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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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GIOVANNI VERGA (1840-1922)<br />

La vita. Giovanni Verga nasce a Catania nel 1840 da<br />

una famiglia nobile e benestante. Nel 1858 si iscrive<br />

alla facoltà <strong>di</strong> legge, che abbandona nel 1860 quando<br />

Giuseppe Garibal<strong>di</strong> sbarca in Sicilia e provoca il crollo<br />

del regime borbonico. Si arruola nella Guarda nazionale,<br />

dove resta per quattro anni, e prende parte<br />

anche ad azioni che reprimono sommosse conta<strong>di</strong>ne.<br />

Partecipa alla vita culturale <strong>di</strong> Catania e si schiera a<br />

favore dello Stato unitario, contro le tendenze autonomistiche<br />

molto forti in tutta l’isola. Nel 1865 parte<br />

per Firenze, dove resta per alcuni mesi. Vi ritorna nel<br />

1869, quando ha una certa fama <strong>di</strong> scrittore. Qui conosce<br />

Giovanni Prati e Aleardo Alear<strong>di</strong>, gli ultimi esponenti<br />

del tardo Romanticismo, ma anche Luigi<br />

Capuana (1839-1915), con cui stringe amicizia. Nel<br />

1871 torna a Catania, dove pubblica Storia <strong>di</strong> una capinera,<br />

un romanzo tardo-romantico che ha un notevole<br />

successo <strong>di</strong> pubblico e un <strong>di</strong>screto successo <strong>di</strong><br />

critica. Nel 1872 parte per Milano, dove frequenta gli<br />

ambienti alla moda ed il gruppo degli Scapigliati. Qui<br />

pubblica Eva (1873), Eros (1874), Tigre reale (1875),<br />

tutti romanzi <strong>di</strong> ispirazione tardo-romantica. Nel 1874<br />

pubblica Nedda, una novella <strong>di</strong> ispirazione veristica.<br />

Le opere successive confermano l’abbandono dei temi<br />

tardo-romantici ed il passaggio dello scrittore alla poetica<br />

veristica. Negli anni successivi pubblica la raccolta<br />

<strong>di</strong> novelle Vita dei campi (1880) e le Novelle rusticane<br />

(1883). Nel 1880 Verga annuncia il Ciclo dei<br />

vinti, cinque romanzi che dovevano fornire un’analisi<br />

della società dalle classi più umili a quelle più elevate.<br />

Pubblica i primi due, I Malavoglia (1881) e Mastrodon<br />

Gesualdo (1889), e si interrompe agli inizi del<br />

terzo, La contessa <strong>di</strong> Leyra. Degli ultimi due, L’onorevole<br />

Scipioni e L’uomo <strong>di</strong> lusso, lascia soltanto degli<br />

<strong>appunti</strong>. Nel 1893 vince la causa contro la casa e<strong>di</strong>trice<br />

Sonzogno e ottiene £ 143.000 per i <strong>di</strong>ritti<br />

d’autore <strong>di</strong> Cavalleria rusticana, un dramma musicato<br />

con gran<strong>di</strong>ssimo successo da Pietro Mascagni.<br />

Nello stesso anno, deluso dalla tiepida accoglienza<br />

ricevuta dai romanzi ma anche per la crisi a cui si andava<br />

avviando il Verismo, lascia Milano e ritorna a<br />

Catania, dove si de<strong>di</strong>ca soprattutto al teatro e alle novelle.<br />

Si <strong>di</strong>mostra favorevole all’autoritarismo <strong>di</strong><br />

Francesco Crispi (1887-1896) e plaude alla repressione<br />

antioperaia <strong>di</strong> Milano del 1898. Nel 1920 è nominato<br />

senatore del regno. Muore nel 1922. La fama<br />

giunge soltanto dopo la morte.<br />

Le opere. Verga scrive i romanzi <strong>di</strong> ispirazione tardoromantica<br />

Storia <strong>di</strong> una capinera (1871), Eva (1873),<br />

Eros (1874), Tigre reale (1875); la novella Nedda<br />

(1874), <strong>di</strong> ispirazione veristica. Dopo il passaggio al<br />

Verismo scrive la raccolta <strong>di</strong> novelle Vita dei campi<br />

(1880), tra cui Rosso Malpelo (1878), Fantasticheria<br />

(1878-79), L’amante <strong>di</strong> Gramigna (1880), Cavalleria<br />

rusticana (1880), da cui è tratto un dramma teatrale,<br />

La lupa (1880) e Jeli il pastore (1880); e le Novelle<br />

rusticane (1883), tra cui Malaria (1881), Libertà<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 155<br />

