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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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Erminia tra i pastori (VII, 1-22)<br />

1. Intanto Erminia è condotta dal cavallo fra gli alberi<br />

ombrosi <strong>di</strong> un bosco secolare. La sua mano tremante<br />

non governa più il freno e appare mezza viva e mezza<br />

morta. Il cavallo, che l’ha in sua balìa, percorre tanti e<br />

tanti sentieri, che alla fine si <strong>di</strong>legua dagli occhi degli<br />

inseguitori ed è inutile che essi continuino l’inseguimento.<br />

2. Come dopo una caccia lunga e faticosa, se<br />

ne tornano tristi e pieni <strong>di</strong> desiderio i cani, che han<br />

perduto le tracce della fiera, che dall’aperta campagna<br />

si è nascosta nella selva; così, pieni <strong>di</strong> rabbia e <strong>di</strong> vergogna,<br />

i cavalieri cristiani ritornano stanchi all’accampamento.<br />

Erminia continua la sua fuga e, timorosa<br />

e smarrita, non si volge nemmeno per vedere se è inseguita.<br />

3. Ella fuggì tutta la notte ed errò tutto il<br />

giorno senza scopo e senza guida: non ode e non vede<br />

intorno nient’altro che le sue lacrime ed i suoi lamenti.<br />

Ma nell’ora in cui il Sole scioglie i cavalli dal carro<br />

adorno e si riposa in grembo al mare (=al tramonto<br />

del sole), giunge alle chiare acque del bel Giordano,<br />

scese in riva al fiume e qui si lasciò cadere a terra. 4.<br />

Non prende cibo, perché si nutre soltanto dei suoi mali<br />

e perché ha sete soltanto <strong>di</strong> pianto. Ma il sonno, che<br />

con il suo dolce oblìo è pausa e quiete dei miseri mortali,<br />

sopì i suoi dolori e, contemporaneamente, i suoi<br />

sensi e <strong>di</strong>spiegò su <strong>di</strong> lei le ali placide e tranquille. Né<br />

perciò l’Amore cessa <strong>di</strong> turbare in vari mo<strong>di</strong> la sua<br />

pace, mentre ella dorme. 5. Erminia non si destò finché<br />

non sentì gli uccelli cinguettare lieti e salutare<br />

l’alba, e il fiume e gli arbusti mormorare, e l’aria<br />

scherzare con le onde e con i fiori. Ella apre gli occhi<br />

langui<strong>di</strong> e guarda quelle capanne solitarie dei pastori.<br />

Le sembra <strong>di</strong> u<strong>di</strong>re, fra l’acqua ed i rami, una voce<br />

che la richiama ai sospiri ed al pianto. 6. Ma, mentre<br />

piange, i suoi lamenti sono interrotti da un suono che<br />

giunge sino a lei e che sembra (ed è) un misto <strong>di</strong> canto<br />

e <strong>di</strong> rozze zampogne. Si alza e là s’incammina a passi<br />

lenti. Vede un uomo canuto che sotto le ombre amene<br />

degli alberi tesse cestelli accanto al suo gregge e che<br />

ascolta il canto <strong>di</strong> tre fanciulli. 7. Vedendo apparire<br />

improvvisamente le insolite armi, costoro si meravigliano<br />

e si impauriscono. Ma Erminia li saluta e dolcemente<br />

li rassicura e scopre gli occhi ed i capelli dorati;<br />

“Continuate” <strong>di</strong>ce, “o gente fortunata, amata dal<br />

Cielo, il vostro bel lavoro, perché le mie armi non<br />

portano guerra alle vostre opere ed ai vostri canti”. 8.<br />

Poi aggiunse: “O padre, mentre tutt’intorno il paese<br />

arde incen<strong>di</strong>ato dalla guerra, come potete rimanere<br />

qui tranquilli senza temere le offese militari?”. “O figlia”<br />

egli rispose, “la mia famiglia ed il mio gregge<br />

qui furono sempre al sicuro da ogni oltraggio e da ogni<br />

scorno, né la guerra ha mai turbato questi luoghi<br />

solitari. 9. O sia ringraziato il Cielo, che salva ed esalta<br />

l’umiltà del pastore innocente, o che, come il fulmine<br />

non cade sulla pianura ma sulle cime più alte,<br />

così la furia delle spade straniere opprime le teste superbe<br />

soltanto dei gran<strong>di</strong> re. Né la nostra povertà, <strong>di</strong>sprezzata<br />

e trascurata, attira per la preda l’avi<strong>di</strong>tà dei<br />

soldati. 10. Per gli altri questa povertà è oggetto <strong>di</strong> <strong>di</strong>sprezzo<br />

e trascurata, per me è così cara, che non desi-<br />

92<br />

dero tesoro né scettro regale. Né preoccupazione o<br />

desiderio <strong>di</strong> onori o <strong>di</strong> ricchezze <strong>di</strong>mora mai nel mio<br />

