<br />

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mutamenti delle cose gli impongono. E, come <strong>di</strong>ssi<br />

più sopra, non deve allontanarsi dal bene, se può farlo;<br />

ma deve sapere entrare nel male, se è costretto dalla<br />

necessità.<br />

5. Pertanto un principe deve avere gran cura che non<br />

gli esca mai <strong>di</strong> bocca una cosa che non sia piena delle<br />

cinque qualità sopra in<strong>di</strong>cate; e appaia, a vederlo e a<br />

u<strong>di</strong>rlo, tutto pietà, tutto lealtà, tutto sincerità, tutto<br />

umanità, tutto religione. E non c’è cosa più necessaria<br />

che apparire (=mostrare) <strong>di</strong> avere quest’ultima qualità.<br />

Gli uomini in generale giu<strong>di</strong>cano più in base a ciò<br />

che vedono (=l’apparenza) che non in base a ciò che<br />

toccano (=la realtà effettiva): tutti vedono l’aspetto<br />

esteriore delle cose, ma pochi intendono ciò che vi sta<br />

<strong>di</strong>etro (=la realtà effettiva). Pertanto un principe deve<br />

preoccuparsi unicamente <strong>di</strong> vincere e <strong>di</strong> mantenere lo<br />

Stato: i mezzi saranno sempre giu<strong>di</strong>cati onorevoli e<br />

lodati da tutti, perché il volgo va sempre trascinato<br />

con l’apparenza e non con la realtà effettiva, e nel<br />

mondo c’è soltanto volgo, ed i pochi non avranno seguito<br />

né ascolto, quando i molti hanno dove appoggiarsi<br />

(=i risultati ed i successi ottenuti dal principe,<br />

comunque essi siano stati ottenuti). Un principe dei<br />

nostri tempi (=Fer<strong>di</strong>nando il Cattolico, re <strong>di</strong> Spagna),<br />

che non è bene nominare, non pre<strong>di</strong>ca mai altro che<br />

pace e lealtà, e dell’una e dell’altra è inimicissimo; e<br />

l’una e l’altra, se le avesse osservate, gli avrebbero<br />

più volte fatto perdere la reputazione o lo Stato.<br />

Commento<br />

1. La tesi <strong>di</strong> Machiavelli è semplice e ormai preve<strong>di</strong>bile:<br />

la parola data si mantiene se è strumentalmente<br />

utile mantenerla; non si mantiene se è dannoso mantenerla:<br />

il principe “prudente non può né deve mantenere<br />

la parola data, quando il mantenerla è controproducente<br />

e quando sono scomparse le cause che la fecero<br />

promettere”. Sarebbe bello – commenta l’autore<br />

– poterla mantenere; ma nel mondo reale in cui si vive<br />

se tu la mantieni al tuo avversario, quello non la mantiene<br />

a te, e tu sei rovinato: è meglio prevenirlo.<br />

2. Il capitoletto presenta due capisal<strong>di</strong> del pensiero <strong>di</strong><br />

Machiavelli: a) la “realtà effettuale”, cioè la realtà dei<br />

fatti (già incontrata nel cap. XV), che deve sostituirsi<br />

a tutte le teorizzazioni astratte; e b) il pessimismo circa<br />

l’uomo e la natura umana. L’unica speranza per<br />

imporsi e per dominare questa realtà negativa è la virtù<br />

del principe, che lotta con ogni mezzo per costruire<br />

e consolidare lo Stato. Sembrerebbe poi che nello Stato<br />

sia il principe sia l’uomo comune trovino il luogo e<br />

i mo<strong>di</strong> per condurre una vita degnamente umana.<br />

L’autore però non si spinge ad affrontare questa problematica,<br />

poiché è preso dai problemi relativi alla<br />

costruzione preliminare e al mantenimento dello stesso<br />

Stato.<br />

3. Il testo mostra anche come l’autore si avvicina ai<br />

testi antichi, che interpreta in modo allegorico; e come<br />

si avvicini in modo per noi antistorico e anacronistico<br />

al passato, per trarne insegnamenti vali<strong>di</strong> per il<br />

presente. Sotto questa metodologia c’è la convinzione<br />

che esista una realtà immutabile ed astorica e una<br />

scienza ugualmente astorica e perenne, capace <strong>di</strong> in-

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