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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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terpretare le azioni umane in tutti i tempi. Peraltro<br />

questo comportamento, indubbiamente più raffinato e<br />

più critico, non è certamente troppo <strong>di</strong>verso da quello<br />

espresso dai primi crociati, che in Terra Santa pensavano<br />

<strong>di</strong> incontrare gli uccisori <strong>di</strong> Cristo o i loro <strong>di</strong>retti<br />

<strong>di</strong>scendenti. Ed erano passati 1.000 anni. Il tempo <strong>di</strong><br />

Machiavelli è ancora il tempo ciclico delle stagioni, è<br />

ancora il tempo agricolo, che caratterizza la società<br />

europea fino a tempi recentissimi (1950). Il suo approccio<br />

al passato non è <strong>di</strong>verso da quello proposto da<br />

Dante nel Convivio (1304-07) con i quattro sensi delle<br />

scritture.<br />

4. Il principe <strong>di</strong> Machiavelli ha certamente qualche<br />

debolezza umana; tuttavia è un uomo <strong>di</strong>verso dagli<br />

altri uomini, poiché, nonostante gli strumenti abietti<br />

che usa, si propone <strong>di</strong> realizzare un preciso ideale: la<br />

costruzione dello Stato. Soltanto tale realizzazione<br />

giustifica l’impiego immorale o meglio amorale <strong>di</strong><br />

qualsiasi mezzo. Uno Stato in pace e funzionante è<br />

sicuramente utile al principe e alla popolazione. Tuttavia<br />

l’autore non giustifica razionalmente perché il<br />

principe si debba dare tanto da fare per creare lo Stato.<br />

Il motivo effettivo emerge soltanto alla fine dell’opera,<br />

quando egli invita la casa de’ Me<strong>di</strong>ci a mettersi<br />

a capo <strong>di</strong> un movimento <strong>di</strong> liberazione nazionale che<br />

cacci gli stranieri dall’Italia e costruisca (forse) uno<br />

Stato nazionale. Fino a questo momento però non si<br />

capisce perché il principe debba attuare uno scopo così<br />

altruistico; sarebbe più ragionevole pensare che voglia<br />

costruire lo Stato per il suo interesse personale e<br />

per poter sfruttare adeguatamente i sud<strong>di</strong>ti. E ciò era<br />

quanto si poteva normalmente riscontrare nell’Italia<br />

del tempo.<br />

Cap. XXV: Quantum fortuna in rebus humanis<br />

possit, et quomodo illi sit occurrendum (Quanto può<br />

la fortuna nelle azioni umane e in che modo possa essere<br />

affrontata)<br />

1. Non ignoro che molti sono stati e sono dell’opinione<br />

che le cose del mondo siano governate dalla<br />

fortuna o da Dio in modo tale, che gli uomini con la<br />

loro prudenza non possano mo<strong>di</strong>ficarle, e che anzi<br />

non vi abbiano alcun rime<strong>di</strong>o. Perciò essi potrebbero<br />

giu<strong>di</strong>care che non ci si debba impegnare a fondo per<br />

[mo<strong>di</strong>ficare] la realtà, ma che ci si debba lasciar governare<br />

dalla sorte. Questa opinione è stata professata<br />

soprattutto ai nostri tempi, a causa dei gran<strong>di</strong> mutamenti<br />

della situazione politica che si sono visti e che<br />

si vedono ogni giorno, fuori <strong>di</strong> ogni capacità umana <strong>di</strong><br />

prevederli. Pensando a ciò, io talvolta mi sono in<br />

qualche modo inclinato verso questa opinione.<br />

2. Tuttavia, affinché il nostro libero arbitrio non sia<br />

negato, giu<strong>di</strong>co che possa esser vero che la fortuna sia<br />

arbitra della metà delle nostre azioni e che lasci governare<br />

a noi l’altra metà, o quasi. E paragono quella<br />

ad uno <strong>di</strong> quei fiumi rovinosi, che, quando si a<strong>di</strong>rano<br />

