pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana
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ti raccolti per la notte), Per raddoppiare forse la luce<br />
del nuovo giorno.<br />
Una parte <strong>di</strong> essi, scherzando in una nuvola ricca e<br />
folta, Cadeva come una pioggia sopra le belle spalle;<br />
Una parte a forma <strong>di</strong> riccioli d’oro se ne andava serpeggiando<br />
Tra la bellezza del seno e del viso.<br />
Io vi<strong>di</strong> il <strong>di</strong>o Amore che fra i rami lucenti Dei suoi<br />
capelli dorati (com’è solito fare) Tendeva mille trappole<br />
al mio cuore;<br />
E [vi<strong>di</strong>] il sole, teso nello splendore dei suoi occhi unici<br />
e Preziosi, e preso dai suoi capelli d’oro, Ruotare<br />
come un girasole!<br />
Commento<br />
1. L’inizio è volutamente contorto: “La mia donna,<br />
alzandosi dal suo letto, aveva sciolto all’aria i suoi<br />
capelli (che hanno tolto ogni valore all’oro), forse per<br />
raddoppiare la luce del nuovo giorno”.<br />
2. Il sonetto presenta giochi fonici (l’aura, l’auro),<br />
che ricordano il petrarchesco Erano i capei d’oro a<br />
l’aura (=l’aria e Laura) sparsi (XC). Nella terzina<br />
finale il poeta sfrutta con estrema abilità la polisignificanza<br />
dei termini: sol(e) significa “come suole”,<br />
“nello splendore dei suoi occhi unici e rari, “sole<br />
(=astro)”. È presente pure nella parola composta girasole.<br />
Questa è l’invenzione ingegnosa con cui il poeta<br />
chiude il sonetto.<br />
3. Il tema della donna e dei capelli bion<strong>di</strong> è antichissimo<br />
e sfruttatissimo. Risale ancora alla Scuola siciliana.<br />
Marino però con grazia ed abilità riesce ancora<br />
a trattarlo con originalità e con grande vivacità. I giochi<br />
e le invenzioni non appesantiscono né rendono artificioso<br />
il sonetto. L’autore inoltre inserisce la donna<br />
in un contesto quoti<strong>di</strong>ano, più vicino all’esperienza<br />
del lettore: la donna si sta alzando dal letto. Questo è<br />
un ulteriore motivo <strong>di</strong> novità rispetto alla tra<strong>di</strong>zione<br />
letteraria dantesca, petrarchesca e dei petrarchisti, che<br />
voleva la donna lontana e irraggiungibile.<br />
L’Adone (1623) è un poema in 20 canti, composto da<br />
5.113 ottave, che canta gli amori tra Adone e Venere.<br />
L’opera contiene molte deviazioni dal tema principale<br />
ed è lunga 40.904 versi (nelle Metamorfosi Ovi<strong>di</strong>o<br />
racconta la stessa storia in soli 73 versi). L’opera vuole<br />
essere il poema dei poemi: l’autore vuole riprendere<br />
tutti i motivi della poesia tra<strong>di</strong>zionale (l’eroico, il<br />
romanzesco, il tragico, il mitologico, il pastorale, il<br />
<strong>di</strong>dascalico, il comico, il patetico-sentimentale,<br />
l’erotico), e superare i poeti del passato. In due episo<strong>di</strong><br />
famosi il poeta canta la rosa e gareggia con<br />
l’usignolo.<br />
Elogio della rosa (III, 156, 158-159)<br />
156. “O rosa, tu sei il sorriso del <strong>di</strong>o Amore, tu sei<br />
scesa dal cielo, tu sei <strong>di</strong>venuta rossa per colpa del mio<br />
sangue (=<strong>di</strong> Venere), tu sei il pregio del mondo e il<br />
fregio della natura, tu sei vergine figlia della terra e<br />
del sole, tu sei il piacere e la preoccupazione <strong>di</strong> ogni<br />
