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pietro genesini appunti e versioni di letteratura italiana

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Ti prego, o Madre, fonte d’amore, fa’ che io senta il<br />

peso del dolore e che io pianga con te.<br />

Fa’ che il mio cuore arda d’amore per Cristo Dio, affinché<br />

io sia contento dei sentimenti che provo.<br />

O Santa Madre, fa questo: infliggi profondamente le<br />

piaghe del crocifisso nel mio cuore.<br />

Divi<strong>di</strong> con me le pene <strong>di</strong> tuo figlio straziato dalle ferite,<br />

che ha voluto patire tante sofferenze per me.<br />

Fa’ che io pianga con te, o pia, e che io soffra insieme<br />

con il crocifisso, finché io vivrò.<br />

Desidero stare con te davanti alla croce e unirmi con<br />

te nel pianto.<br />

O Vergine gloriosa tra le vergini, non soffrire ormai<br />

più per me: fammi piangere con te.<br />

Fa’ che io porti la morte <strong>di</strong> Cristo, fa’ che io con<strong>di</strong>vida<br />

la sua passione e riviva le sue piaghe.<br />

Fa’ che io sia ferito dalle piaghe, fammi inebriare della<br />

croce e del sangue del Figlio.<br />

Affinché io non sia bruciato dalle fiamme, o Vergine,<br />

io ti chiedo che tu mi <strong>di</strong>fenda nel giorno del giu<strong>di</strong>zio.<br />

O Cristo, quando uscirò <strong>di</strong> vita, fa’ che attraverso tua<br />

Madre io possa venire alla palma della vittoria.<br />

Quando il corpo morirà, fa’ che alla mia anima sia data<br />

la gloria del para<strong>di</strong>so.<br />

Amen. Alleluja!<br />

Commento<br />

1. La passione e morte <strong>di</strong> Cristo è vista con gli occhi<br />

della Madonna o, meglio, tutta la sequenza insiste sul<br />

dolore della Madonna, che vede il Figlio straziato dalle<br />

ferite, che muore sulla croce. Nella sequenza però<br />

compare anche il fedele, che chiede <strong>di</strong> soffrire insieme<br />

con la Vergine e con il Figlio. Alla fine chiede alla<br />

Madonna <strong>di</strong> <strong>di</strong>fenderlo nel giorno del giu<strong>di</strong>zio universale,<br />

ma si rivolge anche al Figlio, affinché attraverso<br />

sua Madre lo accolga nella gloria del para<strong>di</strong>so.<br />

2. La sequenza va confrontata con la visione della figura<br />

femminile che le correnti laiche stavano proponendo.<br />

Giacomo da Lentini (1210ca.-1260ca.), il<br />

maggiore esponente della Scuola siciliana, <strong>di</strong>ce che<br />

vuole andare in para<strong>di</strong>so, ma vuole andarci con la sua<br />

donna, non per commettere peccato, ma per vederla<br />

nella gloria del cielo.<br />

3. Alla fine del Duecento Jacopone da To<strong>di</strong> (1236 ca.-<br />

1306) propone ancora la passione e la morte <strong>di</strong> Cristo<br />

vista dagli occhi della Madonna, ma punta maggiormente<br />

sul dramma della Madonna che <strong>di</strong>venta una<br />

madre qualsiasi, che perde il figlio. E insiste sul dolore<br />

e sull’angoscia che la Madonna soffre da sola e sul<br />

rapporto drammatico tra la Madre ed il Figlio, che è<br />

condotto a morire sulla croce. Non c’è la figura del<br />

credente. C’è però lo spettatore, che partecipa emotivamente<br />

al dramma dei protagonisti.<br />

4. Il testo è scritto in un latino semplice, chiaro e<br />

comprensibile. Ha qualche rima. Vuole presentare le<br />

sofferenze della Madonna o, meglio, della Madre <strong>di</strong><br />

Cristo. Non vuole attardarsi a questioni dottrinali. La<br />

religiosità proposta è quella che il popolo può capire e<br />

quella più adeguata a un inno che si canta coralmente<br />

in chiesa.<br />

Genesini, Appunti e <strong>versioni</strong> <strong>di</strong> Letteratura <strong>italiana</strong> 13<br />

