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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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la penna dell’angelo Gabriele e i carboni con cui fu<br />

arrostito san Lorenzo. Egli è solito portare le due reliquie<br />

con sé in due cassette uguali, e molto spesso è<br />

successo che le ha confuse. Questa volta però non è<br />

stato un errore, è stata la volontà <strong>di</strong> Dio a fargli prendere<br />

la cassetta sbagliata, visto che <strong>di</strong> lì a qualche<br />

giorno era la festa <strong>di</strong> san Lorenzo. Prima <strong>di</strong> mostrare i<br />

carboni frate Cipolla ricorda ai fedeli che essi sono<br />

miracolosi: chi è segnato da un segno <strong>di</strong> croce fatto<br />

con quei carboni, può stare sicuro che per tutto l’anno<br />

il fuoco non lo brucerà che non si senta. La gente li<br />

guarda con riverenza; quin<strong>di</strong>, facendo offerte molto<br />

maggiori del solito, prega il frate <strong>di</strong> segnarla con quei<br />

carboni. Il frate allora fa gran<strong>di</strong> croci sui vestiti degli<br />

uomini e delle donne, affermando che i carboni più si<br />

consumavano, più ricrescevano nella cassetta. Così<br />

segna tutti i certaldesi, con grande tornaconto personale,<br />

e beffa coloro che, prendendogli la penna, pensavano<br />

<strong>di</strong> schernirlo. I due amici, vedendo il modo in<br />

cui il frate aveva parato la loro beffa, ridono tanto che<br />

temono <strong>di</strong> smascellarsi. Quando la gente se ne va,<br />

vanno da lui e gli restituiscono la penna, che l’anno<br />

seguente al frate rende non meno <strong>di</strong> quanto avevano<br />

reso quel giorno i carboni.<br />

Commento<br />

1. I protagonisti della novella sono, come al solito,<br />

pochi e ben delineati: frate Cipolla, il servo Guccio<br />

Imbratta (o Guccio Porco o Guccio Balena), i due amici<br />

burloni, la serva dell’oste, i certaldesi creduloni.<br />

2. Il frate è basso, grosso, dai capelli rossicci, gran<br />

parlatore e dalla mente sveglia. Considera la religione<br />

come una merce da piazzare presso il popolo credulone,<br />

che ama e che vuole essere stupito. Quando si trova<br />

in <strong>di</strong>fficoltà (apre la borsa e trova carboni anziché<br />

la penna dell’angelo Gabriele), non si perde d’animo<br />

e non se la prende con il servo, che sa irresponsabile e<br />

pieno <strong>di</strong> cattive qualità. Prima se la prende con sé,<br />

perché si è fidato <strong>di</strong> Guccio, che sa inaffidabile. Poi<br />

cerca una soluzione. Per poterla trovare ha bisogno <strong>di</strong><br />

tempo, perciò incomincia a fare un lungo <strong>di</strong>scorso<br />

senza capo né coda. Contemporaneamente pensa per<br />

trovare la soluzione, e la trova: i carboni sono quelli<br />

serviti ad arrostire san Lorenzo, e lo scambio <strong>di</strong> cassette<br />

è stato voluto da Dio, poiché <strong>di</strong> lì a qualche<br />

giorno è la festa del santo... Il frate non si accontenta<br />

<strong>di</strong> parare la beffa che gli è stata giocata. Cerca anche<br />

<strong>di</strong> volgerla a suo vantaggio. E, raccontando la storia<br />

<strong>di</strong> san Lorenzo, vi riesce. Probabilmente la soluzione<br />

non gli è costata grande fatica: l’imbroglio quoti<strong>di</strong>ano<br />

costituisce il suo modo <strong>di</strong> vivere normale. Non si sente<br />

nemmeno colpevole <strong>di</strong> ciò: egli dà al popolo quel<br />

che il popolo chiede. Ed il popolo, che ha fame <strong>di</strong> miracoli,<br />

è contento, e lo ringrazia concretamente abbondando<br />

in elemosine. Il frate non si preoccupa <strong>di</strong><br />

non riuscire a trovare una soluzione: ha davanti a sé<br />

un popolo credulone e ha una fiducia totale nel potere<br />

persuasivo della parola. Ed egli sa parlare e sa <strong>di</strong>re ciò<br />

che l’interlocutore vuol sentirsi <strong>di</strong>re. Se l’interlocutore<br />

