pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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spersa dei crudeli signori, che fugge lontano dalle<br />
spade dei nemici e che non si ferma.<br />
4. Li vede ansanti – come fiere impaurite –, con le<br />
lunghe chiome rossicce rese irte dalla paura, cercare<br />
la familiare oscurità del nascon<strong>di</strong>glio; e qui, lasciato il<br />
consueto atteggiamento minaccioso, le donne superbe,<br />
con il viso pallido, guardare pensierose i figli pensierosi.<br />
5. E sopra i fuggitivi, con la spada assetata <strong>di</strong> sangue<br />
– come cani lasciati liberi – correndo, frugando, da<br />
destra, da sinistra vengono i guerrieri nemici: [la plebaglia<br />
<strong>di</strong>visa] li vede e, rapita da una contentezza sconosciuta,<br />
con agile speranza anticipa l’avvenimento e<br />
sogna la fine della sua dura servitù.<br />
6. U<strong>di</strong>te! Quei forti guerrieri che tengono il campo [<strong>di</strong><br />
battaglia], che precludono le vie <strong>di</strong> fuga ai vostri tiranni,<br />
son giunti da lontano, per sentieri <strong>di</strong>fficili: sospesero<br />
le gioie <strong>di</strong> banchetti festosi, sorsero in fretta<br />
da ozii piacevoli, chiamati repentinamente dalla tromba<br />
<strong>di</strong> guerra.<br />
7. Essi lasciarono nelle sale della <strong>di</strong>mora nativa le<br />
donne accorate, che ripetevano l’ad<strong>di</strong>o, le preghiere, i<br />
consigli, che il pianto interruppe: hanno la fronte carica<br />
degli elmi ammaccati, hanno posto le selle sui loro<br />
bruni cavalli, volarono sul ponte levatoio, che risuonò<br />
cupamente.<br />
8. A schiere passarono <strong>di</strong> terra in terra, cantando<br />
gioiose canzoni <strong>di</strong> guerra, ma pensando nel cuore ai<br />
dolci castelli: per valli <strong>pietro</strong>se, per <strong>di</strong>rupi scoscesi<br />
vegliarono in armi nelle notti gelide, ricordando i confidenti<br />
colloqui d’amore.<br />
9. Gli ignoti pericoli <strong>di</strong> soste <strong>di</strong>sagevoli, le marce veloci<br />
per alture impervie senza traccia [<strong>di</strong> passaggi umani],<br />
la dura <strong>di</strong>sciplina militare, i <strong>di</strong>giuni sopportarono;<br />
si videro le lance dei nemici scagliate sui petti,<br />
accanto agli scu<strong>di</strong>, vicino agli elmi, u<strong>di</strong>rono le frecce<br />
volare fischiando.<br />
10. E il premio sperato, promesso a quei forti [guerrieri],<br />
sarebbe, o illusi!, mutare la sorte, porre fine al<br />
dolore <strong>di</strong> una plebe straniera? Ritornate alle vostre<br />
superbe rovine, alle opere servili delle officine riarse<br />
dal fuoco, ai solchi bagnati da sudore servile.<br />
11. Il vincitore si mescola con il nemico vinto, con il<br />
nuovo signore rimane l’antico; un popolo e l’altro vi<br />
stanno sul collo. Dividono i servi, <strong>di</strong>vidono gli armenti;<br />
si inse<strong>di</strong>ano insieme sui campi insanguinati <strong>di</strong> una<br />
plebaglia <strong>di</strong>visa, che non ha neppure il nome.<br />
Riassunto. 1. Dagli antichi palazzi in rovina e dai<br />
campi bagnati <strong>di</strong> sudore servile un volgo <strong>di</strong>sperso alza<br />
la testa, colpito da una inattesa notizia. 2. Nei suoi occhi<br />
dubbiosi traspare il coraggio degli antichi romani;<br />
e l’umiliazione presente contrasta con il misero orgoglio<br />
per la grandezza del passato. 3. Si raduna e si <strong>di</strong>sperde,<br />
e guarda con speranza i crudeli oppressori che<br />
fuggono davanti ai nemici. 4. Vede i superbi guerrieri<br />
cercare i nascon<strong>di</strong>gli del loro covo; e vede le loro<br />
donne pallide guardare i figli. 5. Vede i vincitori inseguire<br />
gli sconfitti; e spera che siano giunti per porre<br />
fine alla loro servitù. 6. Ma i vincitori sono giunti da<br />
lontano, hanno interrotto la vita festosa per impugnare<br />
Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 145<br />
le armi. 7. Hanno lasciato le loro donne e i loro castelli.<br />
8. Hanno affrontato marce forzate e notti gelide,<br />
pensando sempre alle loro <strong>di</strong>more e ai colloqui<br />
d’amore. 9. Hanno sopportato la fame e rischiato la<br />
vita in battaglia. 10. E il premio sperato, promesso a<br />
quei forti, sarebbe quello <strong>di</strong> liberare un volgo straniero<br />
dall’oppressione? Gli italici si illudono, e possono<br />
tornare alle loro attività servili. 11. Il vincitore si mescola<br />
con il nemico vinto. Con il nuovo signore rimane<br />
anche l’antico: due oppressori ora pesano sulle<br />
spalle <strong>di</strong> un volgo che non ha nemmeno il nome.<br />
Commento<br />
1. Il coro si può <strong>di</strong>videre in due parti: a) nella prima<br />
gli italici vedono i longobar<strong>di</strong> in fuga davanti ai franchi,<br />
e sperano che i franchi siano venuti a liberarli<br />
dalla servitù; b) nella seconda il poeta interviene con<br />
una argomentazione: i franchi non hanno lasciato le<br />
loro <strong>di</strong>more né hanno affrontato mille pericoli per venire<br />
a liberare un volgo straniero. Gli italici possono<br />
perciò abbandonare la speranza <strong>di</strong> vedere finita la loro<br />
servitù: vincitori e vinti si uniscono e l’oppressione<br />
<strong>di</strong>venta ancora più grave. La conclusione, implicita, è<br />
perciò la seguente: gli italici, se vogliono la libertà,<br />
non devono contare su aiuti stranieri; devono lottare<br />
con le proprie forze.<br />
2. La trage<strong>di</strong>a ha una <strong>di</strong>mensione religiosa e politica.<br />
a) Essa affronta il problema del male e del dolore nella<br />
vita umana e nella storia: Adelchi e la sorella Ermengarda<br />
appartengono al popolo degli oppressori<br />
eppure essi stessi sentono il peso dell’ingiustizia e<br />
dell’oppressione. Adelchi muore in <strong>di</strong>fesa del suo popolo.<br />
Ermengarda è ripu<strong>di</strong>ata da Carlo, che essa amava,<br />
e costretta a ritirarsi in convento: soltanto la morte<br />
sembra l’unica via d’uscita ad una vita <strong>di</strong> dolore. Carlo<br />
accorre in aiuto della Chiesa, minacciata dai longobar<strong>di</strong>;<br />
ma non è immune dalla violenza: ripu<strong>di</strong>a la<br />
moglie per un’altra donna. Per lo scrittore resta irrisolto<br />
il problema ed il mistero del male nella storia.<br />
b) Essa è anche il dramma <strong>di</strong> tre popoli: i longobar<strong>di</strong><br />
opprimono gli italici; ma sentono a loro volta l’amarezza<br />
della sconfitta. Gli italici sperano che i franchi<br />
vincitori siano venuti a liberarli dall’oppressione longobarda.<br />
Ma la speranza dura poco: essi devono ora<br />
subire anche l’oppressione dei nuovi vincitori, che si<br />
alleano con gli antichi signori. I franchi scendono in<br />
Italia per <strong>di</strong>fendere la Chiesa, e sconfiggono i longobar<strong>di</strong>.<br />
Essi però non hanno affrontato i pericoli per<br />
niente: <strong>di</strong>vidono i servi e gli armenti dei longobar<strong>di</strong><br />
sconfitti. Così gli italici hanno un nuovo oppressore.<br />
3. Il poeta interviene <strong>di</strong>rettamente nel coro, con durezza<br />
e sarcasmo, nei confronti degli italici: “U<strong>di</strong>te!<br />
Quei pro<strong>di</strong> che tengono il campo...”. Essi sono degli<br />
illusi, se sperano che i franchi siano venuti a liberarli<br />
dall’oppressione longobarda. Egli fonde riflessione<br />
storica e ragionamento politico: i franchi non possono<br />
avere affrontato tanti rischi per liberare un volgo <strong>di</strong>sperso;<br />
essi, realisticamente, li hanno affrontato in vista<br />
del bottino che potevano conquistare. Altre argomentazioni<br />
si trovano in Marzo 1821: gli oppressori<br />
hanno tra<strong>di</strong>to le promesse <strong>di</strong> libertà che avevano fatto