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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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tratto ai colpi della Fortuna (1). Da quando è nato, egli<br />

è stato un giocattolo e un bersaglio della Fortuna:<br />

fu strappato da Napoli e fu privato dell’affetto <strong>di</strong> sua<br />

madre, per seguire il padre nei suoi spostamenti <strong>di</strong><br />

corte in corte (2). Egli racconterà tutti i dolori e la<br />

vecchiaia sofferta del padre. Ma anch’egli è abbastanza<br />

ricco <strong>di</strong> guai, per raccontarli in un canto doloroso.<br />

Ora il padre lo guarda dal cielo, dove ha raggiunto la<br />

felicità. Il poeta invece continua ad essere immerso<br />

nel dolore (3).<br />

Commento<br />

1. Il poeta chiede asilo e protezione alla corte <strong>di</strong> Urbino.<br />

Lo fa anche con il suo protettore nel proemio della<br />

Gerusalemme liberata. Qui descrive una infanzia infelice<br />

al seguito del padre, per commuovere il suo<br />

possibile protettore. I dolori e le lacrime dei vari personaggi<br />

riempiono anche tutti i canti del poema maggiore.<br />

La Gerusalemme liberata (1575, 1581) canta la prima<br />

crociata: i crociati sono giunti in Palestina per liberare<br />

il santo Sepolcro <strong>di</strong> Cristo. All’impresa si oppongono<br />

le forze dell’inferno e gli eserciti degli infedeli; e soprattutto<br />

le passioni e i valori mondani che <strong>di</strong>straggono<br />

i crociati e li allontanano dal campo <strong>di</strong> battaglia.<br />

Goffredo <strong>di</strong> Buglione viene perciò nominato capo supremo<br />

dell’esercito cristiano. Sotto la sua guida i crociati<br />

ritornano alle loro responsabilità e al loro dovere,<br />

asse<strong>di</strong>ano Gerusalemme, sconfiggono gli infedeli e<br />

liberano il santo Sepolcro.<br />

Argomento e de<strong>di</strong>ca (I, 1-5)<br />

1. Canto le armi pie e il capitano (=Goffredo <strong>di</strong> Buglione),<br />

che liberò il grande sepolcro <strong>di</strong> Cristo. Molte<br />

imprese egli porto a termine con il senno e con la mano;<br />

molte sofferenze sopportò in questa gloriosa conquista;<br />

e invano l’Inferno gli si oppose, e invano impugnarono<br />

le armi le popolazioni alleate <strong>di</strong> Asia e <strong>di</strong><br />

Africa. Il Cielo gli fu favorevole, ed egli riportò sotto<br />

le sante insegne della croce i suoi compagni <strong>di</strong>spersi e<br />

fuorviati. 2. O Musa, tu che non circon<strong>di</strong> la fronte con<br />

una gloria effimera sul monte Elicona, ma che hai una<br />

corona dorata <strong>di</strong> stelle immortali su nel cielo, in mezzo<br />

ai cori dei beati, ispira nel mio petto ardori celesti,<br />

illumina il mio canto, e perdonami se intreccio fregi<br />

con il vero (=la fantasia con la storia), se in parte abbellisco<br />

i miei scritti con piaceri <strong>di</strong>versi dai tuoi. 3. Tu<br />

sai che gli uomini corrono dove il Parnaso (=la poesia),<br />

pieno <strong>di</strong> attrazioni, versa maggiormente le sue<br />

dolcezze; e [sai] che il vero, abbellito con dolci versi,<br />

ha persuaso i più schivi con i suoi allettamenti. Così<br />

al fanciullo ammalato porgiamo gli orli del bicchiere<br />

cosparsi <strong>di</strong> un liquido dolce: in tal modo egli, ingannato,<br />

beve la me<strong>di</strong>cina amara, e da questo inganno riceve<br />

la guarigione. 4. Tu, o magnanimo Alfonso<br />

d’Este (che mi sottrai alla furia del destino e mi gui<strong>di</strong><br />

come un pellegrino errante, sbattuto e quasi sommerso<br />

tra gli scogli e le onde), accogli con fronte lieta<br />

questo mio poema, che io ti porgo quasi consacrato a<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 91<br />