(=si ingrossano e rompono gli argini), allagano la pianura,<br />

sra<strong>di</strong>cano gli alberi e <strong>di</strong>struggono gli e<strong>di</strong>fici, levano<br />

da questa parte terreno e lo pongono dall’altra.<br />

Ciascuno fugge davanti ad essi, ognuno cede al loro<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 83<br />

impeto, senza potervi in alcun modo resistere. E, benché<br />

siano fatti così (=per natura violenti), nulla impe<strong>di</strong>sce<br />

che gli uomini, quando i tempi sono tranquilli,<br />

possano prender provve<strong>di</strong>menti con ripari e con argini,<br />

in modo che essi, quando crescono, sfoghino [la<br />

furia delle loro acque] per un canale o non avrebbero<br />

un impeto così sfrenato e così dannoso.<br />

3. In modo simile si comporta la fortuna, la quale <strong>di</strong>mostra<br />

la sua potenza dove non c’è alcuna virtù<br />

(=forza) impegnata [consapevolmente] a resisterle; e<br />

rivolge il suo impeto proprio lì dove essa sa che non<br />

sono stati costruiti gli argini ed i ripari per contenerla.<br />

E, se voi considerate l’Italia, vedrete che essa è una<br />

campagna senza argini e senz’alcun riparo; perché, se<br />

essa fosse <strong>di</strong>fesa da un’adeguata virtù (=forza militare),<br />

come la Germania, la Spagna e la Francia, questa<br />

piena (=le invasioni straniere) non avrebbe provocato<br />

i gran<strong>di</strong> mutamenti che ci sono stati oppure non sarebbe<br />

nemmeno avvenuta. E voglio che basti aver detto<br />

questo per quanto riguarda l[a possibilità <strong>di</strong>] opporsi<br />

alla fortuna in generale.<br />

4. Ma, restringendomi ai casi particolari, <strong>di</strong>co che oggi<br />

si vede un principe ottenere buoni risultati e domani<br />

rovinare senza avergli visto mutare natura o qualità<br />

alcuna. Io credo che ciò <strong>di</strong>penda in primo luogo dalle<br />

cause che si sono lungamente <strong>di</strong>scusse più sopra, cioè<br />

che quel principe, che si affida completamente alla<br />

fortuna, va in rovina, non appena essa varia. Credo<br />

inoltre che ottenga buoni risultati quel [principe] che<br />

adatta il suo modo <strong>di</strong> procedere alle caratteristiche dei<br />

tempi e che similmente non ottenga buoni risultati<br />

quello che non adatta il suo modo <strong>di</strong> procedere ai<br />

tempi.<br />

5. Perché si vede che gli uomini – nelle azioni che li<br />

conducono al fine che si sono prefissi, cioè gloria e<br />

ricchezze – procedono in mo<strong>di</strong> <strong>di</strong>versi: l’uno con cautela,<br />

l’altro con impeto; l’uno con violenza, l’altro con<br />

arte; l’uno con pazienza, l’altro con impazienza. E<br />

ciascuno vi (=alla gloria ed alle ricchezze) può pervenire<br />

con questi <strong>di</strong>versi mo<strong>di</strong> [<strong>di</strong> procedere]. Si vedono<br />

poi due in<strong>di</strong>vidui cauti, uno [dei quali] raggiunge il<br />

suo scopo, l’altro no. E similmente si vedono ottenere<br />

ugualmente buoni risultati due [in<strong>di</strong>vidui] che hanno<br />

applicato princìpi <strong>di</strong>versi, essendo l’uno cauto,<br />

l’altro impetuoso. Ciò <strong>di</strong>pende semplicemente dalle<br />

caratteristiche dei tempi, che si adattano o che non si<br />

adattano al [modo <strong>di</strong>] procedere degli interessati. Da<br />

qui nasce ciò che ho detto, [cioè] che due, operando in<br />

modo uguale, raggiungono uno il fine, l’altro no.<br />

6. Da questo ancora <strong>di</strong>pende il variare della fortuna<br />

umana, perché un [principe], se governa con cautela e<br />

con pazienza e se i tempi e le cose girano in modo che<br />

il suo governo sia buono, allora ottiene buoni risultati;<br />

ma, se i tempi e le cose mutano, egli rovina, perché<br />

non muta il suo modo <strong>di</strong> procedere. Né si trova un<br />

uomo così prudente, che si sappia adattare a questi<br />

mutamenti; sia perché non possiamo deviare da quella<br />

<strong>di</strong>rezione verso la quale la nostra natura ci inclina, sia<br />

anche perché, avendo sempre camminato per una certa<br />

strada, non riusciamo a persuaderci ad abbandonarla.<br />

Perciò l’uomo cauto, quando è giunto il tempo <strong>di</strong>

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