20.06.2013 Views

pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

SHOW MORE
SHOW LESS

Create successful ePaper yourself

Turn your PDF publications into a flip-book with our unique Google optimized e-Paper software.

Riassunto. 1. Tu, o età dell’oro – <strong>di</strong>ce il coro –, fosti<br />

bella non perché i fiumi erano pieni <strong>di</strong> latte ed esisteva<br />

una primavera eterna, 2. ma perché non esisteva<br />

quel falso idolo, che poi fu chiamato Onore, ad opprimere<br />

le schiere degli innamorati. Allora esisteva<br />

un’unica legge, scolpita dalla Natura nel cuore degli<br />

uomini: “Una cosa, se piace, è lecita”. 3. Allora non<br />

occorrevano gli amorini con i loro archi a far innamorare<br />

i pastori e le ninfe. E le fanciulle mostravano le<br />

loro bellezze, che ora tengono nascoste. 4. Tu, o Onore,<br />

velasti la fonte dei piaceri, facesti abbassare gli<br />

occhi alle fanciulle e ponesti un freno alle parole ed ai<br />

gesti. Ed ora si deve rubare ciò che fu donato<br />

dall’Amore. 5. E le tue azioni più meritevoli sono<br />

l’averci dato pene e pianti. Ma tu che cosa fai tra questi<br />

pastori? Va’ via, va’ a turbare i sonni dei potenti e<br />

lascia vivere queste genti secondo il costume delle<br />

genti antiche. Amiamo, perché la vita umana è destinata<br />

a passare rapidamente. 6. Amiamo, perché il sole<br />

tramonta e poi risorge. Noi invece, dopo la sua breve<br />

luce, siamo destinati ad un sonno eterno.<br />

Commento<br />

1. L’Aminta presenta quasi tutti i motivi della poetica<br />

tassiana: la vita semplice e spontanea a contatto con la<br />

natura; il sopraggiungere del <strong>di</strong>o Onore, che impone<br />

le regole e la repressione dei desideri e che perciò<br />

provoca infelicità; il desiderio <strong>di</strong> ritornare alla vita<br />

spontanea ed istintiva in mezzo alla natura e tra i pastori.<br />

Manca soltanto la problematica religiosa, che <strong>di</strong><br />

lì a poco, con gli altri motivi, sarà il filo conduttore<br />

della Gerusalemme liberata.<br />

2. Il coro presenta in modo drammaticamente contrapposto<br />

il mondo naturale, dominato dalla legge del<br />

piacere, e il mondo sociale, dominato dalla legge<br />

dell’onore. Tra i due mon<strong>di</strong> e tra le due leggi non vi è<br />

alcuna possibilità <strong>di</strong> me<strong>di</strong>azione.<br />

3. Il congedo finale mostra l’ispirazione edonistica e<br />

pagana della favola. Esso invita ad amare, poiché il<br />

sole muore, ma poi rinasce; invece l’uomo, una volta<br />

morto, non può più ritornare a vivere. Tale ispirazione<br />

si ripresenta numerose volte nel corso del poema, ad<br />

esempio nell’episo<strong>di</strong>o del giar<strong>di</strong>no della maga Armida<br />

(XVI, 9-60), nel quale un pappagallo in mezzo ad una<br />

natura lussureggiante filosofeggia paganamente invitando<br />

a cogliere la rosa e la giovinezza, prima che<br />

sfioriscano.<br />

4. Il coro mostra chiaramente due aspetti della poesia<br />

tassiana: l’ispirazione languida e sensuale; e la vena<br />

<strong>di</strong> profonda tristezza davanti a un destino angoscioso<br />

<strong>di</strong> morte, oltre il quale non sembra esserci alcuna speranza.<br />

5. Il congedo è una traduzione letterale <strong>di</strong> tre versi <strong>di</strong><br />

Catullo (Carmina, V, 4-6).<br />

Tasso scrive la canzone Al Metauro (1578) in agosto,<br />

mentre è a Urbino alla corte <strong>di</strong> Francesco Maria II<br />

della Rovere o nella villa <strong>di</strong> un amico presso il fiume<br />

Metauro. Con essa intendeva ottenere la protezione<br />

del duca. Egli la lascia interrotta forse perché nel set-<br />

90<br />

tembre dello stesso anno pensa già ad altre protezioni:<br />

lascia Urbino, per recarsi alla corte dei Savoia.<br />

1. O figlio piccolo ma glorioso del grande Appennino<br />

e <strong>di</strong> nome molto più chiaro che <strong>di</strong> onde, come pellegrino<br />

