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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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ancora allo scontro tra i fantasmi dei soldati greci e<br />

quelli dei soldati persiani.<br />

È fortunato l’amico Ippolito Pindemonte, che nella<br />

giovinezza percorreva il mar Egeo. Egli certamente ha<br />

u<strong>di</strong>to narrare che la marea ha portato le armi <strong>di</strong> Achille<br />

sulla tomba <strong>di</strong> Aiace, dopo averle tolte ad Ulisse,<br />

che non le meritava: la morte <strong>di</strong>spensa giustamente la<br />

gloria. Il poeta quin<strong>di</strong> invita le Muse a chiamarlo ad<br />

evocare gli eroi. Oggi nella Troade, ormai sterile, risplende<br />

un luogo caro ad Elettra. Prima <strong>di</strong> morire, la<br />

ninfa si rivolse a Giove, che la amava, chiedendogli<br />

l’immortalità della fama, se non poteva avere quella<br />

del corpo. In quel luogo essa fu sepolta con tutta la<br />

sua <strong>di</strong>scendenza. Sulla sua tomba venivano le donne<br />

troiane, per allontanare, ma inutilmente, dai loro mariti<br />

la morte vicina. Veniva anche Cassandra, quando<br />

era ispirata dal <strong>di</strong>o Apollo, e cantava un canto<br />

d’amore ai nipoti: “Se essi fossero tornati dalla prigionia,<br />

avrebbero cercato invano la loro patria; <strong>di</strong> essa<br />

sarebbero rimaste soltanto le tombe. Un giorno tra<br />

quelle tombe sarebbe venuto un cieco (=Omero) ad<br />

interrogare le urne. Esse avrebbero raccontato la fine<br />

<strong>di</strong> Troia per mano dei principi greci. Il sacro poeta avrebbe<br />

placato quelle anime ed eternato il nome dei<br />

principi greci per tutta la terra. E Ettore avrebbe avuto<br />

lacrime <strong>di</strong> compianto dovunque sia sacro il sangue<br />

versato per la patria e finché il sole risplenderà sulle<br />

sciagure dell’umanità”.<br />

Commento<br />

1. Gli elementi portanti del carme sono: a) il sentimento<br />

romantico-aristocratico della vita; b) la centralità<br />

della cultura classica greca; c) la funzione civile<br />

ed immortalatrice della poesia, che supera il silenzio<br />

dei secoli e che attribuisce la fama e la gloria; d) la<br />

centralità dell’ideale romantico-rivoluzionario <strong>di</strong> patria,<br />

che viene proiettato sulla cultura greca; e) la funzione<br />

incitatrice e civile delle tombe dei gran<strong>di</strong>; f) un<br />

pessimismo fatalistico, che celebra la guerra (e mette<br />

in secondo piano le arti), anche se è portatrice <strong>di</strong> morte<br />

e <strong>di</strong> <strong>di</strong>struzioni. Il carme sembra mettere in secondo<br />

piano la bellezza rasserenatrice cantata dalla cultura<br />

neoclassica e proporre l’immagine e l’ideale <strong>di</strong> una<br />

società guerriera, in sintonia con la società europea<br />

posteriore alla Rivoluzione francese, che conosce una<br />

militarizzazione <strong>di</strong>ffusa dal 1789 al 1815. A questa<br />

visione “militaristica” della società e della storia non<br />

è forse estranea la professione militare del poeta.<br />

2. Conviene confrontare questa visione in<strong>di</strong>vidualistica,<br />

bellicistica, passatistica ed aristocratica della società<br />

e della patria <strong>di</strong> Foscolo con quella ben più articolata<br />

<strong>di</strong> Manzoni: “una d’arme, <strong>di</strong> lingua, d’altare,<br />

Di memorie, <strong>di</strong> sangue, <strong>di</strong> cor” (Marzo 1821). Foscolo<br />

è totalmente proiettato verso la storia e la cultura<br />

del passato; Manzoni invece si preoccupa <strong>di</strong> dare il<br />

suo contributo teorico e pratico, per attuare l’unità<br />

d’Italia nel presente: la patria viene liberata non dagli<br />

eroi romantici, nel cui animo vibra il <strong>di</strong>o protettore<br />

della patria; ma dai patrioti, che nel segreto tramano e<br />

preparano le armi, e che poi mettono in atto la loro<br />

strategia razionale e democratica.<br />

132<br />

GIACOMO LEOPARDI (1798-1837)<br />

La vita. Giacomo Leopar<strong>di</strong> nasce a Recanati nel 1798<br />

da una famiglia nobile ma economicamente decaduta.<br />

Si forma sulla ricchissima e un po’ antiquata biblioteca<br />

paterna. Impara il latino, il greco e un po’ <strong>di</strong> ebraico.<br />

Lo stu<strong>di</strong>o “matto e <strong>di</strong>speratissimo” gli rovina però<br />

la salute, già malferma. Nel 1817 stringe amicizia con<br />

Pietro Giordani, uno dei maggiori letterati del tempo,<br />

che gli suggerisce <strong>di</strong> raccogliere le sue riflessioni nello<br />

