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WE.ARE.ABLE, social wearable augmented reality - Accademia di ...

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Burgoon (1992), sostiene che la comunicazione me<strong>di</strong>ata dal computer puòveicolare la stessa <strong>social</strong>ità <strong>di</strong> una qualsiasi altra comunicazione face to face se chine fa parte <strong>di</strong>spone del tempo strettamente necessario per svilupparla. Secondo idue stu<strong>di</strong>osi infatti gli esseri umani, a prescindere dal mezzo con cui comunicano,sviluppano il bisogno <strong>di</strong> ridurre l’incertezza che può scaturire in situazioni in cuiil messaggio è impoverito <strong>di</strong> tutti gli aspetti <strong>social</strong>i-emozionali, al fine <strong>di</strong>raggiungere una certa affinità nei confronti degli altri in<strong>di</strong>vidui. Gli utenti dellaCMC tendono a sod<strong>di</strong>sfare questi bisogni ancestrali adattando le proprie strategiecomunicative al me<strong>di</strong>um utilizzato. Quin<strong>di</strong> la CMC Social information processingnon è meno efficace nelle interazioni <strong>social</strong>i rispetto ad una comunicazione facciaa faccia, ma è semplicemente meno efficiente, ossia occorre più tempo agliinterlocutori per veicolare lo stesso tipo <strong>di</strong> sensazioni.Questi nuovi modelli hanno messo in evidenza l’importanza del contesto<strong>social</strong>e in cui si svolge la comunicazione. All’inizio, come abbiamo visto, la CMCsi svolgeva prevalentemente nei luoghi <strong>di</strong> lavoro, quin<strong>di</strong> risultava più fredda eimpersonale, ma a partire dagli anni '90, parallelamente alla <strong>di</strong>ffusione capillareanche in situazioni domestiche della tecnologia telematica, incominciò a“sovraccaricarsi” <strong>di</strong> contenuti <strong>social</strong>i, tanto da poter essere definitaHyperpersonal 3 . Socialmente attiva.Le interazioni <strong>di</strong>ventano sia ad un livello conscio che inconscio attive e piùstereotipate (rispetto alla comunicazione faccia a faccia), ossia si tende acategorizzare <strong>social</strong>mente l’interlocutore, e in mancanza d'informazioni sulla suapersona, si tende a farlo in modo stereotipato, basandosi esclusivamente su ciò chesi ha a <strong>di</strong>sposizione (nickname, firma del messaggio, homepage, blog ecc...).Ognuno quin<strong>di</strong> ha la possibilità <strong>di</strong> curare attentamente la presentazione del séonline, progettando accuratamente l’immagine che desidera dare <strong>di</strong> se stesso aglialtri, nascondendo o potenziando le caratteristiche che ritiene più o meno<strong>social</strong>mente utili in quel determinato contesto comunicativo.3Iperpersonale, Walter 199779

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