te in voto. Forse un giorno la mia penna, che presagisce<br />

quella gloria, oserà scrivere le tue lo<strong>di</strong>, alle quali<br />

ora accenna soltanto. 5. È giusto [che io le canti], se<br />

accadrà che i cristiani si vedranno mai in pace; e con<br />

navi e con cavalli cercheranno <strong>di</strong> riprendere ai feroci<br />

infedeli la grande preda (=il sepolcro <strong>di</strong> Cristo), che<br />

ingiustamente è nelle loro mani; e ti daranno il comando<br />

dell’esercito o, se ti piace, quello della flotta.<br />

In attesa <strong>di</strong> imitare Goffredo, ascolta intanto i nostri<br />

carmi e preparati [ad impugnare] le armi.<br />

Commento<br />

1. Tasso presenta la materia (la liberazione del santo<br />

Sepolcro <strong>di</strong> Cristo da parte dei crociati, sotto la guida<br />

<strong>di</strong> Goffredo <strong>di</strong> Buglione) e lo scopo del poema (abbellire<br />

la verità con gli strumenti della poesia, per guarire<br />

gli uomini dal peccato e riportarli sulla retta via). Il<br />

poema svolge quin<strong>di</strong> lo stesso compito svolto da Goffredo<br />

nei confronti dei crociati, che erano <strong>di</strong>stratti<br />

dall’impresa a causa delle passioni e delle attrazioni<br />

mondane.<br />

2. Contemporaneamente egli de<strong>di</strong>ca il poema al suo<br />

protettore, Alfonso II d’Este, e delinea i rapporti che<br />

ha con lui: Alfonso si comporta nei suoi confronti<br />

come Goffredo nei confronti dei crociati. Questa lode<br />

è riba<strong>di</strong>ta dall’augurio che Alfonso riceva il comando<br />

dell’esercito o della flotta, in un nuovo tentativo <strong>di</strong><br />

liberare il sepolcro <strong>di</strong> Cristo dagli infedeli. Non sod<strong>di</strong>sfatto<br />

delle lo<strong>di</strong> che ha rivolto, Tasso si augura <strong>di</strong><br />

poter un giorno scrivere <strong>di</strong>rettamente le lo<strong>di</strong> del suo<br />

protettore, alle quali ora fa soltanto un accenno.<br />

3. Se si confronta il proemio con quello, equivalente,<br />

dell’Orlando furioso, emergono facilmente le <strong>di</strong>fferenze<br />

dei due poemi e dei due autori. Ariosto canta le<br />

donne, gli amori e le audaci imprese; mostra una mentalità<br />

aperta e <strong>di</strong>sponibile davanti ad una realtà aperta<br />

e impreve<strong>di</strong>bile; ed è riconoscente verso Ippolito<br />

d’Este, suo protettore; ciò però non gli impe<strong>di</strong>sce <strong>di</strong><br />

accusarlo <strong>di</strong> essere avaro; e riversa la sua ironia su<br />

tutto e su tutti, anche su se stesso. Tasso invece sceglie<br />

un argomento religioso e storico, che abbellisce<br />

con la poesia; si propone <strong>di</strong> fare un poema educativo e<br />

religiosamente impegnato a convertire il lettore; professa<br />

valori religiosi tra<strong>di</strong>zionali, immutabili e in<strong>di</strong>scutibili;<br />

è completamente sottomesso e <strong>di</strong>pendente<br />

dal suo protettore, che elogia in modo eccessivo.<br />

L’intellettuale da consulente del principe è <strong>di</strong>venuto<br />

un cortigiano adulatore.<br />

4. Nel seguito del poema emergono ed avranno una<br />

importanza determinante i valori spagnoli <strong>di</strong> fama e <strong>di</strong><br />

gloria, oltre che <strong>di</strong> ricchezza, che per ora sono appena<br />

accennati. Il poeta è in sintonia con i valori e con gli<br />

ideali della Controriforma, e con la funzione che la<br />

Chiesa cattolica attribuisce alla cultura e all’arte: il<br />

piacere della poesia e della cultura è usato come lo<br />

strumento più efficace per trasmettere valori religiosi<br />

(o politici). L’arte affascina lo spettatore, conquista la<br />

sua mente ed il suo cuore; e gli fa raggiungere inconsapevolmente<br />

fini pre<strong>di</strong>sposti da altri.

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