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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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noia. Il poeta ha costruito l’i<strong>di</strong>llio in modo or<strong>di</strong>nato e<br />

consequenziale; ed ora presenta un’argomentazione<br />

quasi matematica, per <strong>di</strong>mostrare le sue idee.<br />

4. A questo punto il poeta arricchisce e allarga il testo<br />

introducendo una identità-corrispondenza tra sabatodomenica<br />

da una parte, giovinezza-maturità dall’altra:<br />

la giovinezza corrisponde al sabato, quin<strong>di</strong> la maturità<br />

corrisponde alla domenica. E l’argomentazione <strong>di</strong>venta<br />

questa: come il sabato, anche la giovinezza è gioiosa;<br />

come la domenica, anche la maturità è triste.<br />

5. A questa ulteriore argomentazione segue l’argomentazione<br />

finale: o fanciullo, go<strong>di</strong> la tua giovinezza,<br />

go<strong>di</strong> l’attesa della maturità, non avere fretta <strong>di</strong> raggiungere<br />

la maturità, perché soltanto adesso puoi essere<br />

felice, perché soltanto nell’attesa consiste la felicità.<br />

La maturità sarà una delusione, perché non ti darà<br />

la felicità che speravi e perché preannunzia la tristezza<br />

della vecchiaia.<br />

6. Il poeta si proietta verso il paese, come fa anche ne<br />

Il passero solitario, e guarda con tenerezza la ragazza,<br />

la vecchietta, i ragazzi, il conta<strong>di</strong>no, poi <strong>di</strong>aloga con<br />

il ragazzino che ha fretta <strong>di</strong> crescere. Una sera <strong>di</strong>versa<br />

è quella <strong>di</strong> Dante in Pg. VIII, 1-6; quella <strong>di</strong> Foscolo<br />

nel sonetto Alla sera; quella <strong>di</strong> Pascoli intitolata La<br />

mia sera; quella <strong>di</strong> D’Annunzio intitolata La sera fiesolana.<br />

Le Operette morali (1827, 1835, 1847) affrontano in<br />

modo più sistematico e riflessivo i temi degli i<strong>di</strong>lli.<br />

Nel Dialogo della Natura e <strong>di</strong> un Islandese (1824)<br />

Leopar<strong>di</strong> affronta il tema dei rapporti dell’uomo con<br />

la natura e del significato del dolore nell’esistenza degli<br />

esseri viventi. La trama è la seguente:<br />

Riassunto. Un islandese, che aveva girato tutto il<br />

mondo, giunge in Africa, sotto l’equatore. Qui, con<br />

l’aspetto <strong>di</strong> una donna gigantesca, incontra la Natura,<br />

la sua mortale nemica. Tra uomo e Natura inizia un<br />

<strong>di</strong>alogo. L’islandese <strong>di</strong>ce che l’ha sempre fuggita. La<br />

Natura allora gli chiede perché. L’uomo ne spiega il<br />

motivo raccontando la sua storia. Fin da giovane vide<br />

la vanità della vita e la stoltezza degli uomini: essi<br />

cercano piaceri che non <strong>di</strong>lettano e si fanno infiniti<br />

mali che potrebbero evitare. Egli perciò, volendo evitare<br />

<strong>di</strong> recare e <strong>di</strong> subire offese, cerca una vita oscura<br />

e tranquilla. Ma non la trova. Egli si libera degli uomini<br />

e delle loro molestie abbandonando la vita sociale.<br />

Tuttavia, pur vivendo privandosi <strong>di</strong> ogni piacere,<br />

non riusciva ad evitare i patimenti: la sua isola era<br />

fredda d’inverno, calda d’estate, e poi c’era il costante<br />

pericolo dei vulcani. Perciò egli la lascia e cerca altrove<br />

un luogo più vivibile. Ma ogni luogo della terra<br />

che visita ha i suoi pericoli, tanto che egli pensa che la<br />

Natura avesse destinato all’uomo un unico luogo della<br />

terra dove vivere e che perciò l’uomo dovesse incolpare<br />

se stesso delle sue sofferenze. Egli però non trova<br />

nessun luogo dove poter vivere senza incorrere in<br />

malattie, pur astenendosi da ogni piacere. Ed ora vede<br />

già che la vecchiaia sta tristemente sopraggiungendo.<br />

La Natura risponde che lei non ha fatto il mondo per<br />

l’uomo e che non si preoccupa né della felicità né<br />

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dell’infelicità umana. Anzi non si accorge nemmeno<br />