Jacopone da To<strong>di</strong> (1236ca.-1306) stu<strong>di</strong>a <strong>di</strong>ritto a Bologna,<br />

quin<strong>di</strong> ritorna a To<strong>di</strong>, dove svolge la professione<br />

<strong>di</strong> avvocato e <strong>di</strong> notaio. Nel 1268 durante una festa<br />

gli muore la moglie a causa del crollo del pavimento<br />

della sala. Scopre che, sotto le vesti, indossava il cilicio,<br />

uno strumento <strong>di</strong> penitenza. Sconvolto dalla scoperta,<br />

abbandona la vita mondana e fa <strong>di</strong>eci anni <strong>di</strong><br />

penitenza, quin<strong>di</strong> entra nell’or<strong>di</strong>ne francescano.<br />

All’interno dell’or<strong>di</strong>ne si schiera con gli Spirituali<br />

contro i Conventuali, che volevano mitigare l’asprezza<br />

della regola francescana. Si scontra con papa Bonifacio<br />

VIII, che lo scomunica e nel 1298 lo incarcera.<br />

È liberato cinque anni dopo da papa Benedetto XlI,<br />

che succede a Bonifacio VIII e che lo libera dalla<br />

scomunica. Muore nel 1306.<br />

Jacopone scrive numerose lau<strong>di</strong>, nelle quali riversa la<br />

sua intensa religiosità e la sua polemica contro la corruzione<br />

della Curia romana. La più intensa <strong>di</strong> esse è O<br />

Segnor, per cortesia, la laude dell’amore mistico. La<br />

più famosa è Donna del para<strong>di</strong>so, in cui la passione e<br />

la morte <strong>di</strong> Gesù Cristo è vista con gli occhi della<br />

Madonna.<br />

O Segnor, per cortesia<br />

O Signore, per cortesia, mandami la malattia! A me<br />

[venga] la febbre quartana, la continua e la terzana, la<br />

doppia quoti<strong>di</strong>ana con la grande idropisia! A me venga<br />

mal <strong>di</strong> denti, mal <strong>di</strong> capo e mal <strong>di</strong> ventre, allo stomaco<br />

un dolore pungente, e in gola l’angina; mal <strong>di</strong><br />

occhi e dolore al fianco e un ascesso sul lato sinistro,<br />

mi giunga pure la tisi e ad ogni momento la frenesia!<br />

Che abbia il fegato riscaldato, la milza grossa, il ventre<br />

gonfiato; il polmone sia piagato con una gran tosse<br />

e la paralisi! A me venga le fistole con migliaia <strong>di</strong> pustole,<br />

e i carcinomi siano quelli <strong>di</strong> cui io sia tutto pieno.<br />

A me venga la gota, mi gravi anche il male <strong>di</strong> ciglia,<br />

poi la <strong>di</strong>ssenteria ulcerosa e le emorroi<strong>di</strong> mi si<br />

<strong>di</strong>a. A me venga il male dell’asma, vi si aggiunga<br />

quello dello spasimo; come al cane mi venga il prurito<br />

rabbioso e in bocca l’ulcera. [...] I demoni infernali mi<br />

sian dati come servitori, che mi esercitino i tormenti<br />

che ho lucrato a mia follia (=con il peccato). Fino alla<br />

fine del mondo (=fino alla morte) mi sia data questa<br />

vita, e poi alla partenza [per l’al <strong>di</strong> là] mi sia data una<br />

dura morte. Mi scelgo come sepoltura il ventre <strong>di</strong> un<br />

lupo che mi abbia <strong>di</strong>vorato; e i miei resti, ridotti a<br />

sterco, [siano <strong>di</strong>spersi] tra cespugli spinosi e rovi. I<br />

miracoli dopo la morte: chi ci (=sul mio sepolcro)<br />

viene abbia il compenso, sia perseguitato fortemente<br />

da terribili visioni. Ogni uomo che mi sente nominare<br />

così si debba spaventare e con la croce [si debba] segnare,<br />

come chi non vuol fare brutti incontri per strada.<br />

O Signore, non è vendetta tutta la pena che ho detto:<br />

perché tu mi hai creato per amore ed io ti ho ucciso<br />

con villania (=ingratitu<strong>di</strong>ne).<br />

Commento<br />

1. Jacopone è un grande letterato: la laude ha rime<br />

<strong>di</strong>fficili (i primi tre versi <strong>di</strong> ogni quartina hanno la

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