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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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nezia all’impero asburgico; Teresa, che pure lo ama,<br />

accetta <strong>di</strong> sposarsi con il nobile Edoardo, a cui il padre<br />

l’aveva promessa. Jacopo perciò si suicida con un<br />

colpo <strong>di</strong> pugnale. In una lettera famosa Jacopo parla<br />

del suo incontro con Giuseppe Parini, il “vecchio venerando”,<br />

modello <strong>di</strong> virtù e <strong>di</strong> impegno civile.<br />

Le due o<strong>di</strong> A Luigia Pallavicini caduta da cavallo<br />

(1802) e All’amica risanata (1802-03), cantano in termini<br />

neoclassici la bellezza rasserenatrice.<br />

I sonetti, pubblicati nel 1803, fondono elementi autobiografici,<br />

visti in una prospettiva romantica, e cultura<br />

greca classica. Nel sonetto Alla sera il poeta fa della<br />

sera l’immagine della morte, che lo porta a pensare al<br />

nulla eterno. Essa scende sempre gra<strong>di</strong>ta su <strong>di</strong> lui,<br />

perché acquieta il suo spirito sconvolto dagli affanni e<br />

dalle passioni.<br />

Alla sera (1802)<br />

Forse perché sei l’immagine della quiete fatale (=la<br />

morte) tu, o Sera, scen<strong>di</strong> su <strong>di</strong> me così gra<strong>di</strong>ta! Sia<br />

quando ti accompagnano lietamente le nuvole estive e<br />

i venti sereni (=d’estate),<br />

sia quando dall’aria nevosa porti sulla terra notti inquiete<br />

e lunghe (=d’inverno), sempre scen<strong>di</strong> [da me]<br />

invocata, ed occupi le vie più nascoste del mio cuore.<br />

Mi fai vagare con i miei pensieri verso il cammino<br />

che porta al nulla eterno; e intanto questo tempo malvagio<br />

fugge, e con lui se ne vanno le infinite<br />

preoccupazioni in mezzo alle quali esso si consuma<br />

insieme con me; e, mentre io guardo la tua pace, si<br />

acquieta quello spirito sconvolto dalle passioni, che<br />

mi ruggisce dentro il petto.<br />

Riassunto. Forse perché è l’immagine della morte, la<br />

sera scende sul poeta sempre gra<strong>di</strong>ta, sia d’estate sia<br />

d’inverno. Con i pensieri lo fa andare al nulla eterno,<br />

che accompagna la morte. E intanto si consuma questo<br />

tempo malvagio e con esso si consumano le preoccupazioni.<br />

E, mentre egli guarda la pace della sera,<br />

dorme quello spirito sconvolto dalle passioni, che ha<br />

dentro <strong>di</strong> lui.<br />

Commento<br />

1. Per Foscolo la sera <strong>di</strong>venta romanticamente l’immagine<br />

della morte (la fatal quiete, il nulla eterno),<br />

che scende sempre su <strong>di</strong> lui gra<strong>di</strong>ta e invocata, perché<br />