se provoca felicità o infelicità agli uomini. L’uomo<br />

allora risponde con un esempio: immaginiamo che un<br />

ricco m’inviti nella sua villa e che io, per compiacerlo,<br />

ci vada. Qui egli mi fa mangiare e dormire male e<br />

mi fa bastonare dai servi. Se io mi lamentassi dei maltrattamenti<br />

e se egli mi rispondesse che non ha costruito<br />

la villa per me, io allora gli chiederei perché<br />

mi ha invitato: non gli ho chiesto io <strong>di</strong> andare.<br />

L’islandese pone la stessa domanda alla Natura: perché<br />

l’ha messo al mondo, perché lo ricopre <strong>di</strong> dolori e<br />

qual è il senso dell’universo? La Natura risponde che<br />

la vita dell’universo è un ciclo infinito <strong>di</strong> produzione<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzione, ognuna delle quali alimenta l’altra.<br />

Perciò, se cessa una delle due, cessa anche l’altra, e<br />

l’universo si <strong>di</strong>ssolverebbe. La sofferenza è quin<strong>di</strong><br />

necessaria. L’islandese allora chiede che senso ha la<br />

vita dell’universo, se è conservata con la sofferenza e<br />

la morte <strong>di</strong> tutti gli esseri che lo compongono. La Natura<br />

sta rispondendo, quando giungono due leoni<br />

mezzo morti <strong>di</strong> fame, che <strong>di</strong>vorano l’islandese. Così,<br />

almeno per quel giorno, sopravvivono alla morte. Altri<br />

invece <strong>di</strong>cono che un vento violentissimo lo seppellisce<br />

sotto la sabbia. Da qui è <strong>di</strong>ssotterrato e collocato<br />

in un museo <strong>di</strong> una qualche città dell’Europa.<br />

Commento<br />

1. L’operetta morale non ha precedenti nella storia<br />

della <strong>letteratura</strong> <strong>italiana</strong>: è nello stesso tempo opera <strong>di</strong><br />

prosa, <strong>di</strong> poesia e <strong>di</strong> filosofia.<br />

2. Essa ha una struttura <strong>di</strong>alogica e non propone verità<br />

a cui credere. La risposta resta problematica, possibile,<br />

aperta. L’autore vuole affrontare e <strong>di</strong>scutere le<br />

questioni, non proporre soluzioni dogmatiche, valide<br />

una volta per tutte.<br />

3. Il tema dell’operetta è stato trattato più volte anche<br />

negli i<strong>di</strong>lli. Ogni volta però il poeta sa riesaminare e<br />

ri<strong>di</strong>scutere le conclusioni a cui è pervenuto. La scelta<br />

del <strong>di</strong>alogo è funzionale a questo scopo. Prima <strong>di</strong> lui<br />

la scelta del <strong>di</strong>alogo – per sua natura aperto ed antidogmatico<br />

– era stata fatta da Galileo Galilei (1564-<br />

1642) e dal filosofo ateniese Platone (427-347 a.C.).<br />

Ad esempio qui il poeta cerca <strong>di</strong> approfon<strong>di</strong>re la questione,<br />

proponendo questa risposta alla realtà del dolore:<br />

nascita e <strong>di</strong>struzione sono ugualmente inevitabili<br />

e necessarie, perché danno l’esistenza alla natura. Se<br />

ne mancasse una, mancherebbe anche l’altra; e la natura<br />

annichilirebbe. Nel posteriore Canto notturno <strong>di</strong><br />

un pastore errante dell’Asia (1829-30) il poeta fa un<br />

<strong>di</strong>alogo solitario con la luna e scopre il dolore universale,<br />

che coinvolge in<strong>di</strong>stintamente tutti gli esseri viventi.<br />

In tal modo dal pessimismo storico perviene al<br />

pessimismo cosmico.<br />

4. Il pessimismo <strong>di</strong> Leopar<strong>di</strong> riba<strong>di</strong>sce il valore della<br />

vita e il <strong>di</strong>svalore della morte. Mezzo secolo dopo<br />

Giovanni Verga (1840-1922) propone un pessimismo<br />

assoluto e senza speranza nella novella Fantasticheria<br />

(1880) come nelle altre sue opere: il mondo è fatto <strong>di</strong><br />

vinti, chi cerca <strong>di</strong> uscire dalle sue dure con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong><br />

vita e dalla sua collocazione sociale va incontro alla<br />

rovina e in essa coinvolge anche i suoi cari; meglio

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