ninfa e <strong>di</strong> ogni pastore, tu sei l’onore della famiglia<br />
profumata dei fiori, tu hai il primato su tutto ciò che è<br />
104<br />
bello, tu sei la regina più splen<strong>di</strong>da fra il popolo dei<br />
fiori. [...]<br />
158. Tu sei l’incanto dei giar<strong>di</strong>ni, tu sei la bellezza dei<br />
prati, tu sei la gemma della primavera e l’occhio del<br />
mese <strong>di</strong> aprile. Le grazie e gli amorini ti usano per fare<br />
una ghirlanda da mettere sopra i capelli oppure sopra<br />
il seno. Tu dai da bere dentro la tua corolla <strong>di</strong> rubino<br />
il tuo nettare dolcissimo all’ape e al vento che<br />
vengono ad alimentarsi.<br />
159. Il sole non deve insuperbire perché è più splendente<br />
delle stelle che sono più piccole, perché anche<br />
tu ondeggi tra i fiori bianchi, e alle viole mostri la tua<br />
superba bellezza. Con le tue bellezze uniche e rare tu<br />
sei lo splendore <strong>di</strong> questi luoghi, il sole <strong>di</strong> quelli. Egli<br />
nel suo ambito, tu sopra il tuo stelo, tu sei il sole della<br />
terra, egli è la rosa del cielo.”<br />
Il canto dell’usignolo (VII, 32-37)<br />
32. Ma sopra tutti gli uccellini belli e gentili che cantano<br />
e volano con leggiadria in cielo, l’usignolo, la<br />
sirena dei boschi, effonde il suo spirito tremante ed<br />
acuto; e modula in modo tale il suo canto, che pare il<br />
maestro del mondo degli uccelli. Esso trasforma il suo<br />
canto in mille mo<strong>di</strong>, trasforma il suo canto in mille<br />
suoni.<br />
33. Che meraviglia ascoltare questo pro<strong>di</strong>gio musicale,<br />
che si ode, sì, ma si sente appena come ora tronca<br />
il canto, ora lo riprende, ora lo ferma, ora lo piega, ora<br />
lo abbassa, ora lo innalza, ora privilegia i suoni gravi,<br />
ora quelli acuti, ora fa <strong>di</strong> dolci note una lunga catena,<br />
e sempre, sia che <strong>di</strong>spieghi la voce in toni alti, sia che<br />
la raccolga in toni bassi, con uguale abilità la lega e la<br />
scioglie. [...]<br />
36. Pare che egli abbia in gola ed in ogni fibra una<br />
ruota rapida o un turbine veloce. Sembra la lingua,<br />
che si muove e si mette a vibrare, sembra la spada <strong>di</strong><br />
uno spadaccino abile e deciso. Se piega e se increspa<br />
oppure se interrompe e tiene sospesa la voce in ritmi<br />
tranquilli, lo <strong>di</strong>rai spirito del cielo, che in tanti mo<strong>di</strong><br />
snoda il suo canto così vario e pieno <strong>di</strong> note.<br />
37. Chi crederà che un’anima così piccola possa contenere<br />
forze così gran<strong>di</strong>? Che un atomo canterino possa<br />
nascondere tanta dolcezza dentro le vene e le ossa?<br />
Che sia, mosso da un alito <strong>di</strong> vento, un canto con le<br />
penne, un suono che vola? O che sia un respiro vivo,<br />
vestito <strong>di</strong> penne, una piuma che canta, un canto che<br />
vola?<br />
ANTON MARIA NARDUCCI, Sembran fere d’avorio<br />
in bosco d’oro<br />
Sembrano fiere d’avorio in un bosco d’oro Le fiere<br />
vagabonde <strong>di</strong> cui siete così ricca; Anzi sono gemme<br />
quelle che voi scuotete Dal tesoro dorato dei vostri<br />
capelli;<br />
Oppure, intenti al loro nobile lavoro, Avete così cambiato<br />
gli amorini, Affinché essi tessano una bella rete<br />
al mio cuore Con i vostri capelli dorati, guardando i<br />
quali io muoio contento.