è stupido – egi si può sempre giustificare – non è<br />

certamente colpa sua. Boccaccio aveva tratteggiato<br />

58<br />

un’altra figura <strong>di</strong> frate in Ser Ciappelletto (I, 1): un<br />

santo frate, che si era formato sui libri, che crede a<br />

quello che vuole sentirsi <strong>di</strong>re da ser Ciappelletto moribondo,<br />

e che pensa anche agli interessi economici<br />

del convento. La polemica contro i religiosi è un motivo<br />

conduttore del Decameron.<br />

3. Il servo Guccio Imbratta o Guccio Porco o Guccio<br />

Balena è degno compare del frate. Di religioso non ha<br />

nemmeno l’apparenza. È pura materia. Si crede ancora<br />

più saccente del padrone, ed è una copia ancora<br />

peggiore del padrone, perché non è illuminato nemmeno<br />

dal più piccolo barlume <strong>di</strong> intelligenza. Usa la<br />

ragione e la parola per sod<strong>di</strong>sfare i suoi appetiti fisici.<br />

E corteggia in<strong>di</strong>scriminatamente tutte le donne che<br />

incontra, a cui fa promesse sconclusionate <strong>di</strong> matrimonio.<br />

Corteggia con gran<strong>di</strong> <strong>di</strong>scorsi la serva, che è<br />

un mostro <strong>di</strong> bruttezza. Eppure il suo degrado morale<br />

e la sua vita soltanto istintuale colpiscono il suo datore<br />

<strong>di</strong> lavoro, che né elenca con puntiglio e quasi con<br />

orgoglio tutti i <strong>di</strong>fetti. Per poco la sua figura non<br />

sfugge <strong>di</strong> mano allo stesso autore, che ne è affascinato<br />

e che gli sta dando più spazio che al frate.<br />

4. La serva è una donna bruttissima, grassa e grossa,<br />

piccola e mal fatta, con un paio <strong>di</strong> poppe che parevano<br />

due cestoni da letame, tutta sudata, unta ed affumicata.<br />

Sembra sprovvista anche <strong>di</strong> parola, quin<strong>di</strong> non<br />

ha la minima scintilla <strong>di</strong> intelligenza. Essa è materia<br />

vivente e fascio <strong>di</strong> istinti animaleschi. È dominata dalla<br />

cieca necessità <strong>di</strong> sod<strong>di</strong>sfare i suoi istinti ancor più<br />

del servo Guccio Imbratta, che la corteggia. È un corpo<br />

che vive, uno stomaco che <strong>di</strong>vora. Guccio invece è<br />

un corpo dominato dai sensi e dagli istinti, ed usa la<br />

ragione e la parola per ottenere tutto ciò che può sod<strong>di</strong>sfare<br />

i suoi appetiti animaleschi. Essa fa parte dei<br />

livelli più bassi dei servi e del popolo. Boccaccio aveva<br />

già descritto altri servi, come Chichibìo e Brunetta<br />

(VI, 4) e come il servo senza nome che va da Cisti<br />

fornaio con un grande fiasco (VI, 2). Egli li colloca<br />

sempre nei gra<strong>di</strong>ni più bassi della società, attribuisce<br />

loro scarse capacità intellettuali e li fa dominare dagli<br />

istinti. Insomma sembra <strong>di</strong>re che, se si trovano nelle<br />

parti più basse della gerarchia sociale, c’è un motivo:<br />

la loro poca intelligenza e il fatto che sono dominati<br />

dal puro istinto. Ben altra cosa sono gli aristocratici –<br />

dallo spregiu<strong>di</strong>cato Musciatto Franzesi (I, 1) al giovane<br />

Nastagio degli Onesti (V, 8), dall’ambasciatore<br />

Geri Spina (VI, 2) all’irascibile Currado Gianfigliazzi<br />

(VI, 4) –, il cui potere è legato proprio al fatto che sono<br />

i migliori.<br />

5. I due amici giocano spensieratamente uno scherzo<br />

al frate, senza preoccuparsi delle conseguenze che esso<br />

poteva avere. Ad esempio i certaldesi si potevano<br />

sentire imbrogliati o presi in giro, e trattare il frate <strong>di</strong><br />

conseguenza. Essi giocano la beffa, perché a quel<br />

tempo e in quella società la beffa era uno dei pochi<br />

<strong>di</strong>vertimenti possibili. Essi costituiscono la “spalla” o<br />

i deuteragonisti del personaggio principale, come in<br />

altre novelle (i due usurai fiorentini che ospitano ser<br />

Ciappelletto, i due malandrini che incontrano Andreuccio<br />

da Perugia ecc.). Ma non hanno, né possono<br />

avere, uno sviluppo artistico autonomo.

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