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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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<strong>di</strong> una lauta ricompensa. Sostrata porta la figlia da fra’<br />

Timoteo, che con una lunga serie <strong>di</strong> citazioni prese<br />

dalla Bibbia le <strong>di</strong>mostra che la proposta del marito<br />

non va contro la morale. Lucrezia non è convinta, ma<br />

accetta ugualmente. A sera Callimaco invia la pozione<br />

alla donna, mentre Nicia, Ligurio e fra Timoteo (che<br />

si finge Callimaco) vanno a caccia del giovane che<br />

deve giacere con la donna. Essi catturano un giovane<br />

male in arnese, che è Callimaco che si è travestito, e<br />

lo infilano nel letto <strong>di</strong> Lucrezia. Il mattino dopo Nicia<br />

butta fuori <strong>di</strong> casa Callimaco, che poco dopo racconta<br />

a Ligurio com’è andata. Egli ha confessato alla donna<br />

l’inganno ed il suo amore. Lucrezia gli ha risposto<br />

che lei non avrebbe mai fatto ciò che l’astuzia <strong>di</strong> Callimaco,<br />

la sciocchezza del marito, la semplicità della<br />

madre e la tristezza del confessore l’hanno indotta a<br />

fare. Perciò ritiene che quel che è successo sia una <strong>di</strong>sposizione<br />

del cielo. E lo accetta come amante. Quin<strong>di</strong><br />

lo invita a riprendere il suo travestimento da dottore,<br />

per recarsi la mattina stessa in chiesa, dove lui ed<br />

il marito sarebbero <strong>di</strong>venuti compari. Fra’ Timoteo,<br />

che li sta aspettano, bene<strong>di</strong>ce il nuovo legame tra Nicia<br />

e Callimaco. Nicia, sod<strong>di</strong>sfatto, consegna poi la<br />

chiave <strong>di</strong> casa a Callimaco, affinché possa entrare e<br />

uscire quando desidera.<br />

Commento<br />

1. La Mandragola continua in un’altra veste e in un<br />

altro ambito le riflessioni che l’autore aveva raccolto<br />

nel Principe. Presenta però significative <strong>di</strong>fferenze<br />

rispetto alle conclusioni raggiunte nel manuale: a)<br />

non è la virtus (l’impeto irrazionale e passionale) né<br />

l’audacia giovanile (che pure è capace <strong>di</strong> imporsi sulla<br />

fortuna) a vincere; b) è invece la ragione fraudolenta<br />

ad avere la meglio sui valori e sulle resistenze<br />

della donna. La vittoria <strong>di</strong> questa ragione lascia peraltro<br />

un amaro in bocca allo spettatore: non è la vittoria<br />

dell’intelligenza, ma dell’inganno; non è la vittoria<br />

del migliore, è soltanto la <strong>di</strong>struzione dei valori, che<br />

travolge anche il vincitore, per il quale la più grande<br />

vittoria consiste nella conquista e nel possesso fisico<br />

del bel corpo <strong>di</strong> Lucrezia. Eppure alla fine della<br />

comme<strong>di</strong>a tutti hanno tratto vantaggio: Nicia ha avuto<br />

il sospirato figlio, Callimaco ha avuto l’amore e il<br />

corpo <strong>di</strong> Lucrezia, fra Timoteo ha avuto il suo tornaconto<br />

economico, Ligurio si è <strong>di</strong>mostrato un consigliere<br />

abile e spregiu<strong>di</strong>cato, capace <strong>di</strong> realizzare i desideri<br />

del suo datore <strong>di</strong> lavoro.<br />

1.1. Machiavelli tra il 1513 e il 1518 scopre che la<br />

virtus, l’impeto passionale, ha i suoi limiti, che la<br />

fredda ragione garantisce maggiormente il successo<br />

rispetto alla virtus. Ma scopre anche cose impreve<strong>di</strong>bili:<br />

il successo può avere costi elevatissimi ed effetti<br />

devastanti, può <strong>di</strong>struggere i valori che stanno alla base<br />

della convivenza civile. Il fatto che alla fine tutti<br />

siano contenti non vuole affatto <strong>di</strong>re che si debba cantare<br />

vittoria. La realtà è molto più complessa del previsto.<br />

E la ragione, se non <strong>di</strong>venta altrettanto complessa,<br />

corre il rischio <strong>di</strong> vincere e <strong>di</strong> <strong>di</strong>struggere il<br />

mondo che vuole conquistare. Lo scrittore ha il co-<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 87<br />

