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WE.ARE.ABLE, social wearable augmented reality - Accademia di ...

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In realtà GLOWFLOW era un progetto Universitario <strong>di</strong>segnato appositamenteper stu<strong>di</strong>are il rapporto tra arte e tecnologie, a cui Krueger era stato invitato apartecipare.GLOWFLOW non faceva uso <strong>di</strong> grafica computerizzata ma creava effettivisivi tramite l'utilizzo <strong>di</strong> altre tecnologie. Una semplice rete <strong>di</strong> tubi riempiti conflui<strong>di</strong> fosforescenti collegati sapientemente ad un sistema computerizzato e asintetizzatori sonori, rendevano uno spazio buio in qualcosa che nessuno avevamai visto prima.Grazie alla presenza <strong>di</strong> pannelli sensibili alla pressione incastrati nelpavimento, il pubblico semplicemente camminando all'interno della stanzainteragiva inconsciamente con essa. Le pareti dell'ambiente GLOWFLOW eranorivestite da colonne verticali opache e tubi <strong>di</strong> vetro trasparente orizzontali. Leparticelle fosforescenti erano sospese nell'acqua contenuta all'interno dei tubi cheveniva pompate velocemente da una parte all'altra della stanza ad ogni inputgenerato dal pavimento. Passando attraverso le colonne opache (che al lorointerno contenevano una luce nascosta) i fosfori venivano attivatitemporaneamente, generando così vettori <strong>di</strong> luce che schizzavano nello spazio perpoi ritornare nell'oscurità. Simultaneamente all'effetto visivo, venivano eseguitisuoni sintetizzati elettronicamente. Le possibili configurazioni sonore e visive siaccendevano e si spegnevano in base ad una serie <strong>di</strong> istruzioni provenienti dalminicomputer nascosto, che elaborava gli input e ne determinava un conseguenteoutput più o meno casuale.La gente reagiva all'ambiente in modo sorprendente: si formavano gruppi <strong>di</strong> persone fra loroestranee. Giochi, battimani e canti nascevano spontaneamente. La stanza sembrava soggetta asbalzi <strong>di</strong> umore, a volte piombava in un silenzio <strong>di</strong> tomba, a volte era rumorosa e <strong>di</strong>sor<strong>di</strong>nata.Ognuno si inventava un proprio ruolo. [...] Altri si comportavano da guide, spiegando che cosaerano i fosfori e che cosa stava facendo il computer. Sotto molti punti <strong>di</strong> vista la gente all'internodella sembrava primitiva, intenta ad esplorare un ambiente che non comprendeva, tentando <strong>di</strong> farlocorrispondere a ciò che già sapeva o si aspettava. [...] molti erano preparati a sperimentare questoaspetto e se ne andavano convinti che la stanza aveva reagito alle loro azioni in mo<strong>di</strong> determinati,mentre in realtà non era così. ("La Realtà Virtuale" Howard Rehingold, 1993)109

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