petto tranquillo. Spengo la mia sete nell’acqua chiara<br />

del fiume, che io non temo cosparsa <strong>di</strong> veleno. E questo<br />

gregge e l’orticello <strong>di</strong>spensano cibi non acquistati<br />

alla mia sobria mensa. 11. I nostri desideri sono moderati<br />

e i nostri bisogni sono piccoli, per poter vivere.<br />

Questi, che addìto e che mostro, sono i miei figli, che<br />

custo<strong>di</strong>scono la mandria. Non ho servi. Così vivo in<br />

questo luogo solitario, vedendo saltare i capri snelli<br />

ed i cervi, i pesci <strong>di</strong> questo fiume guizzare e gli uccellini<br />

spiegar le ali al cielo. 12. Un tempo, quando<br />

l’uomo vaneggia, nell’età giovanile, io ebbi altri desideri<br />

e <strong>di</strong>sprezzai <strong>di</strong> pascolare il gregge e fuggii dal<br />

paese in cui ero nato. Vissi a Menfi un tempo e nella<br />

reggia fra i servitori del re fui posto anch’io. E, benché<br />

fossi guar<strong>di</strong>ano dei giar<strong>di</strong>ni, vi<strong>di</strong> e conobbi ugualmente<br />

l’iniquità delle corti. 13. Pur essendo lusingato<br />

da una speranza audace, sopportai per lungo<br />

tempo ciò che più <strong>di</strong>spiace (=la servitù). Ma, poiché<br />

insieme con la giovinezza venne meno la speranza e<br />

la baldanza audace, rimpiansi i riposi <strong>di</strong> questa vita<br />

umile e sospirai la pace che avevo perduto e <strong>di</strong>ssi: ‘O<br />

corte, ad<strong>di</strong>o!’. Così, ritornando fra i boschi amici, ho<br />

trascorso i giorni felicemente.” 14. Mentre egli parla<br />

così, Erminia pende dalle sue labbra, attenta e tranquilla;<br />

e quelle sagge parole, che le scendono sino al<br />

cuore, acquietano in parte la tempesta del suo cuore.<br />

Dopo lunghe riflessioni decide <strong>di</strong> fermarsi in quella<br />

segreta solitu<strong>di</strong>ne, almeno finché la sorte rende possibile<br />

il suo ritorno. 15. Perciò al buon vecchio <strong>di</strong>ce: “O<br />

fortunato, che un tempo conoscesti <strong>di</strong>rettamente il<br />

male (possa il Cielo non privarti del tuo stato felice!),<br />

la pietà per le mie sventure ti commuova. Accoglimi<br />

con te in questa gra<strong>di</strong>ta <strong>di</strong>mora, perché desidero abitare<br />

con te. Forse avverrà che fra queste ombre il mio<br />

cuore riuscirà, almeno in parte, a liberarsi del suo<br />

mortale affanno. 16. E, se ti piacciono le gemme e<br />

l’oro, che il volgo adora come suoi idoli, potresti ben<br />

rendere contendo ed appagato il tuo desiderio, tante<br />

ancora ne ho con me”. Quin<strong>di</strong>, versando fuori dei begli<br />

occhi lacrime <strong>di</strong> dolore cristalline e belle, narrò<br />

una parte delle sue sventure. E intanto il pastore pianse<br />

al suo pianto. 17. Poi dolcemente la consola e così<br />

l’accoglie, ardente <strong>di</strong> sollecitu<strong>di</strong>ne paterna, e la conduce<br />

dalla vecchia moglie, che il Cielo gli ha dato con<br />

il cuore simile al suo. La nobile fanciulla si veste <strong>di</strong><br />

rozze spoglie e avvolge i capelli con velo ruvido, ma<br />

nel movimento degli occhi e del corpo non sembra<br />

affatto un’abitatrice dei boschi. 18. L’abito vile non<br />

copre la nobiltà del suo aspetto e quanto è in lei <strong>di</strong> superbo<br />

e <strong>di</strong> gentile: la regale nobiltà traluce fuori anche<br />

attraverso i gesti delle umili occupazioni. Ella guida il<br />

gregge al pascolo e lo riconduce all’ovile. Munge il<br />

latte dalle mammelle pelose delle pecore e lo comprime<br />

poi in forme rotonde, per fare il formaggio. 19.<br />

Spesso, quando sotto gli ardori estivi le pecorelle giacevano<br />

<strong>di</strong>stese all’ombra, sulla corteccia dei faggi e<br />

degli allori <strong>di</strong>segnò in mille mo<strong>di</strong> il nome dell’amato<br />

e su mille piante incise le tristi vicende dei suoi amori<br />

strani ed infelici. E, rileggendo poi le proprie note,

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