raggio <strong>di</strong> andare oltre i risultati del Principe e <strong>di</strong> continuare<br />

l’analisi della realtà effettuale.<br />

2. Nella Mandragola Machiavelli ha lasciato il principe<br />

e i suoi ideali politici ed è <strong>di</strong>sceso in mezzo alla<br />

realtà effettuale, tra gli uomini. Scopre che gli uomini<br />

non sono soltanto malvagi e stupi<strong>di</strong>. Sono anch’essi<br />

capaci, come il principe, <strong>di</strong> usare la forza e l’astuzia<br />

per realizzare i propri desideri. E le usano per raggiungere<br />

i loro fini, molto meno nobili <strong>di</strong> quelli del<br />

principe.<br />

3. La <strong>di</strong>scesa in mezzo alla realtà effettuale ha però<br />

imprevisti contraccolpi sulla figura del principe. La<br />

realtà <strong>di</strong> Nicia e <strong>di</strong> Callimaco è senz’altro una realtà<br />

degradata: il desiderio <strong>di</strong> avere un figlio ad ogni costo,<br />

il timore della fama <strong>di</strong> cornuto; la conquista del<br />

corpo e dell’amore <strong>di</strong> Lucrezia. Ma forse l’autore in<br />

precedenza ha attribuito al principe caratteristiche che<br />

nella realtà effettuale il principe non ha: capacità e<br />

valori fuori e sopra della mischia, la volontà <strong>di</strong> costituire,<br />

rafforzare e <strong>di</strong>fendere lo Stato in nome del bene<br />

comune. Il principe perciò risulta irreale, idealizzato.<br />

Inesistente. Proprio come le repubbliche inesistenti<br />

che lo scrittore criticava. E, quando esso viene rivisto<br />

in termini <strong>di</strong> realtà effettuale, scompare il principe rinascimentale,<br />

che considera lo Stato un’opera d’arte<br />

soggetta alla sua volontà e alle sue capacità, e compare<br />

il principe cinico e brutale che viene proposto da G.<br />

Botero (1544-1617), il servitore docile e amorale del<br />

potere costituito, l’antimachiavelli, che isola il principe<br />

e il potere dal popolo e dà al principe gli strumenti<br />

teorici per giustificare la sua volontà e il suo arbitrio:<br />

la ragion <strong>di</strong> Stato. Il titolo dell’opera, Della ragion <strong>di</strong><br />

Stato (1589), non poteva essere più esplicito. Botero<br />

però chiede qualcosa in cambio <strong>di</strong> questo estremo arbitrio<br />

morale che la Chiesa concede al potere politico<br />

costituito: l’obbe<strong>di</strong>enza ai valori esteriori che essa<br />

propone. Ben inteso, non una obbe<strong>di</strong>enza sincera, che<br />

proviene dal cuore, bensì un’obbe<strong>di</strong>enza esteriore,<br />

tutta apparente. Ligurio rimanda allo stesso Machiavelli<br />

e agli infiniti, cinici e amorali, segretari dei principi<br />

del Cinquecento e del Seicento.<br />

4. I sei anni che lo separano dal Principe hanno reso<br />

l’autore più realistico e più vicino alla realtà effettuale:<br />

non si può <strong>di</strong>re che ci sia l’abbandono del principe<br />

idealizzato a favore della realtà effettuale e della sua<br />

turpitu<strong>di</strong>ne. C’è un effettivo mutamento <strong>di</strong> prospettiva.<br />

La passione ideale e ugualmente la virtus, l’impeto,<br />

l’irruenza non possono nulla contro l’inganno,<br />

l’astuzia, la ragione e tutte le sue per<strong>versioni</strong>. La ragione<br />

raggiunge il suo fine, perché è onnipotente.<br />

5. Le ra<strong>di</strong>ci della comme<strong>di</strong>a vanno trovate in molte<br />

novelle del Decameron, ed anche nella produzione<br />

classica. Alcuni personaggi rimandano a figure stereotipe<br />

come il marito cornuto, lo sciocco che si crede<br />

intelligente, il consigliere cinico e amorale, che<br />

mette la sua intelligenza al servizio del suo datore <strong>di</strong><br />

lavoro, il servo fedele ecc. I riman<strong>di</strong> e le citazioni del<br />

mondo classico costituivano il comportamento normale<br />

e obbligato: i comme<strong>di</strong>ografi del Cinquecento<br />

citavano gli scrittori latini, come questi citavano e<br />

contaminavano le comme<strong>di</strong>e greche. Machiavelli rie-

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