acquieta gli affanni e le passioni che lo hanno sconvolto<br />

durante il giorno.<br />

2. Il poeta esprime le sue idee atee e materialistiche e<br />

le sue reminiscenze classiche: l’idea del tempo che<br />

fugge; e l’idea del tempo malvagio.<br />

3. Il motivo della sera è un tópos letterario: con sensibilità<br />

profondamente <strong>di</strong>versa lo trattano Dante in If. II,<br />

1-3, Pg. VIII, 1-6, Giacomo Leopar<strong>di</strong> ne Il sabato del<br />

villaggio (1829), Giovanni Pascoli ne La mia sera,<br />

Gabriele D’Annunzio ne La sera fiesolana, Salvatore<br />

Quasimodo in Ed è subito sera. La sera più intensa e<br />

struggente è quella <strong>di</strong> Dante: “Era già l’ora che volge<br />

128<br />

il desio Ai navicanti e ‘ntenerisce il core...” (Pg. VIII,<br />

1-6).<br />

Nel sonetto A Zacinto il poeta rivolge il pensiero alla<br />

sua isola natia, nella quale non potrà più tornare. La<br />

sua patria reale lo porta subito a pensare alla sua patria<br />

ideale: la Grecia, i suoi eroi ed i suoi miti (Venere<br />

e la bellezza, Omero e la poesia, Ulisse e l’eroe perseguitato<br />

dal destino avverso).<br />

A Zacinto (1802-03)<br />

Io non toccherò mai più le tue sacre rive, dove trascorsi<br />

la mia fanciullezza, o mia Zacinto! Tu ti specchi<br />

nelle onde del mar Egeo, dalle quali nacque la<br />

vergine<br />

Venere. Essa faceva feconde quelle isole con il suo<br />

primo sorriso. Perciò cantò il tuo cielo sereno e i tuoi<br />

boschi la poesia famosa <strong>di</strong> Omero, che cantò anche<br />

le peregrinazioni per mare e per luoghi <strong>di</strong>versi, a causa<br />

delle quali Ulisse, bello per la fama e per le sventure,<br />

baciò [alla fine] la sua Itaca rocciosa.<br />

Tu avrai soltanto il canto <strong>di</strong> questo tuo figlio, o mia<br />

terra natale. A me il destino ha prescritto una sepoltura<br />

[in terra straniera] senza le lacrime [dei miei cari].<br />

Riassunto. Il poeta si rivolge all’isola in cui è nato,<br />

lamentandosi <strong>di</strong> non poter più ritornare sulle sue<br />

spiagge, davanti alle quali nacque Venere e che furono<br />

cantate da Omero, lo stesso che cantò le peregrinazioni<br />

e il ritorno in patria <strong>di</strong> Ulisse. Egli potrà dare<br />

solamente il suo canto alla sua isola, poiché il destino<br />

lo farà morire in terra straniera.<br />

Commento<br />

1. Il sonetto parla dell’autore nei primi due versi e negli<br />

ultimi tre; negli altri parla delle tre figure più significative<br />

del mondo classico: Venere, simbolo<br />

dell’amore ma anche della bellezza, Omero, simbolo<br />

della poesia, quin<strong>di</strong> Ulisse, simbolo dell’eroe. A <strong>di</strong>stanza<br />

<strong>di</strong> 2.500 anni la cultura greca viene sentita come<br />

contemporanea. Il poeta, in modo piuttosto esplicito,<br />

si paragona ad Ulisse (ambedue sono eroi romantici;<br />

l’unica <strong>di</strong>fferenza, che poi va a vantaggio del<br />

poeta, è che Ulisse riesce a ritornare in patria, egli<br />

no); ed anche ad Omero, il poeta per antonomasia,<br />

che ha cantato la sua isola (ed i viaggi <strong>di</strong> Ulisse). Nel<br />

sonetto è presente un motivo estraneo alla cultura<br />

classica: è l’ideale romantico <strong>di</strong> patria, che proviene<br />

dalla Rivoluzione francese. I greci erano estremamente<br />

litigiosi, in<strong>di</strong>vidualisti e campanilisti: la loro città<br />

era superiore a tutte le altre della Grecia. L’unica cosa<br />

che li univa era l’o<strong>di</strong>o verso i bàrbaroi, gli stranieri.<br />

2. Agli inizi dell’Ottocento scoppia una violentissima<br />

polemica tra i classicisti, che si richiamavano alla perennità<br />

della cultura classica, ed i romantici, che proponevano<br />

una cultura impegnata ed attuale. Giovanni<br />

Berchet (1783-1851) nella Lettera semiseria <strong>di</strong> Grisostomo<br />

al suo figliolo (1816) polemizza con i sostenitori<br />

della cultura classica e sostiene la tesi che i veri<br />

classici sono i romantici: Omero ha usato la mitolo-

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