(1882), La roba (1883). Quin<strong>di</strong> scrive i due romanzi I<br />

Malavoglia (1881) e Mastro-don Gesualdo (1889),<br />

che dovevano far parte del più vasto Ciclo dei vinti,<br />

interrotto agli inizi del terzo romanzo. Gli altri tre romanzi<br />

dovevano essere: La contessa <strong>di</strong> Leyra,<br />

L’onorevole Scipioni e L’uomo <strong>di</strong> lusso.<br />

Vita dei campi (1880) è una raccolta <strong>di</strong> novelle <strong>di</strong> ispirazione<br />

veristica ambientate in Sicilia.<br />

Rosso Malpelo (1878) è la storia <strong>di</strong> un ragazzino che<br />

ha i capelli rossi e che perciò <strong>di</strong>venta responsabile <strong>di</strong><br />

tutti gli incidenti che avvengono nella miniera in cui<br />

lavora. Suo padre muore nel crollo del pilastro che<br />

sosteneva una galleria. Sua madre e sua sorella, che<br />

non lo avevano mai amato, lo abbandonano. Egli<br />

prende sotto la sua protezione Ranocchio, un ragazzino<br />

che era <strong>di</strong>venuto zoppo cadendo dall’impalcatura<br />

dove lavorava come muratore. La vita durissima della<br />

miniera uccide Ranocchio. Rosso Malpelo si meraviglia<br />

che la madre pianga per lui, che non riusciva a<br />

guadagnare nemmeno quello che mangiava: sua madre<br />

non gli aveva mai fatto nemmeno una carezza.<br />

Nella miniera trova rifugio un evaso <strong>di</strong> prigione. Poco<br />

dopo egli se ne va, affermando che la prigione era<br />

migliore <strong>di</strong> quella vita. Un giorno il proprietario della<br />

miniera vuole esplorare le gallerie, per vedere se esiste<br />

un percorso più breve verso la pianura. Gli operai<br />

si rifiutano <strong>di</strong> esplorare le gallerie e costringono Rosso<br />

Malpelo a farlo. Il ragazzo parte e scompare.<br />

Commento<br />

1. I protagonisti della novella sono: Rosso Malpelo,<br />

suo padre mastro Misciu, gli operai, il proprietario<br />

della miniera e l’ingegnere responsabile, la madre e la<br />

sorella <strong>di</strong> Rosso Malpelo, Ranocchio, la madre <strong>di</strong> Ranocchio,<br />

il criminale che si rifugia nella miniera,<br />

l’asino bigio ed i cani che lo sbranano.<br />

2. Mastro Misciu è preso in giro dai suoi compagni <strong>di</strong><br />

lavoro. Egli li lascia fare. Egli non sa fare molto bene<br />

i suoi interessi ed è pure imprudente: sbaglia alla<br />

grossa a calcolare la sabbia che deve trasportare,<br />

quando fa il contratto a cottimo con il proprietario<br />

della miniera; attacca il pilastro che sostiene la galleria<br />

e ne viene travolto. Non deve avere rapporti molto<br />

sod<strong>di</strong>sfacenti con la moglie, né con la figlia, a causa<br />

del basso salario con cui può mantenere la famiglia.<br />

E, comunque, si prende cura lui del figlio, a cui la<br />

moglie non de<strong>di</strong>ca alcuna attenzione, e lo porta con sé<br />

nella miniera, dove i lavoratori restano per tutta la settimana.<br />

E il figlio prova affetto per il padre. L’emarginazione<br />

e la mancanza <strong>di</strong> prestigio del padre presso<br />

gli altri operai coinvolge anche il figlio, che <strong>di</strong>venta<br />

capro espiatorio <strong>di</strong> tutti gli incidenti che avvengono<br />

nella miniera. Non si può <strong>di</strong>re che portare un ragazzino<br />

nella miniera a fare lavori pesanti sia il modo migliore<br />

per farlo crescere. Ma mastro Misciu riesce a<br />

fare soltanto questo: non riesce a costringere la moglie<br />

o la figlia a prendersi cura <strong>di</strong> lui, né ad affidare il<br />

figlio ad un’altra parente.

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