Zibaldone (1817-32). Lo stesso anno si innamora <strong>di</strong><br />

Geltrude Cassi, una cugina del padre: l’esperienza,<br />

tutta interiore, lo sconvolge. Nel 1819 cerca <strong>di</strong> fuggire<br />

dall’atmosfera soffocante <strong>di</strong> Recanati. La fuga è scoperta<br />

e impe<strong>di</strong>ta dal padre. Tra il 1818 e il 1821 scrive<br />

i Piccoli i<strong>di</strong>lli. Nel 1822 ottiene il permesso <strong>di</strong> andare<br />

a Roma. La città lo delude. L’anno dopo ritorna a Recanati.<br />

Intanto la sua fama <strong>di</strong> poeta si <strong>di</strong>ffonde. Nel<br />

1824 scrive la maggior parte delle Operette morali.<br />

Nel 1825 parte per Bologna e poi per Milano. Qui<br />

l’e<strong>di</strong>tore Stella gli garantisce un mensile per l’e<strong>di</strong>zione<br />

delle opere <strong>di</strong> Cicerone. Ritorna poi a Recanati,<br />

fermandosi a Bologna, dove inizia una relazione con<br />

la contessa Teresa Carniani Malvezzi. La donna lo<br />

ammira, ma non lo corrisponde. Il poeta allora rompe<br />

ogni rapporto. Nel 1827 riparte per Firenze, dove era<br />

stato invitato da Giovan Pietro Viesseux che <strong>di</strong>rigeva<br />

l’“Antologia” (1821-33), una rivista su posizioni moderato-liberali.<br />

Qui conosce Gino Capponi, Niccolò<br />

Tommaseo, Giuseppe Montani, Pietro Colletta e gli<br />

altri collaboratori della rivista. Conosce anche Alessandro<br />

Manzoni, che non lo colpisce. L’ambiente fiorentino<br />

non lo respinge, ma per la <strong>di</strong>versità <strong>di</strong> idee<br />

non riesce ad inserirsi. Si sposta così a Pisa. Tra il<br />

1828 e il 1830 scrive i Gran<strong>di</strong> i<strong>di</strong>lli. Nel 1828 torna a<br />

Recanati. Nel 1829 Colletta a nome degli amici toscani<br />

gli propone un assegno mensile, che gli avrebbe<br />

permesso <strong>di</strong> lavorare in piena libertà. Il poeta accetta<br />

e ritorna a Firenze. Qui nel 1831 pubblica i Canti. Ha<br />

una relazione amorosa con Fanny Targioni Tozzetti,<br />

che si conclude con una delusione. Si lega con una<br />

profonda amicizia ad Antonio Ranieri, un esule napoletano.<br />

Nel 1832 inizia il poemetto satirico Paralipomeni<br />

della batracomiomachia <strong>di</strong> Omero. Nel 1833 la<br />

delusione amorosa e le con<strong>di</strong>zioni <strong>di</strong> salute sempre<br />

più <strong>di</strong>fficili spingono il poeta a lasciare Firenze e a<br />

recarsi a Napoli con Ranieri. Qui l’e<strong>di</strong>tore Starita prepara<br />

l’e<strong>di</strong>zione delle sue opere. Nel 1835 appare il<br />

primo volume, che contiene i Canti. Esso viene sequestrato<br />

dalla polizia borbonica. L’anno dopo viene<br />

bloccato il secondo volume, quello più “temibile” delle<br />

Operette morali. Nel 1837 alle falde del Vesuvio,<br />

dove si era ritirato per fuggire il colera che aveva colpito<br />

la città, Leopar<strong>di</strong> scrive La ginestra o il fiore del<br />

deserto, il suo testamento poetico e intellettuale.<br />

Muore nel 1837.<br />

Le opere. Leopar<strong>di</strong> scrive lo Zibaldone (1817-32),<br />

una raccolta quasi quoti<strong>di</strong>ana <strong>di</strong> <strong>appunti</strong> e <strong>di</strong> riflessioni<br />

su problemi vari; i Piccoli i<strong>di</strong>lli (1819-21); le Operette<br />

morali (1824), <strong>di</strong> vario contenuto filosofico; poi

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