in fuga io vengo sulle tue cortesi e amiche sponde,<br />

per avere sicurezza e riposo. La grande Quercia<br />

(=stemma dei duchi <strong>di</strong> Urbino), che tu bagni e fecon<strong>di</strong><br />

con le tue acque dolcissime (perciò essa <strong>di</strong>spiega i<br />

rami così che raggiunge i monti Appennini e il mare<br />

Adriatico), mi ricopra con la sua ombra (=mi protegga).<br />

L’ombra sacra, ospitale, che non nega ad alcuno<br />

riposo e accoglienza sotto la sua gentile frescura, mi<br />

raccolga e mi nasconda nella parte più fitta della<br />

chioma, così che io sia celato da quella crudele e cieca<br />

dea (=la Fortuna), che è cieca e tuttavia mi vede, benché<br />

io da lei mi nasconda sul monte o nella valle, e<br />

benché io muova i miei passi, <strong>di</strong> notte e come uno<br />

sconosciuto, lungo una via solitaria; e mi colpisce così<br />

che mostra <strong>di</strong> avere verso i miei mali tanti occhi<br />

quante frecce ha [nella faretra].<br />

2. Ohimè!, dal giorno in cui respirai per la prima volta<br />

le arie vitali e apersi gli occhi in questo mondo che<br />

per me non è mai stato sereno, io fui un giocatolo e un<br />

bersaglio <strong>di</strong> quella [dea] ingiusta e malvagia, e dalla<br />

sua mano soffersi ferite che il passare degli anni rimargina<br />

appena. Lo sa Partenope, la gloriosa Sirena,<br />

genitrice [<strong>di</strong> Napoli], presso il cui sepolcro io nacqui:<br />

così, avessi io potuto avere lì la mia tomba o una semplice<br />

fossa al primo colpo [avverso della Fortuna]!.<br />

L’ingiusta Fortuna mi strappò ancor bambino dal seno<br />

<strong>di</strong> mia madre. Ah!, sospirando io mi ricordo <strong>di</strong> quei<br />

baci che ella bagnò con lacrime <strong>di</strong> dolore e [mi ricordo]<br />

delle preghiere ardenti che il vento fugace portò<br />

via: io non dovevo congiungere mai più il mio viso al<br />

suo viso, accolto fra le sue braccia con abbracci così<br />

stretti e tenaci. Ahimè!, e seguii con passi incerti, come<br />

Ascanio o Camilla, mio padre costretto a peregrinare<br />

[<strong>di</strong> corte in corte].<br />

3. Io <strong>di</strong>venni adulto in un esilio <strong>di</strong>fficile e duro in<br />

quelle tristi peregrinazioni [<strong>di</strong> corte in corte]: ebbi<br />

un’esperienza precoce delle sofferenze; e, prima del<br />

tempo, l’asprezza delle vicende e dei dolori maturò in<br />

me l’acerbità degli anni. Io narrerò la sua vecchiaia<br />

inferma e misera e tutti i suoi danni. Forse io non sono<br />

così ricco dei miei guai, che non offra sufficiente<br />

materia per un canto doloroso? Dunque qualcun altro<br />

oltre che io deve (=merita d’) essere pianto da me?<br />

Già insufficienti al mio desiderio [<strong>di</strong> esprimere il mio<br />

dolore] sono i sospiri, e questi miei occhi così pieni <strong>di</strong><br />

lacrime non pareggiano le lacrime alle pene. O padre,<br />

o buon padre che mi guar<strong>di</strong> dal cielo, io ti piansi<br />

quand’eri ammalato e dopo che moristi (tu lo sai bene),<br />

e con i miei gemiti riscaldai la tua tomba e il tuo<br />

letto: ora che hai raggiunto la felicità nelle sfere celesti,<br />

a te è riservato l’onore, non il lutto: a me sia riservato<br />

tutto il mio dolore.<br />

Riassunto. Il poeta cerca sicurezza e riposo sulle<br />

sponde del fiume Metauro, e si augura <strong>di</strong> trovare ospitalità<br />

presso la corte <strong>di</strong> Urbino, così che egli sia sot-

Hooray! Your file is uploaded and ready to be published.

Saved successfully!

Ooh no, something went wrong!